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Olbia, intervista alla sommelier Alessandra Corda: identità e futuro del vino gallurese

Un brindisi con Alessandra Corda

Olbia, intervista alla sommelier Alessandra Corda: identità e futuro del vino gallurese
Olbia, intervista alla sommelier Alessandra Corda: identità e futuro del vino gallurese
Laura Scarpellini

Pubblicato il 10 October 2025 alle 08:00

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Olbia. Alessandra Corda sommelier, olbiese ci racconta come tutela, promozione e innovazione rendano la vinicoltura sarda un vero brand territoriale. Ogni degustazione diventa con lei un racconto di territorio, cultivazioni autoctone e sostenibilità. Corda come fosse quasi un'ambasciatrice della Sardegna enologica, possiede una personalità vivace e appassionata, che guarda all'enologia dei nostri giorni con grande fervore. È facile lasciarsi condurre da lei in un viaggio tra territori, sapori e personaggi del vino artigianale. La sua curiosità attraversa la Gallura e spazia oltre, vantando una notevole esperienza nel settore, è una presenza cruciale nel panorama delle realtà emergenti e consolidate della Sardegna vinicola.

La si può ritrovare spesso nel ruolo di relatrice in convegni che accendono il dibattito sul rapporto tra vino, ambiente e cultura come ad esempio “Vino, ambiente, territori: la scommessa del vino etico” organizzato dall’associazione Ticcu Coop a Sassari, che segna la prima mostra-mercato del vino artigianale nel nord-ovest dell’isola. Il titolo del suo intervento, “Poetica del vino contadino: il gusto, la narrazione, la norma”, in quell'occasione ha saputo offrire  una chiave di lettura innovativa dove un intreccio tra gusto autentico, racconto delle origini e una norma etica che guida la produzione, ha fatto luce in tale comparto.

Il nostro incontro evidenzia come Corda segua da vicino le produzioni di Vermentino, dialogando quotidianamente con produttori e aziende locali. La sua capacità di mettere in dialogo territorio, tecnica e narrazione rende evidente come il vino non sia solo una bevanda, ma una cultura in evoluzione, capace di raccontare una terra e le sue trasformazioni.

Con lei abbiamo potuto toccare temi come la responsabilità ambientale, la valorizzazione del lavoro artigianale, la salvaguardia delle tradizioni pur guardando alle innovazioni del momento. Alessandra Corda si propone come una guida affidabile per chi vuole scoprire le derive contemporanee dell’enologia sarda, senza perdere di vista le proprie radici e un territorio mozzafiato.

Quali sono le sfide e le opportunità più interessanti per i vini di territorio della Sardegna nel mercato globale odierno?

"La sfida più grande è legata alla nostra consapevolezza: quanto siamo consapevoli della
nostra unicità e quanto siamo disposti a determinarne il valore senza compromessi?
Possiamo coltivare grenache (cannonau) ovunque, anche in California Napa Valley, ma
non possiamo riprodurre gli areali sardi storici del cannonau, con le viti centenarie allevate
ad alberello. Ecco, questa sfida produttiva potrebbe essere una straordinaria opportunità.
Ci sono nicchie di mercato che cercano piccole produzioni, magari da vitigni autoctoni,
rari, etichette non disponibili nelle reti distributive generaliste. Non sempre ciò che ha un
peso nel marcato è legato alla sua disponibilità numerica. Si pensi per esempio al fine
dining, una ristorazione di altissima qualità dove le carte dei vini sono sempre più
orientate alle piccole produzioni locali, di impronta artigianale dal punto di vista dei
numeri di bottiglie prodotte. L’esclusività, soprattutto per le nuove generazioni di
consumatori, è sempre meno legata alla dimensione economica. Si premia piuttosto la
coerenza che un brand sa costruire con la sua narrazione e il suo vino".


In che modo la presenza delle donne all’interno delle tavole e dei processi di vinificazione può influenzare l’evoluzione dei vitigni e delle tecniche enologiche in Sardegna?

"La cura del dettaglio, la visione d’insieme, e il rigore appassionato: questi tre elementi li
ho visti coesistere tutti insieme molto spesso in un unica persona quando ho incontrato
produttrici o donne che a vario titolo lavorano nel vino. Una spiccata sensibilità per i temi
ambientali e capacità tecnica sono comuni a una generazione di giovani agronome ed
enologhe che sta cambiando la prospettiva delle produzioni territoriali, con il recupero di
vitigni autoctoni minori, l’adozione di tecniche enologiche sempre meno invasive, ma che
non rinunciano alla buona pulizia formale. Dal filare al calice, passando per le cucine delle
giovani chef creative sarde, si rielabora una tradizione enogastronomica vivace e raffinata,
dove l’identità delle produzioni non scade nel folclore". 

Ci può offrire una degustazione guidata di una o due annate emblematiche della Gallura, spiegando come bilanciamento, acidità e tannini raccontano la storia del territorio?

"Recupero dalla mia memoria gustativa due annate di Vermentino di Gallura: la 2019 e la 2021. Anche a distanza di qualche anno i Vermentini maturati in acciaio di queste annate hanno saputo esprimere un ottimo potenziale di affinamento in bottiglia, una delle potenzialità espressive più affascinanti del Gallura e anche quella più difficile nella tenuta delle acidità. Hanno sviluppato note terziare iodate, di garrigue. Si sono distinti per una spiccata sapidità e una appagante avvolgenza materica, corredate da una lunga persistenza. Bianchi mediterranei importanti insomma, di carattere, come il paesaggio nel nostro entroterra gallurese, per richiamare un’immagine di immediato effetto".