Thursday, 18 September 2025
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Pubblicato il 18 September 2025 alle 18:00
Olbia. Esiste un paradosso grottesco nella gestione dei rifiuti che attraversa come una ferita aperta l'intera Gallura: mentre cumuli di spazzatura di ogni genere vengono abbandonati quotidianamente lungo le strade che collegano Budoni, San Teodoro, Loiri Porto San Paolo, Olbia, Golfo Aranci, le cunette che costeggiano Arzachena e la Costa Smeralda fino a Porto Cervo nei boschi di sughere e nelle campagne che un tempo erano il fiore all'occhiello del turismo sardo, chi prova a comportarsi da cittadino responsabile e chiede aiuto per smaltire correttamente anche il più banale degli oggetti - una padella - si ritrova in un labirinto kafkiano fatto di telefoni che squillano a vuoto, mail senza risposta e portoni che si chiudono in faccia.
La vicenda che ha scatenato questo sfogo sui social network arriva da Loiri Porto San Paolo dove una cittadina ha una padella da smaltire. Una semplice, innocua padella che da un mese si aggira per casa come un fantasma domestico in cerca di pace. Prima tenta la via più semplice: la mette nel secco. Risultato? Rimane per terra, rifiutata dagli operatori ecologici come un paria metallico. Seconda mossa: scrive una mail alla Multiservice richiedendo il ritiro sfalci e specificando che c'è anche un tegame da portare via. Gli operatori arrivano, si portano via tutto il verde ma lasciano lì la padella, come se fosse radioattiva. Terzo tentativo: telefonate alla Multiservice. Il telefono suona nel vuoto, nessuno risponde, come se dall'altra parte ci fosse solo il silenzio dell'indifferenza burocratica.
L'ultimo atto di questa tragicommedia si consuma all'isola ecologica di Murta Maria, frazione di Olbia, dove il nostro cittadino modello si presenta spiegando la situazione a un addetto in divisa che, come un disco rotto, ripete una sola frase: "No, lei non può buttarla qui!". La cittadina infatti non è residente a Multa Maria e non è una turista che alloggia nel comune di Olbia, ma stiamo parlando di una sola padella, non di un frigorifero o di una lavatrice.
Il fatto che in Gallura qualcuno debba chiedere aiuto sui social network per capire come smaltire una padella è già di per sé un sintomo della malattia profonda che affligge il sistema. Manca completamente la cultura del corretto conferimento dei rifiuti, ma soprattutto manca chi dovrebbe fornire le corrette informazioni e i servizi necessari. Le aziende che gestiscono i rifiuti nei comuni galluresi sembrerebbero, fino a prova contraria, specializzate nell'arte dell'evitamento: telefoni muti, siti web con informazioni vaghe, operatori che ritirano quello che gli pare, a seconda del turno di impiego, e lasciano il resto. Le numerose segnalazioni dei cittadini residenti nel comune di Olbia raccontano di inspiegabili mancati ritiri rifiuti quasi ogni giorno.
Nel frattempo, basta percorrere la SS 131 SCN o la SS125 che collega Olbia a Santa Teresa di Gallura, o la strada che porta a Porto Rotondo, o qualsiasi arteria che attraversa i comuni dell'entroterra gallurese per vedere montagne di rifiuti di ogni tipo abbandonati ovunque: elettrodomestici scaricati nei pressi dei nuraghi, materassi buttati nei boschi di lecci, sacchi di spazzatura lungo i sentieri che portano alle spiagge più belle, mobili abbandonati nelle campagne di Arzachena, pneumatici lasciati lungo la strada per Porto Cervo. Chi li butta lì sa che non verrà mai controllato, mai multato, mai disturbato. L'abbandono selvaggio dei rifiuti è diventato una prassi tollerata in una delle zone più turistiche e fotografate della Sardegna, mentre chi cerca di rispettare le regole viene mandato da Ponzio a Pilato.
Questo rovesciamento della logica civica in Gallura crea una situazione paradossale e particolarmente grave: il territorio che dovrebbe essere il biglietto da visita dell'isola, quello che accoglie milioni di turisti ogni anno, quello delle ville miliardarie e degli yacht lussuosi, non riesce a garantire nemmeno il servizio base dello smaltimento di una padella. Il cittadino onesto diventa un problema per il sistema, mentre chi inquina e deturpa alcuni dei paesaggi più belli del Mediterraneo agisce indisturbato, quindi non esiste come se i rifiuti facessero parte del paesaggio naturale e crescessero spontaneamente.
È più semplice buttare una padella in una cunetta che affaccia sulla spiaggia di Cala Sassari o Pittulongu che trovarle una destinazione legale e corretta. È più facile scaricare un frigorifero nei pressi della tomba di giganti di Coddu Vecchiu che ottenere informazioni chiare su come smaltirlo. È più probabile vedere un materasso abbandonato lungo la strada per il castello di Pedres che riuscire a parlare con un operatore della raccolta rifiuti.
Il caso della padella di Loiri Porto San Paolo diventa così il simbolo di una disfunzione sistemica che colpisce al cuore una delle aree più strategiche della Sardegna. Racconta di amministrazioni comunali e aziende di servizi galluresi che sembrano aver smarrito il senso del proprio ruolo, che dovrebbe essere quello di aiutare i cittadini a comportarsi correttamente, non quello di creargli ostacoli. Racconta di come in Gallura la cultura dell'abbandono abbia vinto sulla cultura della responsabilità, di come il disinteresse abbia prevalso sul senso civico proprio dove invece dovrebbe essere massima l'attenzione alla tutela ambientale.
La domanda finale del nostra cittadina gallurese disperata - "Qualcuno di voi è mai riuscito a smaltire una semplice padella?" - suona come un epitaffio sulla tomba del buon senso. In una società normale, smaltire una padella dovrebbe essere semplice come comprarla. In Gallura, invece, è diventata un'impresa titanica che mette alla prova la pazienza e la determinazione di chiunque voglia fare la cosa giusta.
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