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Pubblicato il 11 May 2025 alle 11:00
Golfo Aranci. Domenica scorsa, presso la chiesetta della Madonna del Monte, si sono svolti i consueti festeggiamenti che ogni anno, nel mese mariano di maggio, la prima domenica, si tengono per tradizione in onore della Madonna. Una festa che da sempre unisce sacro e profano e che ha tanto da raccontare sulle radici storiche e le origini locali. Una storia dove l’immaginario collettivo e le leggende, nel tempo, si sono mescolate alle realtà dei fatti e sono state tramandate di generazione in generazione originando confusione. Ma Franca Gala, nota sul territorio per essere, oltre che un’instancabile volontaria attiva nel sociale sempre pronta ad offrire il suo aiuto alla fascia più vulnerabile della popolazione, anche una donna di cultura, diretta discendente della famiglia Deiana legata fin dalle origini alla storia della Madonna del Monte, ha condotto delle ricerche storiche approfondite per fare luce sulla nebbia che avvolge la storia di questa realtà tanto amata dagli abitanti di Porto Rotondo, Rudalza e Golfo Aranci. Una realtà che, purtroppo, spesso, sin dalle origini, è stata oggetto di contese e controversie. Un luogo mistico immerso nella natura reso testimone di conflitti più o meno espliciti che, lungo la storia, hanno disturbato la quiete e la pace, stonando con la spiritualità insita in questo angolo di paradiso.
Una leggenda, diffusa fino ai giorni nostri, narra che l’antica statua della Madonna, attualmente esposta nella chiesetta, venne trovata da alcuni pescatori lungo la riva di una spiaggia e che poi questa si sia materializzata in modo misterioso sulla collinetta nota oggi a tutti, appunto, con l’appellativo “della Madonna del Monte”. Questo affascinante racconto, che ha dell’incredibile, tramanda anche che, nonostante la statua fosse stata riportata a valle più volte, venisse ritrovata sempre nuovamente nella medesima locazione. Da qui, la credenza popolare, che, la Madonna, con quegli spostamenti miracolosi, volesse che la statua fosse collocata sul monte. Ma come sarà andata veramente? E quali gli aneddoti reali che si celano dietro le leggende popolari cariche di mistero, capaci di dare una spiegazione plausibile all’origine di queste storie? Per rispondere a queste domande ci viene in aiuto Franca Gala con la sua interessante ricerca.
Se è stato accertato infatti che l’antica statua della Madonna del Monte fosse in origine la polena di un’imbarcazione raffigurante la Madonna di Bonaria, non è d’altro canto plausibile che sia stata rinvenuta da pescatori, per il semplice fatto che, all’epoca, il territorio, era abitato solo da pastori. “Questa leggenda è arrivata fino a noi perché è stata fatta confusione con il naufragio di un veliero avvenuto nei pressi di Scialonga dove, i Viareggini, intestarono un’edicola al Sacro Cuore” chiarisce Gala.
La storia della Madonna del Monte, infatti, comincia molto prima di questo avvenimento dato che le sue origini risalgono al lontano 1700. Testimonianza ne sono le pietre che adornano i dintorni della chiesa nella costruzione delle prime cumbassie. Franca Gala, che con le sue ricerche iniziate un po’ per passione un po’ per senso di appartenenza familiare, è venuta a conoscenza di una realtà storica poco nota, per rendere partecipe delle sue scoperte la comunità, informa: “Alla fine del 1781 i Borboni tolsero la Sicilia ai Savoia, dando loro in cambio la Sardegna. Questi, non conoscendo l’isola, diedero l’incarico ai due prelati Angius e Casalis di compilare un dizionario storico statistico e geografico di Sua Maesta Re di Sardegna, per scrivere la “Celebre Storia di Sardegna”. I due, aiutati dal Giudice di Alghero Giuseppe Manno, realizzarono ben 28 volumi per esaurire l’argomento".
"Riguardo la nostra storia, della Madonna del Monte, è importante evidenziare che, questi prelati, giunti in Gallura, scrissero che trovarono sull’altura di un monte un’edicola dedicata alla “Madonna di Monte Figari”, la cui festa veniva celebrata la prima domenica di maggio, in apertura di tutte le altre feste della Gallura. Secondo ciò che riportarono Angius e Casalis, inizialmente non si trattava di una vera e propria festa religiosa: la messa era assente, ma si recitava una novena popolare in occasione del grande mercato che durava più di una settimana. Essendo una zona contadina si vendevano bestiame e frutti della terra. Quando, a causa di una ribellione da parte degli abitanti nei confronti dell’autorità iniziò il banditismo, i Savoia emisero un decreto che tutelava i perseguitati dalla giustizia secondo il quale, chiunque si fosse rifugiato presso alcuni luoghi sacri prestabiliti, non sarebbe stato arrestato. La piccola edicola della Madonna di Figari, in linea d’aria il luogo sacro più vicino all’approdo dei banditi corsi di Porto Rotondo, divenne dunque rifugio per i perseguitati dalla giustizia. E li iniziarono a incontrarsi le varie famiglie del territorio: per i matrimoni, o per le faide. Da lì a breve vennero costruite anche le cumbassie e, i miei antenati, gli abitanti di Monte Ladu, furono tra i primi ad edificarle. Probabilmente, per costruirle, utilizzarono le pietre appartenenti ad un castello nominato dai due prelati ubicato in quella zona, risalente all’epoca del Castello di Pedres, di cui non si è mai trovata traccia”.
Anche durante la Seconda Guerra Mondiale la chiesetta venne utilizzata come rifugio. Dopo che i tedeschi diedero tutto alle fiamme bruciando il tetto, le famiglie che da sempre si erano occupate della Madonna del Monte, tra cui l’antica famiglia di Franca Gala, quella dei Deiana, oltre a rifare il tetto, decisero anche di ingrandire l’edicola, allungando la chiesetta per darle la forma che conosciamo oggi. Nel 1970 poi, gli abitanti di Porto Rotondo con l’aiuto delle imprese locali, essendo ancora il posto appartenente al comune di Olbia, iniziarono ad asfaltare il percorso che collegava la strada extraurbana alla chiesa. Solo nel 2005, grazie all’iniziativa del parroco storico di Golfo Aranci don Finà, si completò questa operazione.
“Ci tengo a ringraziare la famiglia Tamponi che, sin dalla promulgazione della legge delle Chiudende con la quale è diventata proprietaria di quei terreni, ci ha sempre permesso di continuare a frequentare e ad essere i custodi di un posto per tutti noi così carico di ricordi e che ci lega alle nostre origini, riconoscendo la presenza nel posto dei nostri antenati da sempre” rimarca Franca.
Durante il corso della storia sia la chiesetta sia la festa di Nostra Signora del Monte hanno avuto una grande evoluzione. Racconta ancora Franca: “Ricordo che da bambina la festa della Madonna del Monte rappresentava per me un momento tanto atteso e pieno d’entusiasmo. Adoravo vedere le persone ballare ai festeggiamenti e le donne cucinare per gli ospiti durante i giorni che si stava accampati nelle cumbassie. Poi, di anno in anno, anche le tradizioni originarie, tra cui il suono della fisarmonica come richiamo per gli abitanti a valle, sono andate perdute o comunque sostituite. Anche la tipica pecora in cappotto è, per esempio, una tradizione recente. Il mio intento, rendendo note queste scoperte fatte spinta dalla curiosità di indagare sulle mie origini, è quello di recuperare la memoria delle nostre tradizioni e di omaggiarla trasmettendola alle nuove generazioni affinché il ricordo non vada perduto e queste non si disaffezionino ad una realtà ricca di storia identitaria e di bellezza come quella della Madonna del Monte. Penso che sia importante portare avanti le tradizioni in quanto chi non conosce le proprie radici non può scrivere il futuro”.
Nonostante il Comitato della Madonna del Monte negli anni sia sempre stata una realtà attiva sul territorio, ad oggi questo risulta inesistente e, ci è stato confermato, la sua costituzione verrà resa nota a breve. Ma al di là delle realtà ufficialmente riconosciute, Nostra Signora del Monte può sempre contare sulla devozione dei fedeli che, ogni anno, si riuniscono in suo onore per festeggiarla. E Franca Gala ne è un esempio in quanto, pur non avendo mai avuto incarichi ufficiali, si è sempre prodigata nell’organizzazione della festa, sia per devozione, sia per continuità familiare. Sulle orme di suo papà che nel lontano 1929 fornì alla chiesetta la prima campana in bronzo, Franca, per grazia ricevuta dopo la guarigione da una brutta malattia, costruì infatti di fronte alla chiesa, insieme all’amica Emma Cruciani, la grande croce – inizialmente illuminata - che noi tutti conosciamo.
Un posto meraviglioso insomma, quello della Madonna del Monte; una realtà che merita di essere conosciuta, tramandata e vissuta per la sua spiritualità e per la storia identitaria che rappresenta. Un luogo che, seppur negli anni sia stato fatto oggetto di dispute, può oggi rappresentare il punto d’unione tra comunità diverse che, in modi differenti, restano collegate alla sua storia e, ancora oggi, la stanno scrivendo.
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