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L'abate buddhista Shinnyo Marradi ad Olbia: è l'unica tappa sarda

È la fondatrice e guida spirituale del tempio Sōtō Zen Shinnyoji di Firenze

L'abate buddhista Shinnyo Marradi ad Olbia: è l'unica tappa sarda
L'abate buddhista Shinnyo Marradi ad Olbia: è l'unica tappa sarda
Camilla Pisani

Pubblicato il 25 June 2023 alle 06:00

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Olbia. La tentazione sarebbe quella di semplificare, procedendo per figure retoriche acquisite: quante volte abbiamo sentito dire, o magari abbiamo noi stessi detto: “oggi mi sento proprio zen”, “quella è una persona decisamente zen”, alludendo ad un modo di essere particolarmente serafico, ad un’attitudine “easy” al quotidiano ed alle sue brutture. L’abate Anna Maria Shinnyo Marradi, che ha scelto Olbia come unica tappa sarda per la presentazione (tenutasi presso la libreria Ubik, in dialogo con lo yamatologo Costantino Pes) del suo ultimo volume “L’eco della valle. Sulle note dello zen” smonta con pochi ma chiarissimi concetti questa versione occidentalizzata e forse un po’ troppo prêt-à-porter del buddhismo zen.

Anna Maria Shinnyo Marradi è Maestra missionaria della Scuola Sōtō-shū giapponese, è guida spirituale e fondatrice del tempio Sōtō Zen Shinnyoji di Firenze, “Daijōji Italia Betsuin”, “Sede italiana del Monastero di Daijōji”.
Ha ricevuto la Trasmissione del Dharma dal suo maestro rev. Ryūshin Azuma Rōshi, già 72esimo abate del Daijōji di Kanazawa in Giappone.
Ministro di Culto buddhista dello Stato Italiano, Membro del Sōtō Zen Buddhism Europe Office; Direttore della Sezione Europa del Sekai Zen Senta (World Zen Center).
Partecipa attivamente ai Tavoli istituzionali interreligiosi del Comune di Firenze e della Regione Toscana, è iscritta e partecipa al DIM Italia, Dialogo Interreligioso Monastico, e al gruppo inter-buddhista Italia Buddhista. È autrice di “L' eco della valle. Sulle note dello zen” (Mimesis 2022); curatrice e saggista nel “La dimensione mondana e il distacco. Zen e le altre tradizioni religiose a confronto” (Mimesis 2022); ha scritto il commento di “Shōbōgenzō Zuimonki. Discorsi informali” (Bompiani Testi a Fronte 2023) con la traduzione di Aldo Tollini.

Un curriculum d’eccezione per questa donna dallo sguardo aperto, che ha passato gli ultimi venticinque anni della sua vita a trasmettere gli insegnamenti ricevuti dal suo maestro: “è stato lui ad incitarmi a fondare il tempio a Firenze ed io ho seguito il suo input senza avere idea di cosa avrebbe significato. Nella tradizione buddhista Sōtō trovare il proprio maestro è fondamentale per poter andare avanti in un determinato percorso; io ho cercato a lungo il mio, trovandolo solo in Giappone e da quel momento mi sono affidata al suo insegnamento. Devo tutto a lui, mi ha sempre dato molta fiducia, nonostante le ovvie differenze in termini di cultura e mentalità” racconta Anna Maria Shinnyo Marradi.

Che ci tiene ad essere definita “maestro”, in aperta contrapposizione con la declinazione usuale del termine al femminile: “ritengo che il ruolo del maestro trascenda la persona fisica che lo agisce, ed in questo senso penso sia giusto essere definita maestro e non maestra. Penso non sia necessaria la declinazione di genere in questo caso, proprio perché l’insegnamento non si riferisce al corpo fisico, che rimane un involucro” spiega l’abate.

Anna Maria Shinnyo Marradi parla della pratica dello zazen (il meditare seduti) come di uno dei fondamenti del buddhismo zen: “quello che caratterizza questa specifica tradizione è il fatto che viene richiesta la pratica per la pratica, ovvero non una meditazione che, al pari della preghiera della tradizione cristiano cattolica, tende verso l’ottenimento di un fine, un’intercessione, ma è una pratica attraverso la quale si osserva e si viene in contatto con la parte più profonda di sé, senza alcuno spirito di profitto; questo non per ottenere un beneficio (benché sia indubbio che lo si ottenga) ma per portare avanti un percorso che necessita di grande dedizione” continua Shinnyo Marradi.

Il suo incontro con la tradizione buddhista zen risale a più di due decenni fa: “quando ero ragazzina, avevo letto il libro ‘101 storie zen’. Non l’avevo capito, ma qualcosa in quelle parole mi aveva risuonato dentro, riverberava dentro di me. All’epoca, però, non ero riuscita a trovare alcuna strada che mi conducesse al buddhismo, per cui mi sono avvicinata allo yoga. Successivamente, arrivata ad un punto della mia vita in cui mi sono resa conto che non sorridevo più, ho capito che dovevo fare qualcosa; cercando sul giornale, ho scoperto che in quei giorni c’era un insegnante di zen. Ho fatto qualcosa con lui, poi ho continuato a praticare in Italia, capendo che questo era esattamente quello che volevo fare. Ho incontrato un docente dell’Università Imperiale di Tokyo, che si trovava a Firenze, il cui zio era il vice-abate del tempio dove ho poi incontrato quello che sarebbe diventato il mio maestro” dice l’abate.

Benché tradizionalmente l’idea della trasmissione scritta dell’insegnamento zen non sia radicata, Shinnyo Marradi ha accolto, sotto insistenza dei suoi allievi, la possibilità di farlo sotto forma di libro: “non ho mai voluto espormi troppo, un po’ per timidezza ed un po’ per la reticenza derivatami dal fatto che gli insegnamenti non andrebbero trascritti e pubblicati. La pandemia di Covid, però, ha sparigliato le carte, ed i miei allievi mi hanno spinta a trovare modi alternativi per continuare il nostro percorso; grazie anche alle loro trascrizioni dei miei kusen (momenti di insegnamento orale), nasce L’eco della valle”.

Un percorso religioso dalla struttura complessa, che necessita di un’attitudine rigorosa e di studio e pratica incessanti, ma allo stesso tempo qualcosa che travalica i dogmi della razionalità per approdare ad un sentire universale, ad un’empatia profondissima che si trasforma in compassione. Un modo di vivere dal senso etico altissimo, ma non per questo inarrivabile, che vuole andare alla sostanza essenziale dell’uomo, nella piena coscienza che tutto è uno (e viceversa): “vivere aiutando sé stessi e gli altri avendo consapevolezza di essere tutti interconnessi, che esista un fil rouge che unisce tutta l’umanità. Sentendo la responsabilità nel capire che il modo in cui si decide di orientare la propria vita riverbera su chi ci sta intorno” conclude Shinnyo Marradi.