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Olbia, randagismo: la lotta della Lida contro l'ignoranza

Tra abbandoni e ricatti di fa le cucciolate casalinghe

Olbia, randagismo: la lotta della Lida contro l'ignoranza
Olbia, randagismo: la lotta della Lida contro l'ignoranza
Camilla Pisani

Pubblicato il 27 January 2021 alle 06:00

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Olbia. l randagismo canino e felino, una piaga costante, l’indice di una clamorosa inciviltà che ancora nel 2021 non accenna a diminuire. Soprattutto nel Sud Italia il problema è evidentissimo e sono tantissime le associazioni che tentano di farsene carico: sul nostro territorio, Lida Olbia è uno dei punti di riferimento più conosciuti. Da anni ormai, l’associazione conduce una lotta donchisciottesca contro il mulino a vento del randagismo: “sino a quando i proprietari non capiranno l’importanza della sterilizzazione, questa sarà una falla che non si chiuderà mai. Il problema, infatti, non nasce dai randagi – spiega Cosetta Prontu di Lida Olbia – ma dai cani di proprietà non sterilizzati, che danno vita a cucciolate che vengono abbandonate. Queste persone commettono il crimine più efferato, abbandonare creature indifese, che siano cani o gatti. Dal momento che si adotta o compra un animale, ce ne si dovrebbe assumere la responsabilità, sterilizzandolo. Diversamente, le cucciolate domestiche continueranno ad esserci e ad essere abbandonate al loro destino, anche appena nate. La mancata sterilizzazione è un grande segno di ignoranza e inciviltà”. Il nucleo del problema va quindi individuato non negli animali, ma nei loro proprietari che si rifiutano di procedere alla sterilizzazione, creando così un circolo vizioso capace di moltiplicarsi alla velocità della luce. Ad accogliere i nuovi randagi sono spesso i rifugi, tra cui quello della Lida, che oltre ad occuparsi di trovare una famiglia a tutte le creature ospiti, ne cura anche la salute e spesso la stessa sterilizzazione. Questo però rischia di dare luogo ad una sorta di ricatto morale tra proprietari e volontari: “spesso mi chiamano dicendomi di avere avuto una cucciolata casalinga, e di volerla portare da noi al rifugio, e di fronte alle mie perplessità relative alla modalità di gestione della cosa – continua Cosetta Prontu – ricevo risposte terribili, in cui mi si fa presente che o accolgo gli animali o questi verranno ammazzati. Questo è indice, oltre che di una mancanza di empatia nei confronti dell’animale, anche di una forte ignoranza che porta a considerare un cane alla stregua di un oggetto, di cui disporre o liberarsi a piacimento, secondo convenienza. Purtroppo basterebbe farsi un giro al rifugio per assorbire e partecipare del dolore degli animali vittime di maltrattamenti, per comprendere quanto questa scarsa considerazione che gli viene riservata li condanni ad una infelicità indicibile. Il crimine nei confronti di un animale è, secondo me, il tirocinio del crimine nei confronti di un essere umano, e questo la dice lunga su questi atteggiamenti”. C’è chi desidera un cane per tenerlo in campagna, come deterrente per la guardia, a guisa di antifurto; chi lo prende per la caccia, come fosse un’arma; chi ne adotta uno o più solo per togliersi lo sfizio di possedere un pelouche vivente. Ma quest’attitudine è il seme della violenza: un animale maltrattato è certamente un animale non curato, quindi non sterilizzato; e qui ricomincia il circolo delle cucciolate abbandonate. “È necessario anche, in fase pre affido, fare dei controlli approfonditi, per capire come verrà trattato l’animale. Non è sufficiente trovare qualcuno che lo voglia, ma bisogna capire anche perché lo vuole. Affidare gli animali sempre microchippati è un passo importante per poterli poi rintracciare in caso di abbandono – spiega la volontaria Lida Olbia – ma quello che è davvero fondamentale è riuscire a cambiare la cultura intorno al randagismo, cercando di sensibilizzare la popolazione sull’importanza assoluta della sterilizzazione”. Ma lo sforzo compiuto dalle associazioni non può essere compiuto in solitaria: è essenziale il supporto e l’iniziativa delle istituzioni, per poter arrivare a coprire in maniera capillare tutte le fasce di popolazione; ottimo sarebbe entrare nelle scuole, per formare una sensibilità al tema sin da piccolissimi. “Senza questa comunione di intenti, debellare il randagismo sarà difficilissimo, perché per molti il canile costituisce una sorta di discarica. Purtroppo ad oggi non esiste una legge specifica a tutela di queste povere creature, e questo è un vuoto normativo importante. Bisogna coinvolgere le scuole e le istituzioni, bisogna che si entri nei canili per capire come funziona, per comprendere quel dolore e avere lo stimolo a voler fare qualcosa, a voler cambiare quella mentalità così arcaica”, dice Cosetta Prontu. Nel 2020, il flusso di randagi si è mantenuto costante rispetto alle annate precedenti, ma è cambiato in positivo il numero delle adozioni: le volontarie della Lida Olbia sono riuscite ad organizzare l’adozione di circa ottocento animali: “dietro ad ognuna di queste adozioni c’è un lavoro immenso di ricerca e soprattutto attenzione, nell’interesse dell’animale. Quello che cerchiamo di fare è dare una casa a tutti, anche alle creature più anziane, con la sola eccezione dei casi in cui all’anzianità si legano problemi di salute ed è quindi sconsigliabile un cambio di ambiente, anche considerato che i cani più anziani non vengono tenuti in recinto, ma vivono a stretto contatto con noi, identificandoci come la loro famiglia”. Per svuotare i canili il percorso da compiere è quindi certamente quello della cultura della sterilizzazione: senza che questa diventi un’istanza di civiltà ben consolidata, sarà impossibile invertire la tendenza; alle istituzioni il compito di afferrare l’amo teso dalle associazioni, con l’obiettivo di sensibilizzare e salvare la vita a chi è più fragile ed indifeso, gli animali.