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Pubblicato il 26 October 2015 alle 18:19
Olbia, 26 Ottobre 2015 - Alzi la mano chi non ha odiato l'amico vegano che, di fronte a un panino al salame, vi ha messo in guardia contro i possibili effetti nocivi di tale insaccato. E alzi la mano chi non ha bollato quel, spesso non pacato, avvertimento come la farneticazione di un matto mangia-erba fricchettone.
Ebbene, oggi l'odiato mangia-erba fricchettone gongola perché l'OMS gli dà ragione: la carne lavorata, rossa o bianca ha poca importanza, è stata inserita nell'elenco delle sostanze certamente cancerogene.
La notizia ha fatto il giro del mondo e ha colpito al cuore tutti gli amanti delle note eccellenze italiane come il Prosciutto di Parma, la Mortadella di Bologna, il Culatello, ma anche la saporita salsiccia sarda e i popolarissimi wurstel di germanica tradizione. Per non parlare di tanti prodotti industriali a base di pollo.
L'inserimento della carne lavorata (che comprende i metodi tradizionali, come la salatura, e quelli "industriali", come i conservanti) è stato fatto dalla IARC, cioè l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sui Tumori che fa capo all'Organizzazione Mondiale della Sanità. La "pericolosità" della carne (lavorata e non lavorata) è oggetto di studio da diverso tempo e la IARC ha potuto analizzare ben 800 studi in materia prima di compiere questo passo e inserire così la salsiccia e il salame nel Gruppo 1 (Sostanze più Pericolose per l'Uomo).
Se la carne lavorata è cancerogena, la carne alla piastra è salutare? A questa domanda, la IARC non risponde, ma mette una "pulce nell'orecchio". La carne rossa "non lavorata", cioè fresca o cucinata nella maniera normale (alla piastra, in padella, al forno, etc), è stata inserita nel Gruppo 2, cioè nell'elenco delle sostanze probabilmente cancerogene. Quindi il Porcetto Sardo, il Cosciotto d'Agnello, la Fiorentina e lo Zimino non possono dirsi al riparo dalla crociata salutista.
Tornando alla carne lavorata, secondo i dati estrapolati dagli studi epidemiologici compiuti, ogni 50 grammi di carne lavorata ingerita ogni giorno aumenta del 18% il rischio di contrarre il cancro al colon retto. Una patologia, questa, piuttosto comune in Italia. A livello assoluto, il rischio individuale rimane minimo, ma questo aumenta all'aumento del consumo di carne lavorata.
Altri dati interessanti, ma sui quali bisognerà studiare ancora, riguardano il cancro al pancreas e il cancro alla prostata per i quali sono state osservate associazioni con la carne non lavorata: manzo, maiale, agnello, vitello, montone, cavallo e capra. Questo legame, benchè osservato e ritenuto forte dagli studiosi, è ancora troppo limitato per poter dire con certezza che c'è un principio di causa-effetto tra cancro e carne rossa non lavorata.
In ogni caso, la IARC non si è espressa sul tipo di dieta da adottare e non ha mai affermato che le diete a base di vegetali sono da preferire o sono migliori. Per ora la IARC consiglia di mangiare meno carne possibile. Le dosi consigliate sono di 100/300 gr a settimana. Per contro, se la IARC non dà consigli di dieta, lo fa l'Associazione Italiana di Oncologia Medica che consiglia a tutti di preferire (e di corsa) la dieta mediterranea che è a base principalmente di cereali, legumi, ortaggi, formaggi della tradizione e poca carne (bianca e rossa). Insomma, alla fine il Porcetto e lo Zimino non sono in discussione - ma converrà (forse) mangiarne meno.
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