Friday, 18 July 2025
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Pubblicato il 18 July 2025 alle 10:23
Olbia. Il sequestro della villa di Tavolara, a suo tempo (cioè nel 2019), aveva fatto molto scalpore per due motivi: il primo per l'ubicazione (una zona H), il secondo per la proprietà (famiglia Marzano). Com'è andata a finire? Il processo si è concluso da poco e il Grig ha pubblicato la sentenza.
Ebbene, tale processo si è chiuso con una prescrizione. Il Tribunale di Tempio Pausania, nella persona del giudice Silvia Campesi, ha pronunciato il non doversi procedere nei confronti dei sei imputati – tra cui i committenti, il direttore dei lavori e gli amministratori delle imprese coinvolte – perché i reati contestati si sono estinti per decorso dei termini.
Un verdetto che arriva a quasi sei anni dall’avvio delle indagini e a quattro anni dalla prima udienza, tenutasi nel gennaio 2021. In questo arco di tempo, il procedimento ha subito numerosi rinvii, che hanno rallentato l’accertamento giudiziario fino al punto di rendere impossibile una decisione nel merito.
Il processo ha attraversato oltre una decina di udienze, spesso rinviate per motivi procedurali, impedimenti dei giudici, difficoltà organizzative e problemi tecnici. Il primo rinvio risale al 7 gennaio 2021, per legittimo impedimento del giudice. Seguono rinvii causati dalla pandemia Covid (luglio 2021 e marzo 2022), e altri ancora per notifiche da rinnovare (giugno 2022), cambi nella titolarità del magistrato (settembre 2022, gennaio 2023, ottobre e dicembre 2024), mancato funzionamento dell’impianto di videoregistrazione (febbraio 2024) e assenze giustificate dei testimoni o degli imputati.
La prescrizione è scattata per entrambi i capi di imputazione, due reati di natura contravvenzionale (violazioni urbanistiche e paesaggistiche), accertati nel settembre 2019: il termine massimo, come previsto dagli articoli 157 e 161 del Codice penale, era di cinque anni. A nulla sono valsi i circa sessanta giorni complessivi di sospensione del decorso della prescrizione.
Il Tribunale ha quindi accolto la richiesta congiunta del pubblico ministero e delle difese, dichiarando l’estinzione del procedimento. Si chiude così, senza condanne e senza decisioni di merito, una vicenda giudiziaria che riguarda un intervento edilizio realizzato su un’area tutelata a livello paesaggistico e ambientale.
Durante l’ultima udienza, la parte civile si era opposta alla dichiarazione di prescrizione, chiedendo il risarcimento del danno ambientale. Ma il Tribunale ha rigettato la richiesta, e ha disposto il dissequestro dell’immobile e la restituzione agli aventi diritto.
Tale vicenda solleva, ovviamente, degli interrogativi di natura generale: il processo non ha potuto giungere a una sentenza di colpevolezza o assoluzione per il solo scorrere del tempo e per un sistema giudiziario rallentato da carenze strutturali.
La prescrizione, pur essendo una una giusta garanzia per l'imputato (non si può ragionevolmente pensare di rimanere incastrati a vita nell'ingranaggio giudiziario), può diventare un cortocircuito per la giustizia, soprattutto quando si parla di reati gravi (come quelli ambientali) che però hanno prescrizioni relativamente brevi. Bastano dei cavilli, dei rinvii, un tribunale con poco personale e non si arriva a sentenza. Questo è il rischio che corre anche il processo sulla discarica Cipnes.
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