Thursday, 02 October 2025
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Pubblicato il 02 October 2025 alle 09:07
Olbia. La scorsa settimana era arrivata una segnalazione: il Pozzo Sacro di Sa Testa, uno dei siti nuragici più importanti della Sardegna, inserito nella lista dei siti archeologici candidati a diventare patrimonio dell'UNESCO, sarebbe stato ridotto in condizioni di degrado. Ieri, 1° ottobre, ci siamo recati sul posto e l'atmosfera è desolante. Le immagini parlano chiaro: la situazione non solo è confermata, ma appare persino peggiorata.
Attorno al grande parcheggio d’ingresso si scorge la discarica: sacchi neri, bottiglie di plastica, mobili rotti e sedie abbandonate accolgono i visitatori. Subito dopo, all’interno dell’area archeologica, emergono altri segni di incuria: mentre le staccionate in legno sono traballanti e rischiano di spezzarsi, diversi cartelli botanici che segnalano le specie arboree giacciono rotti a terra; nell’acqua del pozzo compaiono fiori, probabilmente lasciati in segno di rituali improvvisati.
Il sito è fruibile ai visitatori che arrivano a piccoli gruppetti. Sono presenze costanti, ma che non si contano.
Un paradosso, se si pensa che proprio a ottobre il sito, è inserito nel programma ufficiale di “Monumenti Aperti”, per le visite guidate in collaborazione con l’associazione Sardegna verso l’Unesco. Un’occasione che dovrebbe valorizzare la storia millenaria di Olbia e della Sardegna nuragica, ma che rischia, se non si pone immediato rimedio al degrado, di mettere in evidenza l’abbandono e la mancanza di manutenzione.
Il sito è fruibile ai visitatori che arrivano a piccoli gruppetti. Sono presenze costanti, loro sì che sono rispettosi ma non si contano, perché il sito non è presidiato. "Che tristezza vedere tutti questi rifiuti", dicono due visitatori milanesi. "Com’è possibile lasciare così un patrimonio che dovrebbe ambire al riconoscimento UNESCO?" si chiedono due turisti inglesi, visibilmente amareggiati.
Alla vigilia di un evento che richiama l’attenzione di tutta la comunità, non bastano slogan o buone intenzioni: servono interventi mirati, rapidi ed efficaci. E forse, accanto alla manutenzione ordinaria, occorre introdurre anche fototrappole per cogliere sul fatto gli incivili che in meno di tre mesi hanno ridotto un bene di inestimabile valore culturale a discarica a cielo aperto.
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