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Olbia, pioggia di fondi ma la Gallura resta ai margini degli appalti

Oltre l’80% dei fondi a ditte di Lazio, Lombardia, Emilia, Campania e Sicilia

Olbia, pioggia di fondi ma la Gallura resta ai margini degli appalti
Olbia, pioggia di fondi ma la Gallura resta ai margini degli appalti
Andrea Baragone

Pubblicato il 16 May 2025 alle 10:48

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Olbia. Un’isola che costruisce, ma che non guadagna. È questo lo scenario che emerge dal nuovo report della CNA Sardegna sul mercato degli appalti pubblici. Tra il 2020 e il 2024, l’83% del valore complessivo degli appalti pubblici in Sardegna è stato vinto da imprese non sarde. Una percentuale che lascia poco spazio all’interpretazione e che, secondo la Confederazione Nazionale dell’Artigianato, rischia di trasformare il ciclo espansivo legato al Pnrr in un’occasione mancata.

Il dato è ancora più allarmante se si guarda ai numeri delle aggiudicazioni: solo il 37% delle gare sopra il milione di euro è andato a imprese dell’Isola, contro un 63% conquistato da aziende del Continente — soprattutto laziali, campane, siciliane, lombarde ed emiliane — e in alcuni casi persino estere. Le imprese sarde, pur presenti, si muovono su commesse di dimensioni molto più ridotte: in media 4,5 milioni di euro contro i 12 milioni delle concorrenti “esterne”.

La Gallura, terra dinamica fatta di micro e piccole imprese, con una forte presenza di aziende private nei settori dell’edilizia, dell’impiantistica e della manutenzione, risente in modo particolare di questa dinamica. In un territorio dove il turismo rappresenta un motore trainante ma stagionale, il settore degli appalti pubblici potrebbe e dovrebbe rappresentare una leva stabile di crescita economica e occupazionale, ma oggi resta in gran parte appannaggio di realtà strutturate che arrivano da fuori regione.

Le cause di questa esclusione sono diverse. Il report della CNA sottolinea che le imprese locali faticano ad accedere ai bandi più importanti, spesso per mancanza di requisiti tecnici e finanziari, ma anche per l’assenza di strategie industriali che ne favoriscano la crescita strutturale. Il ribasso medio applicato dalle aziende sarde supera il 20%, più alto rispetto a quello delle imprese esterne (circa 18%), ma a fronte di contratti meno complessi e meno remunerativi.

Da qui l’appello della Confederazione: servono politiche industriali mirate, capaci di favorire le aggregazioni tra imprese, sostenere la formazione, l’innovazione e la qualificazione tecnica degli operatori locali. Non basta assegnare i lavori: è necessario costruire un sistema imprenditoriale sardo che sia competitivo e in grado di gestire anche le sfide più complesse.

Per la Gallura, dove esiste un tessuto economico diffuso ma frammentato, questo significa guardare agli appalti non solo come fonte di lavoro, ma come strumento strategico di crescita locale e consolidamento industriale. Il momento è ora: tra Pnrr e investimenti strutturali, le risorse pubbliche possono diventare uno dei pilastri su cui costruire l’economia del futuro. A condizione che restino, almeno in parte, a casa.