Tuesday, 13 May 2025
Informazione dal 1999
Pubblicato il 18 June 2022 alle 06:00
Olbia. In Sardegna pochi laureati, pochissimi scienziati ed ancora troppi NEET (giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano): è quanto emerge dall’analisi dei dati riportati dal reporto sull’Economia della Sardegna (Crenos). Secondo i parametri stabiliti dalla Commissione Europea, entro il 2020 almeno il 40% dei giovani tra i 30 e i 34 anni avrebbe dovuto essere in possesso di un titolo universitario o equivalente. Per il 2020, l’Eurostat rileva che il 41% dei giovani a livello comunitario (UE27) ha raggiunto l’obiettivo programmato, ma nonostante il traguardo raggiunto, a livello regionale esistono notevoli differenze.
Per quanto riguarda la percentuale di giovani laureati sulla popolazione della stessa classe di età, per gli anni 2016 e 2020 nei 27 paesi dell’Unione e la Sardegna, quest’ultima è molto lontana dagli obiettivi programmati, registra solo il 25,1% di giovani laureati, e benché l’indicatore sia aumentato notevolmente (+4,8 punti percentuali dal 2016), i dati degli ultimi anni mostrano una crescita altalenante e insufficiente a far convergere l’indicatore verso i valori delle altre regioni. La Sardegna risulta 210ma sulle 231 regioni nell’Europa a 27 membri per le quali il dato è disponibile: nel contesto nazionale fanno peggio solo Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Insieme all’Italia (27,8%), altri paesi periferici risultano al di sotto dell’obiettivo programmato per il 2020: in coda alla classifica appaiono Romania (26,4%), Ungheria (33,2%) e Bulgaria (33,3%).
L’analisi delle differenze di genere permette di definire in maniera più precisa la dinamica di questo indicatore in Sardegna. Entrambi i generi hanno evidenziato un miglioramento dal 2016 al 2020: le donne passano dal 26,1% al 29,6% (+3,5 punti percentuali) mentre gli uomini dal 14,8% al 20,9% (+6,1 punti), ma l’indicatore appare alternare trend crescenti e decrescenti, influenzati quindi sia da componenti congiunturali che da fenomeni migratori di brain-drain.
Nel 2020 in Sardegna gli scienziati sono il 4,2% della popolazione attiva, 211ma regione su 237 dell’UE27 per le quali il dato è disponibile. Il dato della Sardegna è lievemente inferiore rispetto a quello dell’Italia (4,6%) ed in forte ritardo rispetto alla media europea (7,2%). Basse percentuali di questo indicatore sono comuni alle regioni ultraperiferiche dell’Europa, come i territori francesi extraeuropei e alcune regioni della Grecia e dell’Ungheria. Al contrario, una nutrita presenza di scienziati e ingegneri sul territorio è un chiaro indicatore di alta competitività regionale, fenomeno che spesso si associa alla agglomerazione economica e alla concentrazione di attività innovativa in cluster specializzati: è il caso delle regioni centrali e del nord Europa, che godono di effetti di spillover tecnologici grazie alla prossimità geografica a tali cluster, oltre che delle regioni riferibili alle capitali, sedi di molte università e centri di ricerca nazionali.
In Sardegna l’8,6% degli adulti è impegnato in attività di long-life learning (contro il 9,2% della media UE27), dato stabile negli ultimi 4 anni, ma inferiore al picco del 2016 (era il 9,9%). L’Italia registra una partecipazione inferiore (7,2%), mentre il Mezzogiorno appare in netto ritardo. L’Isola è la 123esima regione su 284 regioni dell’UE27, in Italia solo la Provincia Autonoma di Trento (10,8%), Emilia Romagna (9,2%), Liguria e Friuli Venezia Giulia (8,7%) fanno meglio, segno che il ritardo su questo indicatore è meno grave e che le politiche attuate, sebbene abbiano bisogno di maggiore impulso, sono ben coordinate.
L’analisi della componente di genere, per questo indicatore, conferma la maggior predisposizione del genere femminile nella partecipazione ad attività formative: nel 2020, il 10,2% delle donne adulte è impegnata in attività di long-life learning (7,1% degli uomini), dato pressoché stabile dal 2016 (0,2 punti percentuali), mentre una forte diminuzione si è avuta per la componente maschile (2,3 punti).
Considerando la classifica dell’Europa a 27, con il 12% di giovani che hanno abbandonato gli studi rispetto ad una media europea del 9,9%, la Sardegna è la130esima regione su 174 per le quali il dato è disponibile. Nell’ultimo anno l’Isola ha registrato un forte miglioramento su questo indicatore (era il 17,8% nel 2019), ma è sempre distante dalla media nazionale del 10,4% (0,9 punti percentuali rispetto al dato del 2019). Nonostante il trend della dispersione scolastica risulti altalenante negli ultimi 5 anni, questo indicatore sembra convergere ad un ritmo adeguato verso la media UE e gli obiettivi programmati.
Altro discorso riguarda i cosiddetti NEET, la percentuale di giovani disoccupati o scoraggiati dal contesto lavorativo, che non intraprendono percorsi di formazione che permettano un facile inserimento, sintomo di condizioni di impiego spesso difficili e numericamente scarse.
Con il 19,3% di NEET sulla popolazione di giovani tra i 15 e 24 anni, la Sardegna risulta in fondo alla classifica europea (181esimo posto su 199 regioni per il quale il dato è disponibile), lontana dalla media EU27 dell’11,1%. Anche l’Italia risulta soffrire dello stesso problema (la media nazionale è del 19%), con dati pessimi soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno: ancora una volta, la Sardegna e il Mezzogiorno condividono un contesto simile alle regioni extraperiferiche dell’UE, mostrando evidenti ritardi strutturali sulle politiche di sviluppo. Le regioni europee che soffrono meno il fenomeno dei NEET sono principalmente quelle centrali e settentrionali, con Paesi Bassi (4,5%) e Svezia (6,5%) in cima alla classifica.
12 May 2025
12 May 2025
12 May 2025
12 May 2025
11 May 2025
11 May 2025
11 May 2025
11 May 2025
11 May 2025
10 May 2025
10 May 2025