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Cronaca

Olbia, graffiti: vandalismo o arte? La parola ai writers olbiesi

Olbia, graffiti: vandalismo o arte? La parola ai writers olbiesi
Olbia, graffiti: vandalismo o arte? La parola ai writers olbiesi
Angela Galiberti

Pubblicato il 05 May 2013 alle 18:14

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Olbia - La foto di copertina che vedete sopra questo articolo è quella che, qualche giorno fa, ha scatenato un acceso dibattito su facebook tra i nostri lettori. Lo scatto riprende un graffito nei pressi dell'ex Scolastico in pieno centro storico, e molti lettori si sono schierati contro questo genere di atti; altri ancora, invece, si sono dichiarati a favore. Ma chi sono i writers? Cos'è un graffito? Come nasce questa arte metropolitana? A parlarcene è uno di loro. L'unico coraggioso che ha deciso di incontrare "Il Giornale di Olbia". Il suo nome di battaglia è Ascò, ha circa 30 anni e ha l'aspetto di un giovane della sua età amante dell'hip-hop. Un ragazzo come tanti, in una città come tante altre. Ma lui è un writer, uno di quelli veri, che ha subìto denunce e corso molti rischi per realizzare le sue opere. La prima domanda che sgorga spontante è: com'è diventato un writer questo ragazzo? "Un giorno ho visto un graffito e l'ho copiato perchè mi piaceva - racconta Ascò - Poi sono entrato nel mondo dell'hip-hop e lì ho capito". Da quel momento la vita di Ascò cambia. Il writing diventa un'occasione di crescita per Ascò che studia arte, viaggia in lungo e in largo per il mondo per vedere con i suoi occhi i capolavori dei grandi artisti. Insomma Ascò sembra tutto tranne che un "teppista con la bomboletta in mano". E allora, cosa spinge un appassionato di arte a disegnare sui muri? "All'inizio, quando sei piccolo, è l'ebbrezza del rischio, di fare qualcosa di proibito come può essere fumare - racconta Ascò - poi la molla che ti spinge a farlo è solo il disegno e la voglia di finirlo". I writers sono consapevoli del fatto che i loro disegni finiscono su proprietà privata o pubblica, ma il punto non è questo. I writers non vogliono danneggiare nessuno perchè il vero writers non imbratta e non rende degradato un luogo. "Il writing è un atto di ribellione nei confronti del cemento e del degrado - spiega Ascò - noi macchiamo i muri con i disegni e con i colori e questi disegni stanno lì, fermi ed immobili, senza deteriorarsi. Non è come un cartellone pubblicitario che, nel tempo, si degrada e diventa spazzatura o peggio inquinamento. I nostri disegni esistono per mostrarsi". I veri writers seguono infatti delle regole non scritte: non si danneggiano i luoghi di culto e non si impiastrano i monumenti. I writers lavorano dove c'è il degrado. "La nostra è una ribellione pacifica contro la società, contro il cemento, contro il degrado urbano - spiega Ascò - tutto ciò che viene lasciato al degrado io lavoro per migliorarlo". E allora perchè le persone non capiscono? Perchè non apprezzano? Se è pur vero che neanche un genio come Van Ghog è stato apprezzato ai suoi tempi, lo stesso - per estensione - possiamo dire di questi artisti. Con le dovute precisazioni, però. "Penso che alle persone - ragiona Ascò - diano più che altro fastidio le scritte con le bombolette e le firme in serie dei writers che noi chiamiamo tag e non tanto i graffiti". Il writers olbiese tocca un tasto fondamentale della questione. Perchè da una parte le scritte tipo "benvenuti in zona Bandinu" non hanno niente a che fare col writing, dall'altra vi è il mondo sotterraneo dei writers che viene fuori sui muri e che le persone che non frequentano il movimento giustamente non capiscono. I graffiti, i tag e i true lap rappresentano due cose: la ribellione contro il degrado e una conversazione muta tra writers. Le firme in serie che si vedono qua e là anche ad Olbia sono il grido di esistenza dei vari writers che, in questo modo, dicono agli altri writers "ehi, ci sono anche io". La firma stilizzata ripetuta in serie, col tempo, si trasforma in true lap che non è altro che un graffito semplice con le lettere bombate. Infine arriva l'opera vera e propria, con tridimensionalità/sfumature/messaggi/soggetti vari. Questo "urlare sui muri" genera una rivalità tra crew che sfocia, alla fine, nella corsa al graffito più bello e più in vista. Il tutto seguendo sempre le regole dei writers. "Mi piacerebbe tanto che Olbia avesse la sensibilità di Orgosolo - dice mestamente Ascò - i murales sono fatti sempre con le bombolette". Già, dico io, ma forse bisogna creare una cultura. A Olbia di writers attivi ce ne sono soltanto 6, i non attivi sono circa una decina. L'impressione che ha dato Ascò è quella di una persona amante dell'arte che, per una serie di ragioni, ha trovato nei muri e nelle bombolette il suo mezzo di espressione. Oggi Ascò non dipinge più illegalmente: il suo estro creativo lo sfoga solo sui muri legali. Sicuramente il writing rimarrà sempre reato (oggi si ipotizza persino quello di "associazione a delinquere") poichè la proprietà privata e quella pubblica sono uno dei pilastri della democrazia. Ma se a questi giovani venissero concessi degli spazi in cui esprimersi liberamente forse si verrebbero a creare delle situazioni fertili dal punto di vista culturale e, probabilmente, il writing uscirebbe dal "ghetto" delle sub-culture urbane come è successo da altre parti nel mondo. Per fare questo serve sensibilità, non solo da parte del pubblico ma anche da parte del privato. Quest'ultimo, infatti, potrebbe mettere a disposizione i suoi muri, magari quelli degli edifici che non riesce a ristrutturare. Il pensiero va subito al "nuovo Parco", vecchio punto di aggregazione giovanile in pieno centro ad Olbia. Oggi l'edificio è un cumulo di tristezza e degrado, ma se fosse dato a questi ragazzi potrebbe essere trasformato in un'opera d'arte urbana.