Sunday, 09 November 2025
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Pubblicato il 09 November 2025 alle 09:00
Olbia. Cari lettori, in questo nuovo numero della nostra rubrica “Pillole di benessere e crescita personale” parleremo di lavoro e successo. In una realtà in continua evoluzione e in una società frenetica in cui le parole d’ordine sembrano essere “velocità” e “performance”, spesso, sotto le pressioni della vita e i doveri (famiglia, bollette, sussistenza, ecc.) ci si dimentica di ascoltare la parte più vera di noi stessi che, dal profondo, ci chiama a dedicare la nostra vita, attraverso il lavoro, a ciò che ci appassiona. Tutti noi possiamo ricordare quelle domande a cui, da bambini, rispondevamo con tanto entusiasmo: “Che cosa vuoi fare da grande? Chi vuoi diventare? Che lavoro farai?”. Le risposte che davamo ci facevano brillare gli occhi e immaginare il nostro futuro pieno di bellezza e soddisfazioni. E rispondevamo non solo con speranza, ma con la certezza che avremmo realizzato i nostri sogni. Poi, crescendo, pian piano le pressioni sociali, le difficoltà, gli ostacoli, gli imprevisti e via dicendo ci hanno fatto disinnamorare di quei desideri e ci siamo abituati ad accontentarci di vite mediocri e che non ci realizzano pienamente pur di sopravvivere. Abbiamo rinunciato ai nostri sogni e abbiamo sacrificato la parte più creativa di noi sull’altare del dovere e delle tante spese. Magari abbiamo barattato la felicità per la sicurezza di un buon lavoro, senza accorgerci che, proprio quella sensazione di sicurezza, in realtà ci sta spegnendo ed è la causa di tante di quelle frustrazioni e insoddisfazioni che stanno alla base di vite infelici e di famiglie in crisi. Cosa fare in questo caso? È possibile conciliare queste realtà che sembrano opposte? Per rispondere a questi quesiti ci siamo rivolti a due esperte di settore: le dottoresse Rita Abeltino e Maria Bianco che, da anni, guidano i loro clienti – anche nel mondo del lavoro e a livello aziendale – a trovare la propria strada, a fare carriera e, più in generale, ad avere successo nella vita.
“Parlare di lavoro significa anche parlare di successo ma, il successo, nella vita non arriva solo dal lavoro – spiega Maria Bianco - Quando parliamo di lavoro e successo, uno può orientare la propria mente sul lavoro che svolge, sul lavoro che vorrebbe, oppure pensare a ciò che potrebbe creare nella propria vita per sentirsi una persona appagata, soddisfatta e di successo, quindi continuare ad imparare, a crescere, ad apprendere anche nuove cose”.
Ma quante persone hanno al momento un lavoro che piace e che le soddisfa pienamente? Tutti noi passiamo al lavoro una media di otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana, per 35/45 anni. facendo qualche veloce calcolo, in totale, circa 80.000 ore della nostra vita. Quindi, il nostro lavoro di fatto dovrebbe essere un modo personale per contribuire, per crescere, per usare i nostri talenti, per offrire e ricevere soddisfazioni. Ma per quanti è realmente così? Quanti di noi sentono veramente che nel proprio lavoro stanno crescendo, stanno sviluppando i propri talenti e le proprie capacità? Quanti di noi sentono che nel proprio lavoro stanno arricchendo e migliorando il pianeta, quindi offrendo il proprio contributo al mondo e agli altri? Quanti nel proprio lavoro sentono di fare la differenza nel mondo? O quante persone, invece tengono un lavoro che magari non amano moltissimo, solo come modo per guadagnarsi da vivere?
“A un certo livello - argomenta Rita Abeltino - il lavoro può essere considerato come una cessione di tempo e di servizi in cambio di denaro, e questo è giusto. Si tratta di una onesta giornata di lavoro, in cambio di soldi. Ma ad un altro livello, ci perdiamo un sacco di opportunità. Quindi è importante il tipo di lavoro che svolgiamo perché attraverso il nostro lavoro possiamo mettere a frutto i nostri talenti unici, in quanto noi siamo individui unici e ognuno di noi ce li ha. Con i nostri talenti, e attraverso il nostro lavoro appunto, possiamo dare un personale contributo al mondo, alla nostra comunità, al gruppo di persone che frequentiamo, ai nostri clienti, ai nostri colleghi e, in un senso, come esseri umani abbiamo bisogno di usare le nostre doti e la nostra intelligenza, le nostre abilità creative per sentirci pienamente utili e realizzati e parte di un tutto”.
Cosa fare dunque se ci sentiamo frustrati perché ci accorgiamo di svolgere un lavoro che non ci fa crescere, dove non ci sentiamo di contribuire? Rispondono le esperte: “Quella frustrazione è sana e va ascoltata perché sta segnalando che c'è qualcosa da modificare. Non si tratta necessariamente di arrivare a lasciare e cambiare il nostro lavoro, quanto piuttosto, in molti casi, di modificare le modalità in cui si svolge, cambiando il nostro atteggiamento rispetto al lavoro in questione”.
Il lavoro che svolgiamo è infatti un riflesso della relazione con noi stessi, del valore che offriamo al mondo. È per questo motivo che spesso i nostri problemi hanno a che fare con il mondo del lavoro. Magari svolgiamo una professione che non ci soddisfa, che non ci realizza, dove non sentiamo che stiamo usando i nostri talenti e facendo la differenza, o magari facciamo anche un lavoro che in sé ci appassiona, ma viviamo situazioni problematiche e dinamiche relazionali disfunzionali con il capo o i colleghi, che mettono in luce le nostre paure e insicurezze più profonde – esempio: non ci sentiamo apprezzati o riconosciuti per il lavoro che facciamo e ci lasciamo sfuggire possibilità, promozioni, nuove mansioni. Insomma, alla fine dei conti, purtroppo, molte delle nostre frustrazioni e sofferenze e del nostro stress derivano dall'ambito lavorativo. Le soddisfazioni che ricerchiamo nel lavoro non sono infatti solo di natura finanziaria. Certo, la parte economica è importante, perché ci permette di vivere, ma non è tutto (i soldi non sono un fine, sono un mezzo: abbiamo bisogno di averne abbastanza per vivere la vita). Come persone, abbiamo infatti necessità anche di poter essere riconosciute, di poter dare il nostro contributo, di poter crescere, di poter usare i nostri talenti, di poter sentire che facciamo la differenza. Questi sono dei bisogni fondamentali dell’essere umano. Se vengono a mancare, anche un’attività che inizialmente ci entusiasmava, inizia a piacerci meno. Per qualcuno il successo è un successo più finanziario, per altri più di contributo.
Quello che crediamo e che pensiamo fa una differenza fondamentale anche nei periodi di crisi, perché possiamo chiuderci, scegliendo la paura che non ci fa fare nuovi passi e intraprendere direzioni differenti, oppure possiamo scegliere di dar voce all'amore, alle possibilità e alla passione. PASSIONE intesa come AMORE IN AZIONE, verso quello che sentiamo veramente nel cuore, verso quello che più ci avvicina alla nostra visione di vita. Inizieremo allora a fare un passetto alla volta per mettere in atto il cambiamento. Tuttavia, in questo percorso, potrebbero innescarsi in noi alcuni meccanismi inconsci difensivi con il risultato dell’autosabotaggio. Abbiamo dunque necessità di conoscere i condizionamenti che ci bloccano per neutralizzarli e procedere.
“Ci sono quattro filoni principali di condizionamenti e imparare a scovarli è il primo passo per superarli -spiegano le esperte - Il PRIMO FILONE di condizionamenti che ci blocca, che ci fa da barriera al successo, specialmente lavorativo, è la MANCANZA DI FIDUCIA NELLE NOSTRE CAPACITA’ e/o LA MANCANZA DI FIDUCIA NELLA POSSIBILITA’ DI SVILUPPARE le nostre capacità. Come possiamo riconoscerli? Ponendoci la domanda chiave “Cosa penso delle mie capacità?” Perché se noi per primi non riusciamo a credere nelle nostre capacità, come riusciremo ad esprimerle, a mostrarle, a tirarle fuori, a metterle a servizio degli altri? Quindi, abbiamo bisogno qui, per controbilanciare, di iniziare ad avere fiducia nelle nostre capacità, se non nelle nostre capacità, una chiave per fare questo è avere fiducia nella possibilità di svilupparle queste capacità, nella possibilità di imparare, perché non è che nasciamo imparati.
Il SECONDO grande FILONE che ci impedisce il SUCCESSO, che ci impedisce di avere il lavoro che desideriamo, è poi il SENTIRE CHE NON MERITIAMO. Il tema del merito – continuano le coach - è importantissimo, non tocca solo il lavoro ma anche le relazioni con gli altri, la prosperità e il rapporto con sè stessi. La DOMANDA CHIAVE, qui, è molto semplice: “sento di meritare di fare il lavoro che amo?”. Quando sentiamo di non meritare, se le cose vanno bene iniziamo a boicottarci. Iniziamo magari a fare errori senza rendercene conto, proprio perché è troppo il bello, il bene, il guadagno, il successo e tutto diventerebbe troppo per noi.
IL TERZO GRANDE FILONE DI CONDIZIONAMENTI che può bloccare il nostro SUCCESSO, ancora, ha a che fare con IL RICEVERE O IL CREARE PROSPERITA’. I soldi in generale sono basilari, anche perché ci servono per portare avanti i nostri progetti. Quindi quando abbiamo dei blocchi sulla prosperità è come se oltre un certo tetto non riuscissimo ad andare, quasi come se non riuscissimo nemmeno a immaginarci, visualizzarci, a guadagnare una cifra X, ad aprirci a un certo livello di prosperità. Quindi una DOMANDA CHIAVE molto utile da porsi è: “Con quale cifra mensile, di guadagno, mi sento a mio agio?”. Spesso – spiegano le esperte - non riusciamo neanche ad immaginarcelo, non riusciamo a tenerlo nella nostra mente, a visualizzarlo, perché affinchè lo vediamo realizzarsi, abbiamo bisogno prima di tutto di accoglierlo noi nella nostra mente e l'idea non è tanto di mirare al grande guadagno, quanto piuttosto di avere successo a tutti i livelli, tra cui anche l'aspetto finanziario”.
È vero infatti che molte persone, durante l’infanzia, hanno imparato che, da una parte c'è il lavoro, dall'altra il piacere e che queste due realtà non possano andare di pari passo. Le passioni da coltivare nel tempo libero e il lavoro invece da svolgere con fatica. Ma questa è solo una credenza limitante che può essere superata.
“IL QUARTO FILONE DI CONDIZIONAMENTI che ci BLOCCA è LA PAURA DEL CAMBIAMENTO – concludono le esperte - In questo ambito in particolare diventa la paura di non trovare un altro lavoro. Di conseguenza, se svolgiamo un lavoro che non amiamo, possiamo comunque restare lì, non cercando altro o rifiutandolo qualora lo trovassimo con delle scuse. Iniziamo a chiederci: “Che cosa succede se cambio, cosa succede se lascio il certo per l'incerto?” Ma non ci chiediamo mai: “Che cosa succede se non cambio e resto qui a fare un lavoro che non mi piace tutta la vita?”. Ci accorgiamo di avere questo blocco quando la paura si trasforma in rabbia, in frustrazione e finiamo per maledire il nostro lavoro”.
In conclusione possiamo affermare che il tema del lavoro, toccando da vicino chiunque dato che occupa una grande fetta del tempo di ogni persona, merita una certa attenzione. Tutti meritiamo di svolgere la professione che amiamo dove poter mettere a frutto i nostri talenti, guadagnare bene, ed essere contributo per il mondo. Tutto sta nello scovare i blocchi inconsci che ci condizionano, superarli, e vivere finalmente una vita piena di realizzazione, abbondanza e successo.
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