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Alluvione e Piano Mancini, il danno e la beffa: parla l'ing. Carlo Troiani

In una relazione, la lettura di quanto avvenuto

Alluvione e Piano Mancini, il danno e la beffa: parla l'ing. Carlo Troiani
Alluvione e Piano Mancini, il danno e la beffa: parla l'ing. Carlo Troiani
Angela Galiberti

Pubblicato il 14 February 2021 alle 06:00

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Olbia. Una città che ha avuto la sua espansione nelle zone sbagliate, stagni "accecati", opere pubbliche dove non dovevano neppure essere pensate: questa è la storia urbanistica di Olbia. Ne parla, con lucidità e schiettezza, l'ingegnere Carlo Troiani una relazione che proponiamo in maniera integrale. "Vorrei esporre quale sia stata, a mio modo di vedere, la vera origine del disastro, e a tal proposito vorrei soffermarmi sull’inquietante dato che è emerso dal tragico bilancio dell’alluvione del 18/11/13", inizia così la relazione scritta dall'ingegnere olbiese con la quale si analizzano le cause del disastro. "Gran parte delle aree alluvionate ricadono in zona di espansione e completamento; il che, tradotto in altri termini significa che la maggior parte degli edifici vennero costruiti su suoli edificabili o almeno classificati come tali dal programma di fabbricazione, tuttora vigente. Nella lunga storia di Olbia non si è mai sentito di alluvioni, se non da quando è iniziata la speculazione, ovvero dalla fine degli anni ’60, quando si è iniziato a mettere le case nei punti sbagliati. Da allora è stato un susseguirsi di allagamenti e piccole alluvioni che sarebbero dovute servire da monito a chi amministrava la città". Secondo l'ingegner Troiani, il clima di quegli anni - per noi molto lontani - sarebbe stato particolare, tanto che nella relazione parla di una presunta omertà che avrebbe caratterizzato gli anni del boom economico olbiese di 4/5 decadi fa. Parole durissime, anzi un vero e proprio atto d'accusa per un'epoca lontanissima della quale noi possiamo vedere solo l'effetto urbanistico odierno. "Invece si instaurò un patto collusivo tra amministratori e proprietari, quando gli amministratori non erano addirittura essi stessi proprietari; un patto tacito, un clima omertoso di silenzi, coperture e complicità, Voglio dire che c’è stata una speculazione volta all’arricchimento personale, che ha poi messo in ginocchio gran parte della comunità Olbiese", scrive l'ingegner Troiani. L'ingegner Troiani punta il dito contro chi, decadi fa, decise dove posizionare le aree di espansione. "Le responsabilità, sarebbero da ricercare soprattutto in chi ha previsto l’espansione ed il completamento dello sviluppo edilizio della città in aree poco adatte, perché risultano facilmente inondabili. Tutti, o quasi, hanno mostrato i loro limiti, che poi l’evento del 18 Novembre 2013 ha tragicamente evidenziato", scrive Carlo Troiani. Il maggiore "indiziato", per l'ingegnere olbiese, sarebbe da ricercare in una variante: "I vari assessori all’urbanistica e sindaci di questo Comune, avvicendatisi nel tempo, hanno commesso una serie imperdonabile di errori culminati con la variante al Programma di Fabbricazione del 1986, con cui vennero intensificati gli indici di fabbricazione e individuate ulteriori aree di espansione, proprio nelle zone più a rischio dell’abitato, mentre altre zone, più adatte all’edificazione, venivano, chissà perché, tagliate fuori dalla programmazione. Nel frattempo abbiamo assistito addirittura all’accecamento sistematico di stagni e paludi per poter dar luogo a discutibili costruzioni. Persino opere pubbliche come la scuola di Maria Rocca e l’Ostello ebbero esiti disastrosi". Secondo l'ingegnere, il territorio olbiese sarebbe quasi completamente compromesso: "Ora non saprei, se sia più l’incompetenza, o l’interesse, ad aver guidato la mano e la mente di sconsiderati amministratori, ma sta di fatto che oggi ci ritroviamo con una città molto fragile, che trema al minimo accenno di allerta meteo. Lo sviluppo urbanistico, determinatosi con irresponsabile e spregiudicata faciloneria, ha compromesso quasi irreversibilmente il territorio. Olbia, una città potenzialmente sicura e al riparo da ogni cataclisma, è diventata vulnerabile persino di fronte ad una mera pioggia con tempi ridottissimi di ritorno. A tal proposito val la pena ricordare che durante il ciclone Cleopatra si registrarono (solo) 117,5 mm di pioggia! Figuriamoci cosa sarebbe successo di fronte ai recenti 400 mm di Bitti; e cosa succederebbe oggi in caso di pioggia intensa". Troiani si pone delle domande: "Qualcuno dovrebbe spiegare come mai le aree di esondazione sono state spacciate per aree edificabili? E perché è stato consentito che vari canali e canaletti venissero accecati o scriteriatamente tombati? I canali di bonifica costruiti nella prima metà del secolo scorso hanno sempre svolto efficacemente la loro funzione, e le esondazioni, quando capitavano, non rappresentavano nessun problema, dal momento che l’acqua andava a finire in quelle stesse aree di esondazione prima menzionate. Questo fino a quando qualche sprovveduto non stravolse i piani urbanistici, piegandoli spregiudicatamente alle proprie esigenze, e consentendo l’edificazione proprio là dove non si doveva e non si poteva. La cosa ancor più singolare è che il Comune di Olbia pubblicava le carte del PAI (Piano di Assetto Idrogeologico), dichiarando fuori dal rischio quasi tutto l’abitato investito successivamente dall’alluvione". Ma se il Pai è stato redatto in base alle norme che erano in vigore all'epoca, oggi a 7 anni da quel terribile evento che ci ha messo di fronte ai veri problemi della città le cose non sono ancora cambiate: la città non è ancora sicura. Secondo Troiani, il no al Piano Mancini sarebbe il frutto di una sorta di gioco delle parti. "Tornando ad oggi, e tanto per fare chiarezza: si è venuto a creare una sorta di sodalizio tra vari soggetti, che, in maniera più o meno organizzata hanno creato un fronte del “NO” contro il piano Mancini, proponendo alternative fantasiose e meno valide - prosegue l'ingegnere olbiese -. Sono convinto che tutto si sia ridotto ad una specie di gioco delle parti, una ammiccante complicità tra barricate. Il punto è che la contrapposizione, o meglio la guerra dichiarata al piano, certamente non lo ha agevolato, anzi lo ha ostacolato, concludendosi con la vergognosa bocciatura da parte del SVA (Servizio Valutazione Ambientale) della Regione Sardegna, arrivata dopo quasi cinque anni, e con motivazioni pretestuose". Secondo l'ingegner Troiani, il Piano Mancini resta valido: "Tecnicamente ritengo invece che, in considerazione dell’assetto idrogeologico e del contesto geomorfologico del territorio, la soluzione adottata dal Prof. Mancini sia validissima, e che limiti efficacemente i rischi idrogeologici connessi con eventi meteorici anche di intensa portata. Credo anche che non si possa avere nulla da eccepire sull’abbattimento delle opere incongrue, previsto per garantire la portata dei canali e per eliminare quindi tutte quelle limitazioni che la presenza delle suddette opere comporta. In particolare si segnala che il canale “Siligheddu” attraversa due popolosi quartieri, e rappresenta una vera e propria bomba ad orologeria per oltre seimila residenti, che, in caso di esondazione, finirebbero letteralmente con l’acqua alla gola. Ebbene è più che ovvio che per evitare che il canale esondi occorre tenere basso il livello d’acqua, e per tenere basso il livello d’acqua l’unica soluzione valida è la vasca di laminazione progettata a suo tempo dal Prof. Mancini, e non l’inutile idrovora che pompa l’acqua in esubero proprio nello stesso canale, con l’esito scontato di ingorgarlo ulteriormente. Si consideri poi, che a poche decine di metri a valle del punto in cui viene pompata l’acqua è ancora (purtroppo) presente il “tappo” costituito dal ponticello ferroviario, che è una delle tante opere incongrue individuate dal Prof. Mancini, per le quali era stato previsto prioritariamente l’abbattimento e la ricostruzione". "In conclusione ritengo che anche l’Amministrazione Comunale uscente sia mancata nell’azione risolutiva di certe problematiche. I momenti drammatici vissuti col ciclone “Cleopatra” sono sempre vivi, e a distanza di oltre sette anni rimane ancora una ferita non del tutto rimarginata; e la gente, che ha pagato un prezzo troppo alto per colpe non sue, è ormai stufa delle false promesse e delle belle parole, ma vorrebbe invece vedere finalmente i fatti concreti", conclude l'ingegner Carlo Troiani.