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Budoni, Arcat e la forza di chiedere aiuto: il racconto di Maria Teresa Casula

Un toccante incontro con la presidente Maria Teresa Casula

Budoni, Arcat e la forza di chiedere aiuto: il racconto di Maria Teresa Casula
Budoni, Arcat e la forza di chiedere aiuto: il racconto di Maria Teresa Casula
Laura Scarpellini

Pubblicato il 25 September 2025 alle 12:55

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Budoni. L’Arcat Sardegna, associazione di volontariato nata nel 1992, opera in tutta l’isola attraverso una rete di club che riunisce famiglie, professionisti e cittadini impegnati in progetti di sostenibilità psicologica, sociale e ambientale. In Gallura ritroviamo la sede di Budoni molto presente sul territorio. Il focus è chiaro: promuovere la salute, proteggere le persone e le loro famiglie da problemi legati ad alcool, droghe e azzardo, e farlo nel contesto dell’Ecologia Sociale, una cornice che mette al centro la cura della persona e della comunità. La realtà di ARCAT (Arcat Sardegna) si prende cura di chi è più esposto alle dipendenze, offrendo sostegno non giudicante in momenti di vulnerabilità. Spesso chi ha un legame con alcool, cocaina o gioco d’azzardo sostiene di poter “decidere” di smettere in un istante: una convinzione che, nella pratica, si scontra con abitudini radicate e dinamiche sociali complesse.

L’Arcat spiega che le dipendenze non sono solo una scelta individuale, ma una costruzione di contesti, relazioni e routine: diventano parte di un mondo fatto di segnali, ricordi e abitudini. Il cuore dell’intervento è il CLUB, uno spazio fisico e simbolico che accoglie famiglie che hanno già percorso la sofferenza, offrendo ascolto, confronto e non giudizio. Qui si lavora sull’empatia come terreno di cambiamento: esperienze condivise, strategie pratiche e supporto reciproco diventano strumenti concreti per affrontare la dipendenza. È in questo contesto che l’Arcat mira a trasformare la crisi in opportunità di crescita collettiva, aprendo una porta verso una socialità possibile, orientata alla cura e al rispetto.

Incontriamo la Presidente Arcat Sardegna, Maria Teresa Casula, a cui rivolgiamo qualche domanda.

Lei come è arrivata ad ARCAT e cosa significa l'associazione per lei

"L’ARCAT è l’associazione che rappresenta tutti i club dei territori. Io, in questo momento, sono Presidente Regionale e sono entrata nei programmi tramite persone molto attivenell’associazione che hanno chiesto la collaborazione a un comune dove ricoprivo il ruolo di Sociologa. Sono rimasta incastrata perché mi ha interessato molto il tipo di
esperienza in particolare perché era parallela alla storia di Basaglia".

Quali sono le principali sfide che incontrate sul territorio, e quali azioni pratiche state già adottando, o avete in programma, per affrontarle con pazienza, vicinanza e sostegno tangibile alle persone coinvolte?

"Per rispondere a questa domanda è di fondamentale importanza conoscere la metodologia, ideata da Vladimir Hudolin,  psichiatra croato del secondo Novecento e consulente di lunga data dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).  Su alcol e altre droghe, Hudolin ha dato un contributo determinante allo sviluppo dell'alcologia italiana. La sua opera ha rivoluzionato l'approccio tradizionale medico e psichiatrico, introducendo nuovi concetti di promozione della salute, comunità, qualità della vita, etica e giustizia sociale. Dedicò gran parte della sua vita agli studi sull’alcologia e sulle sofferenze multidimensionali ed ebbe la rivoluzionaria intuizione insieme a Basaglia della necessità di spostare i luoghi di ricovero dei pazienti psichiatrici, tra cui gli alcolisti, dalle istituzioni chiuse alla comunità locale promuovendo la psichiatria aperta. Hudolin fu l’ideatore dei Club Alcologici Territoriali, comunità multifamiliari, con non più di 13 famiglie e un Servitore Insegnante, ovvero una persona formata e competente al servizio del club che ha il compito di catalizzatore e di seguire le dinamiche del gruppo favorendo la partecipazione di tutti i membri del gruppo. Il club opera secondo un approccio ecologico sociale. All'interno dei Club individui e famiglie possono intraprendere un percorso di crescita emozionale, relazionale, culturale e spirituale, che migliora la qualità della vita a livello personale, familiare, comunitario e ambientale. Questo approccio sistemico ed ecologicosociale favorisce l'empowerment, l'engagement e aumenta il capitale sociale della comunità. I membri dei Club, da posizioni marginali, diventano cittadini attivi e responsabili, portatori di una testimonianza di cambiamento culturale nella comunità".

Può condividere una storia concreta di una persona che ha beneficiato di un intervento del club, descrivendo i momenti di ascolto, l’accompagnamento e le opportunità di reinserimento sociale con sensibilità e rispetto?

"Ci sono centinaia di storie concrete, nei club partecipano famiglie che sono passate dal buio assoluto, dove la sofferenza scandiva le giornate in attesa di un cambiamento. Le persone si avvicinano ai club in uno stato di disperazione dove tutti i membri risentono in modo pesante della situazione che ha grosse ripercussioni, nel lavoro, nella scuola e nelle relazioni sociali. La famiglia si presenta al club dopo un colloquio e inizia consapevolmente il percorso di cambiamento. L’accoglienza, il clima sereno ed empatico, l’assenza di giudizio creano un clima favorevole per cambiare lo sguardo
rispetto allo stile di vita. Quando i problemi vengono suddivisi fra tante persone che hanno attraversato la stessa strada diventa più semplice. In questo percorso si propongono anche azioni formative e informative perché è importante non solo smettere di bere o di assumere altre sostanze ma diventare soggetti attivi e promotori del cambiamento culturale, con la consapevolezza e responsabilità che il benessere e la salute sono un bene comune".

 Con quali partner e reti sul territorio collaborate eventualmente per offrire opportunità di riscatto e supporto a chi ha difficoltà a parlare delle proprie problematiche, e come misurate l’impatto di questi percorsi di ascolto e accompagnamento?

"I club collaborano con tutti servizi e le istituzioni sanitarie e sociali. Dipende dai legami che si riescono ad instaurare, in tutti i casi partecipano in modo attivi nelle comunità dove sono presenti. L’impatto viene misurato dal numero delle persone che si attivano per il cambiamento culturale della comunità, avviene prima nel nucleo familiare e poi di estende nella comunità secondo un approccio sistemico che ha anche delle basi scientifiche".

La forza dell’associazione è nel capitale umano: centinaia di volontari, tra cui la presidente Maria Teresa Casula, che dedicano tempo ed energie al benessere degli altri, e migliaia di persone che hanno ritrovato il sorriso grazie a una rete di aiuto accessibile, inclusiva e capillare. Questo impegno va oltre la cura diretta delle dipendenze: l’Arcat promuove una visione di “bellezza sociale” che trascende l’individualismo, mettendo al centro relazioni sane, servizi di supporto e iniziative di prevenzione e promozione della salute.

La prospettiva offerta dall’Arcat Sardegna si declina attraverso diverse azioni chiave: reti di club sul territorio per vicinanza e continuità dell’aiuto; interventi di ascolto, counselling e accompagnamento nelle fasi di fragilità; attività di promozione della salute e progetti di Ecologia Sociale, che collegano benessere individuale e salute pubblica a una matrice comunitaria e ambientale; coinvolgimento di volontari, famiglie e professionisti in una cultura della cura che investe sul capitale umano e sul tessuto sociale. In un’Isola segnata da realtà diverse e spesso complesse, l’Arcat Sardegna rappresenta una risorsa preziosa: una rete di solidarietà che lavora per una società dove la bellezza sociale non è solo una parola, ma una pratica quotidiana.

Con l’impegno volontario e l’approccio empatico al centro del proprio operato, l’associazione continua a offrire strumenti concreti a chi sta affrontando momenti difficili, dimostrando che la cura collettiva è possibile, efficace e necessaria.