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Tra le rocche e precipitose balze, guarnite di varie grotte:  Cala Greca

Tra le rocche e precipitose balze, guarnite di varie grotte:  Cala Greca
Tra le rocche e precipitose balze, guarnite di varie grotte:  Cala Greca
Mario Spanu Babay

Pubblicato il 20 February 2016 alle 11:36

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A sud di Capo Figari si trova la nascosta Cala Greca, pare che il toponimo sia legato alla sua posizione: la cala posta a grecale della più nota e frequentata Cala Moresca. Lo storico Benito Spano invece lo mette in relazione «[,..] con la presenza in antico di un edificio di culto che credesi eretto e officiato da religiosi di rito bizantino»(1). Di diverso avviso è il Panedda. Unatestimonianza raccolta sul posto gli ha confermato che «Il topònimo in esame evocherebbe il naufragio, presso Cala Greca, di un piroscafo di nazionalità ellenica. Tale naufragio risalirebbe al 1888»(2). Quanto asserisce lo Spano è molto probabile e condivisibile anche se, a tutt'oggi, non si sono trovate vestigia di monumenti bizantini. È priva di ogni fondamento invece la testimonianza raccolta dal Panedda visto che di tutti i velieri naufragati nei paraggi di Capo Figari nessuno batteva bandiera greca o ellenica che dir si voglia. L'origine del toponimo di questa bella cala è probabile che sia un'altra. Con gli scarsi documenti disponibili tentiamo di darle una spiegazione. L'ingegnere militare Felice De Vincenti, dall'autunno del 1720 alla primavera del 1721, esegue un sopralluogo sulle coste solitarie della Sardegna per conoscere meglio lo stato delle fortificazioni costiere, dei porti e degli approdi dell'Isola. La relazione che ne scaturisce è una testimonianza straordinaria che ci può aiutare a definire più precisamente l'origine del "nostro" toponimo. Di Capo Figari De Vincenti descrive le «rocche e le precipitose balze, guarnite di varie grotte», che «piombano sul lido con fondo prodigioso» e «circondano tutto il Capo fino alla Cala de' Greci...» (3). Il De Vincenti non usa, perché suona male, la preposizione articolata "degli" (Cala degli Greci) usa invece la preposizione "dei" con la "i" elisa: "de' Greci"; forse più armoniosa. Ma che cosa era la grecità a cui si riferiva? Vuole forse dirci che quella cala era particolarmente visitata da qualcuno o qualcosa digenere "greco"? Attorno al 1570 il navigatore genovese Gerolamo Azzurri, pilota al servizio del Doria, nel suo portolano registra che «l'Isola de Teulara è bonissimo loco per stanzia di vascelli, tanto grechi come lattini... » . ln entrambi i casi sia il De Vincenti come pure l'Azzurri, che sono molto esperti di cale, porti o luoghi atti al riparo dei velieri, ci portano una interessante testimonianza. L'Azzurri ci conferma che esistevano tipi di vascelli sia "grechi come lattini" pertanto è inconfutabile come la grecità o la latinità (sic!) siano riferite all'attrezzatura velica dei legni che vi sostavano e non alle nazionalità della loro appartenenza, specialmente nel caso citatoda Gerolamo Azzurri. Il brano citato dal De Vincenti è meno facile da decifrare, ma non impossibile, il genitivo "de' Greci" è molto eloquente. Tenuto conto che la cala non è idonea per riparare al sicuro i velieri dal maltempo, è pensabile che i vascelli sostassero lo stretto necessario per portare a termine un qualche lavoro subacqueo o forse di superficie. Al pari dell'Azzurri anche il De Vincenti non vuole dirci qualcosa di diverso, vuole indicarci il tipodi vele delle imbarcazione che usavano sostare in quella cala. Sappiamo che solcavano il mare i velieri "lattini", e che esistevano anche i velieri "grechi" (sic!). L'armamento della vela "latina" ancora oggi è molto diffusa in Sardegna, quella "greca" è scomparsa del tutto dal nostro mare; forse qualche imbarcazione naviga ancora nel mare Ionio. Nel mare Adriatico si preferisce l'armamento "al terzo" che rassomiglia vagamente alle vele "greche". Forse il toponimo "Cala de' Greci" nasce in un particolare periodo di intenso traffico di imbarcazioni con questo tipo di velatura, il tempo, successivamente, trasforma il toponimo in Cala Greca. Questa la più plausibile e più ovvia origine del toponimo figariano. Ma chi erano questi marinai che navigavano il mare con imbarcazioni attrezzate con invelatura "greca" e che sovente davano fondo nella piccola cala? Greci che pescavano spugne nei fondalidella Cala? Oppure pescatori levantini che strappavano il corallo alle scogliere e le aragoste dai luminosi fondali di Capo Figari? Non lo sapremo mai, perché mai nessuno dei nostri vecchi ci ha testimoniatofrequentazioni della marineria greca lungo le pendici del Monte. Semmai in passato ci sono state, queste sono avvenute quando "Figari" era ancora spoglio di popolazione e nessuno poteva rendersi conto della presenza di vascelli "grechi", solamente chi navigava al largo poteva rendersi conto della loro presenza, ecco perché vengono notati dai summenzionati navigatori. Alle spalle di Cala Greca si trova un valloncello, silenzioso e appartato, facilmente raggiungibile da terra, che digrada verso il mare esposto alle mareggiate del greco-levante Qui si trova unpiccolo camposanto conosciuto da sempre come il "cimitero degli inglesi" ( evidenziato in rosso nella foto). Continuamente visitato dalla gente, specialmente nelle assolate e tiepide giornate primavili, il cimitero custodisce 13 tombe, una piccola ara e un parallelepipedo di forma piramidale, poco più alto di un metro, sormontato da due tronchi di ginepro chiodati a formare una croce. Sul lato esposto a nord della piramide vi è murata una lapide in marmo, posta nel 1891 dagli equipaggi della "Navigazione Generale Italiana" - società che allora gestiva in concessione la linea marittima Golfo Aranci- Civitavecchia - per ricordare i cinque marinai che perirono nelnaufragio del veliero ligure "Generoso II", raccolti sulla riva del mare di Cala Greca e qui sepolti nel 1887. (5) cALA gRECA_CIMITERO_INGLESI Il nome di "cimitero degli inglesi" gli deriva dal fatto che la gente crede che sotto quelle croci riposino solo ed esclusivamente i corpi di marinai inglesi naufragati al Capo Figari. Ad indurli inerrore è la grande croce celtica, posta sulla tomba di un militaredella marina di sua Maestà britannica. la quale, essendo la più grande e la sola chiaramente leggibile, campeggia su tutte le altre piccole e anonime croci del camposanto. Nessuno sa che il marinaio che vi è sepolto è il solo inglese tumulatovi, gli altri sono marinai italiani periti in diversi naufragi avvenuti nel corso degli anni dei secoli passati. Ma non solo, una testimonianza attendibilissima ci conferma che tra quelle tombe ci sono anche quelle di alcuni golfoarancinidi cui, purtroppo, si sono perduti i nomi e la precisa ubicazione della sepoltura. Un'altra testimonianza ci conferma che trent'anni or sono furono riordinate le croci, nell'occasione si contarono 22 tumuli. Il vecchio Antonio Sale, per oltre sessant'anni "custode" di Cala Moresca, in una lunga intervista registrata il 25 aprile 1990 ci confermò resistenza di 18 tumuli, compreso quello del marinaio inglese, rimarcandomi la certezza del suo chiaro ricordo. Credo più accettabile la seconda testimonianza successivamente confermata, quasi per intero, dalla signora Lisetta Ogno in Spano nel novembre del 1996, in occasione della Messa che qui si celebra ogni anno in suffragio delle anime dei naufraghi. La signora, che in gioventù aveva abitato per lungo tempo a Punta Filasca, nelle casermette della batteria da costa "L. Serra", mi raccontò che spesso si recava a Cala Greca insieme alla sorella, scendevano dalla collina e, per le loro escursioni, seguivano il sentiero che attraversava il cimitero e conduceva alla riva del mare. A suo giudizio erano andati perduti numerosi tumuli, non ne aveva mai dimenticato la loro ubicazione e ricordava benissimo la posizione di almeno due tombe, indicandomi addirittura il punto preciso e il giusto orientamento, che sono: la 14 e la 15 come riportato nella mappa. Se la signora ne ricordava ancora quattro, e visto che attualmente le tombe sono 13 in tutto, è facile arguire che i tumuli erano al massimo 17, oppure 18 come diceva Antonio Sale. Sicuramente non erano 22. È certo comunque che di numerositumuli sono andate disperse le pietre e con esse si è smarrita ogni traccia per poter ricostruire la precisa posizione delle tombe. A disperdere i sassi ha contribuito il bestiame che, perlunghi anni, nel valloncello ha pascolato allo stato brado. Forse gli animali invadevano periodicamente il cimitero, non protetto da nessuna recinzione e, con il continuo calpestio, hanno disperso il poco pietrame che copriva le quattro o cinque (oppure nove?) tombe scomparse. Non è difficile pensare che un aiuto lo abbiano dato anche gli uomini. Purtroppo le testimonianze sono tra loro contrastanti. È certo però che i tumuli erano più numerosi degliodierni 13, quanti non lo sapremo mai con certezza.Sino ai primi anni Sessanta a Cala Greca vi era in produzione una cava dove si estraeva la pietra calcarea destinata alle fornaci. Nei pressi del cimitero erano state costruite, una poco distante dall'altra, due casupole in muratura: in una viveva il guardiano della cava, che era anche il custode della polveriera, nell'altra era conservato l'esplosivo. La polveriera era protetta dai fulmini con lagabbia di Faraday (una specie di rete a larghe maglie, costruita in piattina di rame, messa a terra) per proteggerla dalle pericolose scariche elettriche atmosferiche. Nessuno più del vecchio Antonio Sale poteva parlarci di Capo Figari e delle sue vicende svoltesi negli ultimi settant'anni. Vi era arrivato da Galtelli, giovanissimo, insieme ai genitori, i quattrofratelli e una sorella. Furono alloggiati per un breve periodo nei locali adiacenti la villa Tamponi, in sèguito tutta la famiglia si trasferì nel piccolo "stazzo" di Punta Filasca, non prima di averportato a termine il forno per cuocere il pane. Alle dipendenze della famiglia Tamponi visse il resto della sua vita, svoltasi tra l'isola di Molara (una breve parentesi) e Cala Moresca, sino alla sua morte. Di Capo Figari, delle sue balze, delle scogliere, delle cale che lo circondano ne conosceva tutti i segreti. Con la simpatica maniera che aveva di esporre i fatti mi raccontò che in gioventù, nonostante il divieto impostagli dai genitori, insieme al fratello Marc' Antonio erano soliti andare a giocare tra le tombe del piccolo cimitero, per dimostrare l'uno all'altro il proprie coraggio. «Giocavamo tra le tombe e le croci, sapevano bene com'era o disposte, quante erano, dove erano. Mi nascondevo dietro l'altarino e tiravo le pietruzze a mio fretello Marc' Antonio per farlo spaventare, ma lui non aveva paura. Per arrivare al mare della piccola Cala seguivamo il sentiero, passavamo presso il cimitero, oppure lo attraversavamo addirittura, più per curiosità eper gioco per vera necessità». l primi morti ad essere sepolti a Cala Greca furono marinai naufragati in quel braccio di mare. Successivamente il piccolo cimitero dei naufraghi divenne anche il cimitero dei primi golfoarancini e, all'occorrenza, dei forestieri che rendevano l'anima a Dio in terra di "Figari" come, per esempio, il marinaio inglese. Pasquale Cugia, un viaggiatore dell' Ottocento, tra i pochi "servizi" esistenti al "Golfo degli Aranci" citò un piccolo cimitero posto nella pittoresca "Cala di Greca", gli altri "servizi", che rendono civile una comunità, erano inesistenti. Il cimitero era indispensabile alla borgata, isolata e priva com'era di collegamenti con il resto della GaIlura. Figari " cresceva ma era abbandonata a se stessa: era nient'altro che un gruppo di casupole costruite in riva al mare, nei pressi della banchina del porto, per alloggiare pochi operai e qualche pescatore. Da quando lo scalo del piroscafo era stato trasferito al "Golfo degli Aranci" la frazione era negletta, gli eraostile Terranova, (Olbia) contraria alla costruzione non solo del cimitero, che era un servizio dovuto, ma ad ogni altra infrastruttura che ne facesse, anche se minuscolo, un paese civile. Ma le ostilità verso "Figari" crescevano col crescere della sua importanza e del numero dei suoi abitanti e la borgata, ormai una realtà nei trasporti isolani in continua espansione, era una pericolosa concorrente. La gran parte del traffico merci e dei passeggeri ormai passava da qui. Costruirvi un cimitero voleva dire riconoscergli uno status di comunità quasi autonoma, sicuramente integrata nel Comune di appartenenza, con precisi doveri, titolare però di fondamentali diritti. Ma Terranova non voleva sentire parlare di "Figari" né tantomeno spendere fondi o istituire servizi o altro che ne accrescesse l'autonomia e, soprattutto, l'importanza. Dei 13 morti sepolti a Cala Greca oggi si conoscono solamente due nomi: quello del marinaio inglese, a cui dedicherò il mio prossimo articolo, e quello di un certo Paolo Deiana sepolto nel tumulo N.2 della mappa, posto nei pressi del piccolo altare. Degli altri, il tempo e l'incuria degli uomini hanno cancellato ogni traccia. Dei rimanenti undici tutto è andato perduto, nessuno ricorda più niente, siamo nell'oscurità totale. Però a Golfo Aranci è diffusa una storia. Si racconta che Paolo Deiana, caduto in mare mentre era intento adormeggiare una nave, morì travolto dalle cliche del piroscafo. Si dice pure che appartenesse ai Deiana di Terranova, famiglia molto nota perché annovera tra i suoi componenti ottimi marinai e capaci palombari. Di questa numerosa famiglia, chi più chi meno, tutti avevano navigato i mari del mondo, Schirìa era il loro soprannome, che in lingua italiana vuole dire Asfodelo. Pare che un loro antenato, Pietro, andasse in giro a raccogliere steli secchi di asfodelo per accendere il fuoco del camino, da qui il soprannome. cala greca005Altri mi hanno testimoniato che i Deiana Schirìa avevano una caratteristica fisica particolare: erano di bassa statura (alti come una pianta di Asfodelo). Ho cercato notizie attraverso i numerosi componenti di questa ramificata famiglia che ad Olbia, come pure a Golfo Aranci, ancora oggi annovera molti discendenti, alcuni dei quali anziani, ma lucidi nella memoria e certamente in grado di poter ricordare il Paolo Deiana (probabile loro parente) travoltodalle eliche, oppure di ricordare il tragico avvenimento, semmai fosse vero, in cui perdette la vita. Interrogati uno ad uno, nessuno di essi mi ha saputo dare più precise indicazioni o confermare relazioni di parentela con il Paolo Deiana sepolto a Cala Greca. Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che fosse "rudalzino". Secondo quanto ricordava Antonio Sale, il Deiana era un "Terranovese", come tanti altri giunti a "Figari" alla fine del 1800 per lavorare nell'ambito del porto. Altro non è stato possibile sapere. © Mario Spanu Babay ,FIGARI Storie del golfo e di Golfo Aranci, Editrice Taphros, 2004. (1) B. Spano , La Grecità bizantina e i suoi riflessi geografici nell'Italia meridionale e insulare, Pisa, 1965, nota 76, pag. 107. (2) D. Panedda, I Nomi Geografici dell' Agro Olbiese, Sassari,1991, pag. 100. (3) A. Argiolas e A. Mattone, inDa Olbìa ad Olbia..., op. cit., pag.131. (4)A. Argiolas e A. Mattone, in Da Olbìa ad Olbia..., op. cit., pag.135. (5) P.Cugia, Nuovo Itinerario dell'Isola di Sardegna, Ravenna, 1892, pag. 410.