Saturday, 24 May 2025
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Pubblicato il 01 October 2021 alle 06:00
Olbia. Immaginate di essere madre (o anche padre) e di avere un figlio che ha necessità di screening continui a causa di una patologia da tenere sotto stretto controllo. Immaginate che, senza preavviso, la vostra pediatra (o il vostro pediatra) vada in pensione e che non ci siano altri pediatri a cui fare riferimento perché hanno tutti raggiunto il tetto massimo di pazienti. Immaginate di dover utilizzare, per forza di cose, un medico privato e immaginate anche di dover pagare tutte le medicine perché il pediatra privato non può emettere ricette dematerializzate che rientrano in quella che, anni or sono, chiamavamo "mutua". Immaginate di moltiplicare questo genere di problematiche per 1000 e vi catapulterete dell'assurda e kafkiana realtà di circa 800 famiglie olbiesi che ieri, rappresentate dalle loro madri, hanno dato vita a un sit-in di protesta emotivamente durissimo.
Non erano tantissime, ma avevano la forza di un esercito. Non si tratta della stucchevole retorica della "maternità che ti fa forte", ma della constatazione pura e semplice di quanto i numeri e la disperazione possano fare la differenza: se le voci erano 20, alle loro spalle vi erano altre 1000 e più persone, vale a dire i bambini e le bambine che non hanno (ancora) voce in capitolo perché minori, più i genitori (padri e madri) che in quel momento non potevano esserci fisicamente.
Se la politica attualmente in carica è rimasta indifferente alle chiamate di queste olbiesi (che hanno tenuto a precisare di aver contattato tutti, sindaco Settimo Nizzi compreso), non è stata indifferente l'Assl Olbia che si è presentata con il direttore facente funzioni Guido Seri che non ha dato risposte definitive, ma almeno ci ha messo la faccia e si è confrontato con le cittadine.
"Si tratta di un problema regionale - ha detto il dott. Seri con una certa costernazione -. Non ci sono medici, il numero chiuso nelle università ha creato questa situazione". Ovviamente il problema non è solo il numero chiuso: anche quando i bandi vengono fatti, è difficile che i medici vogliano venire nel Nord della Sardegna. La pediatra che avrebbe dovuto prendere servizio a breve, purtroppo, ha avuto un enorme problema personale e ha dovuto desistere: "Come Assl le avevamo anche dato l'ambulatorio, abbiamo fatto di tutto per agevolare".
La situazione attuale, con circa 800 bambini senza pediatra, è venuta a crearsi a causa della somma di diverse situazioni. Intanto un primo pensionamento, al quale si è risposto smistando i piccoli pazienti su tutti gli altri pediatri. Poi è arrivato il secondo pensionamento, ma il tetto massimo di utenza è stato già raggiunto, per cui "picche". Poi ci sono i bandi che vanno deserti, il Nord dell'Isola che non pare essere attrattivo (eppure Olbia ha un comodo aeroporto internazionale e tutti i servizi) e una scarsità di medici generata da un sistema universitario che non ne sforna abbastanza.
"Abbiamo chiesto una deroga, ma i pediatri di libera scelta non sono dipendenti", ha precisato il dott. Seri. E infatti, poiché non sono "dipendenti" dell'azienda sanitaria, quando arriva la pensione non c'è un sistema di "protezione" dell'utenza e questo vale sia per i pediatri che per i medici di medicina di generale. Cosa significa? Significa che l'utente, nel migliore dei casi, viene a conoscenza del pensionamento - e dunque della necessità di trovare un altro medico - dal medico stesso poco prima della pensione. Nei peggiori è il passaparola, ovviamente "sotto data" e in modo totalmente improvviso.
"Questo è un problema che si aggraverà - ha sottolineato Milena Achenza, una delle genitrici più agguerrite -. Ci sono almeno altre due pediatre che andranno presto in pensione". E quando andranno in pensione queste due dottoresse, se la situazione non sarà differente rispetto a quella odierna, altri 1600 bambini/e rimarranno senza pediatra.
Questo problema ha ripercussioni su tre diritti fondamentali garantiti (e sanciti) dalla Costituzione: il diritto alla salute, il diritto all'istruzione e il diritto allo sport. Senza certificati non si può né andare a scuola né fare sport, e ovviamente senza medico non ci sono cure.
Le famiglie hanno chiesto delle corsie preferenziali per chi ha problematiche particolari, ma anche uno sforzo in più per tutti gli altri minori che in questo momento non hanno pediatra. C'è un fattore fondamentale che non bisogna nascondere: il reddito delle famiglie. Non tutti possono permettersi di pagare le visite e non è giusto costringere una famiglia a fare sforzi economici non preventivati per una situazione che la politica (ancor prima che la dirigenza ATS) avrebbe dovuto facilmente prevedere. Politica che ieri non era presente, eccezion fatta per alcuni rappresentanti della Grande coalizione civica e per il consigliere regionale Giuseppe Meloni (tra i più attivi sul tema sanità).
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