Thursday, 08 May 2025
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Pubblicato il 10 April 2021 alle 06:00
Olbia. Il 10 marzo 1991, quando alle 22:25 veniva inviato il May Day dal Moby Prince dal marconista Giovanni Battista Campus, non esistevano le tecnologie che esistono oggi: non c'era Marine Traffic, con il quale monitorare in diretta le rotte delle navi; non c'erano gli smartphone, con quali fare foto e video; non esistevano i social sui quali condividere post e file multimediali o fare le dirette. Non c'erano le tecnologie che avrebbero permesso agli investigatori di capire cosa è davvero successo nella rada di Livorno mentre morivano 140 persone abbandonate alla deriva sopra un traghetto avvolto dalle fiamme che girava praticamente in tondo da solo non così lontano dall'Agip Abruzzo e dai soccorsi che si stavano concentrando in modo pressoché esclusivo sulla petroliera. Il disastro Moby Prince è la più infausta tragedia della marineria italiana: una tragedia che ancora oggi non è un vero perché. Le famiglie delle vittime, in questi 30 anni di dolore, non hanno mai smesso di lottare e di chiedere non solo la riapertura del caso, ma le investigazioni più accurate possibili per appurare cosa non ha funzionato, quella notte, nella rada di Livorno. Pensare che 141 persone (140 morti, 1 superstite) siamo rimaste in balia del fuoco senza soccorso è un pensiero straziante per chiunque, figuriamoci per i parenti che hanno nella testa solo una domanda, fondamentale: potevano essere salvati? Un dubbio lacerante, nella carne e nell'animo, a cui ha provato a rispondere la Commissione parlamentare d'inchiesta guidata dall'ex parlamentare sardo Silvio Lai, anno 2018. In quell'anno, dei primi punti fermi – sostanziali, importantissimi – sono stati messi nero su bianco: una svolta storica per i famigliari delle vittime, anche se non è ancora abbastanza. Nella relazione finale, la Commissione guidata da Silvio Lai scrive: “La Commissione ritiene che non siano stati prestati i soccorsi dovuti al traghetto Moby Prince. L’analisi della loro organizzazione ha portato la Commissione a confermare un giudizio di mancato coordinamento e di sostanziale assenza di intervento nei confronti del traghetto Moby Prince. La normativa attribuiva alla Capitaneria di porto precise e ineludibili responsabilità nelle scelte e nella gestione dei soccorsi. Sin dai primi minuti la Capitaneria avrebbe dovuto valutare la gravità della situazione e decidere se le forze disponibili fossero sufficienti e attivarsi nella ricerca della seconda nave. Le informazioni disponibili anche solo dall’avvisatore marittimo e tra i piloti del porto potevano consentire alla Capitaneria di individuare nell’immediato il traghetto come l’ultima nave uscita e che non rispondeva agli appelli. Inoltre la Capitaneria, in termini di mezzi e cultura della sicurezza, non era in condizioni di affrontare in maniera consona un tale evento, era priva di strumenti adeguati, come un radar, che invece sembra essere stato disponibile tra i piloti, ed era impreparata in conclusione ad un tale livello di complessità di soccorso”. E ancora: “Durante le ore cruciali la Capitaneria apparve del tutto incapace di coordinare un’azione di soccorso e non venne dato un ordine né una priorità di azione attraverso i canali radio riservati all’emergenza. Alla luce dei dati acquisiti, i tragici effetti sulla vita di almeno una parte delle persone a bordo sono stati determinati dalla sostanziale abdicazione delle autorità responsabili rispetto ad una efficace funzione di soccorso pubblico in mare. Questi elementi, in parte già noti nel percorso di indagine e in quello giudiziario, non hanno costituito elemento di reato perché è stata assunta come valida la valutazione sui tempi brevi di incapacitazione o morte, vista l’impossibilità di provare un nesso di causalità fra condotte ed eventi”. La Commissione d'inchiesta ha giudicato negativamente anche le indagini: “La Commissione ritiene altresì che l’attività di indagine della procura di Livorno, sottesa al processo di primo grado, sia stata carente e condizionata da diversi fattori esterni”. Tutto ciò non è sufficiente, non può bastare, non può portare pace: ecco perché le famiglie a gran voce chiedono nuovi approfondimenti e nuove indagini. La loro voce è stata ascoltata: “E’ tempo di squarciare definitivamente il velo di mistero che continua ad avvolgere la strage del Moby Prince, nella quale persero la vita 140 persone, tra cui 30 sardi. L’istituzione di una nuova commissione d’inchiesta alla Camera, che ripartirà dalle risultanze di quella analoga istituita al Senato nella scorsa legislatura, è una notizia importante, alla vigilia del trentennale di quel tragico 10 aprile. Lo Stato italiano ha il dovere di fornire risposte ai tanti dubbi e ai misteri che continuano a gravare sul più grave disastro della storia della marineria italiana”, ha annunciato qualche giorno fa il deputato sardo Nardo Marino dopo l'approvazione in Commissione Trasporti del testo istitutivo della commissione d'inchiesta alla Camera sulla strage del traghetto Moby Prince. Questa tragedia non va dimenticata, nessuno la deve dimenticare: né per le vittime, né per le famiglie, né per gli imperdonabili errori e silenzi che ci sono stati. Un silenzio che anche Olbia deve abbandonare: nella nostra città, meta portuale della Moby Prince, non esiste da nessuna parte un memoriale che ricordi questa tragedia che lega in modo indissolubile la nostra città a Livorno. Il traghetto Moby Prince, appartenente (all'epoca dei fatti) alla Navarma della famiglia Onorato, era condotto da un comandante di altissimo profilo di origine sarda. A bordo, vi erano una trentina di sardi che stavano tornando a casa, dalle loro amate famiglie. Oltre al comandante Chessa (a bordo insieme alla moglie Maria Giulia Ghezzani), era sardo anche il marconista: entrambi morti nell'esercizio del dovere. L'equipaggio, infatti, non ha abbandonato la nave e ha fatto di tutto, tutto quello che poteva, per far notare la nave e tenere in vita i passeggeri. Giovanni Filippeddu e Maria Filigheddu erano originari di Arzachena; i carabinieri Gianfranco Campus (Birori) e Raimondi Vidili (Bonacardo) tornavano a casa dai loro cari. Maria Mela era di Buddusò, Salvatore Scano era di Alà dei Sardi. Raimondo Brandanu, invece, di San Teodoro. Sardi erano anche il medico di bordo, Paolo Mura, e il cuoco Ignazio Pasqualino. E poi ecco Umberto Bartolozzi di La Maddalena, Gavino Bianco originario di Ossi, Giuseppe Congiu di Oliena, Angelita Demontis, Daniele Furcas, Gabriella Soro, Pasqualino Piu, Alessandro Vacca, Maria Antonia Serra, Antonio Sini. Di queste vite, a Olbia, non c'è traccia: il lungo elenco delle vittime vi è solo a Livorno, imperitura testimonianza di quello che è stato e di ciò che non sarà mai. Questa mattina, a partire dalle 9:40, vi andrà in onda uno speciale su Rai 3 dedicato alla tragedia andrà in onda dal porto di Olbia. Che sia un'occasione di riflessione per tutti, soprattutto per le istituzioni: un monumento a memoria della tragedia del Moby Prince dovrebbe esserci anche qui. Elenco delle vittime: Abbattista Giovanni, 45, Macchinista Allegrini Stefano, 23, Passeggero Alves Sandrine, 24, Passeggera Amato Natale, 52, Motorista Ambrosio Francesco, 22, Passeggero Ambrosio Vittorio, 30, Passeggero Andreazzoli Marco, 28, Passeggero Averta Mariano Rocco, 36, Cameriere Avolio Antonio, 45, Ingrassatore Baffa Nicodemo, 52, Caporale macchinista Baldauf Gerhard, 27, Passeggero Barbaro Luciano, 24, Cameriere Barsuglia Luca, 24, Passeggero Bartolozzi Umberto, 48, Commissario di bordo Belintende Sergio, 31, Passeggero Bianco Gavino, 40, Cameriere Bisbocci Alberto, 20, Passeggero Bommarito Giuseppe, 43, Cameriere Botturi Adriana, 60, Passeggera Brandano Raimondo, 60, Passeggero Campo Antonino, 26, Marinaio Campus Giovanni Battista, 53, Ufficiale radiotelegrafista Campus Gianfranco, 21, Passeggero Canu Angelo, 28, Passeggero Canu Sara, 5, Passeggera Canu Ilenia, 1, Passeggera Caprari Alessia, 19, Passeggera Cassano Antonello, 25, Allievo ufficiale di macchina Castorina Rosario, 39, Primo ufficiale di macchina Cervini Domenico, 21, Cassiere Cesari Diego, 24, Passeggero Chessa Ugo, 54, Comandante Cinapro Graziano, 45, Passeggero Cirillo Ciro, 25, Piccolo di camera Ciriotti Tiziana, 22, Piccola di camera/Hostess assistente del commissario di bordo Congiu Giuseppe, 23, Passeggero Crupi Francesco, 34, Cameriere Dal Tezzon Antonietta, 47, Passeggera Dal Zotto Pasquale, 32, Passeggero D'Antonio Giovanni, 22, Giovanotto di coperta De Barba Mauro, 30, Passeggero De Caritat Beatrice, 31, Passeggera Defendenti Anna, 24, Passeggera De Gennaro Giuseppe, 29, Garzone di cucina De Montis Angelita, 23, Passeggera De Pretto Tatiana, 18, Cassiera Esposito Francesco, 43, Barista Falanga Nicola, 19, Garzone di cucina Farnesi Cristina, 22, Cassiera Ferraro Sabrina, 20, Commessa della boutique di bordo Ferrini Carlo, 32, Passeggero Filigheddu Maria, 40, Passeggera Filippeddu Giovanni, 46, Passeggero Fondacaro Mario, 57, Primo cuoco Formica Maria Giovanna, 51, Passeggera Fratini Bruno, 34, Passeggero Frulio Ciro, 18, Piccolo di camera Fumagalli Andrea Alfredo, 23, Piccolo di camera Furcas Daniele, 33, Passeggero Fusinato Angelo, 58, Passeggero Gabelli Antonino, 72, Passeggero Gasparini Giuseppe, 62, Passeggero Ghezzani Maria Giulia, 57, Passeggera Giacomelli Piera, 55, Passeggera Giampedroni Lido, 29, Secondo ufficiale Gianoli Giorgio, 29, Passeggero Giardini Priscilla, 23, Cassiera Giglio Alessandra, 26, Passeggera Gnerre Erminio, 29, Passeggero Granatelli Giuseppina 27, Passeggera Guida Gerardo, 23, Mozzo Guizzo Gino, 52, Passeggero Ilari Salvatore, 31, Secondo ufficiale di macchina La Vespa Gaspare, 31, Terzo ufficiale di macchina Lazzarini Giuseppe, 32, Passeggero Lazzarini Romana, 22, Passeggera Lipparelli Raffaela, 50 Manca Giuseppe, 48, Motorista Marcon Maria, 83, Passeggera Martignago Giuseppina, 46 Massa Angelo, 30, Marinaio Mazzitelli Francesco, 56, Dispensiere Mela Maria, 44, Passeggera Minutti Giovanni V., 50, Passeggero Molaro Gabriele, 35, Passeggero Mori Aldo, 52, Passeggero Mura Paolo, 34, Medico di bordo Padovan Giovanna, 54, Passeggera Padula Aniello, 44, Marinaio timoniere Pagnini Vladimiro, 59, Passeggero Paino Vincenzo, 34, Garzone di camera Parrela Maurizio, 15, Piccolo di camera Pasqualino Ignazio, 36, Secondo cuoco Paternico Rosana, 43, Passeggera Perazzoni Arnaldo, 28, Passeggero Perez De Vera Luigi, 24, Garzone di camera Pernice Rocco, 41, Cameriere Picone Arcangelo, 34, Terzo ufficiale Piu Pasqualino, 28, Passeggero Porciello Pasquale, 23, Marinaio Prini Silvana, 38, Passeggera Prola Mauro, 27, Maitre Regnier Bernard, 53, Passeggero Rispoli Liana, 29, Commessa della boutique di bordo Rizzi Monica, 27, Passeggera Rizzi Umberto, 47, Passeggero Rizzo Salvatore, 29, Elettricista Rodi Antonio, 41, Cameriere Romano Rosario, 24, Macchinista Romboni Cesare, 56, Passeggero Roncalbati Amelio, 54, Passeggero Rosetti Sergio, 52, Motorista Rota Vania, 22, Piccola di camera Saccaro Ernesto, 50, Passeggero Saccaro Ivan, 17, Passeggero Salsi Giuliano, 41, Passeggero Salvemini Nicola, 35, Cameriere Sansone Massimo, 26, Passeggero Santini Roberto, 53, Direttore di macchina Sari Gianfranco, 39, Passeggero Scano Salvatore, 73, Passeggero Sciacca Giuseppe, 53, Primo ufficiale Scuotto Mario, 31, Marinaio Serra Maria Antonia, 54, Passeggera Sicignano Gerardo, 34, Elettricista Simoncini Maria Rosa, 25, Passeggero Sini Antonio, 42, Passeggero Soro Gabriella, 29, Passeggera Stellati Mara, 44, Passeggera Tagliamonte Giovanni, 36, Marinaio Timpano Giulio, 29, Garzone di camera Trevisan Ranieri, 30, Passeggero Trevisan Rino, 58, Passeggero Tumeo Francesco, 58, Cameriere Vacca Alessandro, 37, Passeggero Vidili Raimondo, 22, Passeggero Vigerelli Giuliano, 44, Passeggero Vigliani Carlo, 31, Cameriere Vinattieri Roberto, 44, Passeggero Vitiello Ciro, 31, Cameriere
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