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Olbia, la musica tra parole, emozioni e significati: la notte di mezza estate all’Archivio Mario Cervo

Il cantautore Mino Mereu Pradia si racconta tra parole e musica

Olbia, la musica tra parole, emozioni e significati: la notte di mezza estate all’Archivio Mario Cervo
Olbia, la musica tra parole, emozioni e significati: la notte di mezza estate all’Archivio Mario Cervo
Barbara Curreli

Pubblicato il 27 July 2025 alle 13:00

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Olbia. L'Archivio Mario Cervo ospita nel mese di luglio 4 appuntamenti con i protagonisti della musica sarda. Si chiude in bellezza il 31 luglio con Mino Mereu Pradia che si racconterà tra atmosfere mediterranee e jazz con "Notas de mes'istiu" canzoni tra la Sardegna e l'oltremare. Appuntamento all'Archivio in via Grazia Deledda n.26 a partire dalle 21. 

Incontriamo professor Mereu, all'anagrafe Cosimo Mereu, ex docente di lingua e letteratura al liceo Gramsci ora in pensione, per farci raccontare la sua passione per la musica che lo accompagna da cinquant'anni. "Il nome dato alla serata, notte di mezza estate non è un caso, è anche un modo per fare il punto ad un anno e mezzo dal mio primo lavoro come autore "S'alenu 'e custa terra", (il respiro della terra), si tratta di un Ep, dunque un Lp breve e questa canzone da il titolo anche all'album."

Come nascono le sue canzoni?
Io lavoro su gruppi di canzoni, mi ritengo orgogliosamente un cantautore boomer, le mie sono canzoni semplici sono dell'idea che bisogna fare quello che sai fare, io non mi sento un virtuoso, sono autodidatta e non mi sento di fare il passo più lungo della gamba. Le canzoni devono portare un messaggio, "s'alenu 'e custa terra" è una lirica, racconta un sentimento, quello di molti sardi che rappresentano l'amore per la loro terra, un amore che viene esaltato, che viene considerato e rappresentato come una simbiosi perché facciamo parte di questa terra. Io la Sardegna la porto sempre con me, nonostante io sia anche curioso di stare fuori dall'isola, c'è un'identificazione fra la Sardegna che viene considerata come una madre silenziosa, una madre che accoglie i suoi figli ma anche i figli degli altri a patto che questi riescano a percepire questo respiro".

Come cantautore come si definisce?
In questi anni ho riscoperto la cultura sarda anche attraverso la musica degli autori sardi moderni: Bertas, Piero Marras, i Tazenda ed altri. Se ami la cultura della tua isola allora la devi far sopravvivere nelle cose che fai, per esempio il sardo non va tanto insegnato nelle scuole, ma dobbiamo parlarlo, passiamo dal teorico al pratico. Io sono come un parlante sardo di seconda generazione, perché ho dovuto recuperare una lingua che i miei avevano ritenuto opportuno non insegnarmi. È stato bello ritrovare queste radici, riscontrare e riscoprire un mondo che c'è ancora, che non è passato ma è dentro di noi, scrivere in sardo influenza anche il mio modo di fare musica. La musica segue, nonostante tutto anche il passato e le mie canzoni hanno comunque qualche influenza rock e blues. Mi capita di scrivere una canzone seguendo una sensazione, scrivo una canzone partendo da un'emozione".

Un'anticipazione su questa notte di mezza estate?
"In questo evento - ci anticipa Mereu - ci sarà la prima presentazione ufficiale del mio nuovo singolo "Anninnia pro unu pizzinnu anzenu" che significa appunto "ninna nanna per un bambino straniero". Questa canzone è nata due anni fa dopo che avevo visto un video di un bambino in un pronto soccorso di Gaza dopo che la sua casa era stata bombardata, un bambino scosso, tremante che cercava la madre. Questa scena mi ha colpito molto e non è una questione politica, ma è una questione umana, nel senso che non conta a quale popolo appartiene un bambino coinvolto in una azione bellica: gli uomini hanno delle ragioni, ma queste ragioni la mia cultura, la mia Sardegna, non le ammette". Mereu prosegue: "questa canzone vuole essere un inno di speranza e farà parte del prossimo disco che uscirà nel 2026".

Come è nata la sua passione per la musica?
Suono la chitarra da 50 anni, successivamente ho iniziato anche con l'armonica. La mia prima chitarra mi venne regalata dai miei genitori quando avevo 13 anni con la complicità di mio fratello maggiore. È stato un grande amore quasi fisico quello con la chitarra, una scoperta molto bella, oltre a suonare io canto preferisco la chitarra acustica una bellissima compagna che mi ha aiutato a socializzare ed è stata sempre con me anche durante il servizio militare, la chitarra - racconta Mereu - serve per unire, ma a volte può farti uno scherzo".

A questo punto con ironia condivide un ricordo e racconta di un'altra canzone: ricorda le famose spiaggiate tra amici con la bella del gruppo avvistata anche dal gallo. La mia canzone "Coinieddu" racconta di una spiaggiata con un chitarrista che suona e rimane affascinato da una bella ragazza che si avvicina al gruppo, ma il belloccio poi se la porta via ed ecco quindi che nella canzone canto "su falchittu coi nieddu" si è calato sulla preda e se la porta via lasciando il chitarrista solo a suonare".

"Per me scrivere è stata una novità, perché io ho sempre cantato le canzoni degli altri, scrivo da una decina d'anni ma all'inizio non ero contento, ero insoddisfato, poi col tempo ho capito che a furia di scrivere si impara, questo è il mio modo di esprimermi. La musica è una grande madre  e - con gli occhi che riflettono tutto il suo amore e la sua emozione aggiunge - anche se non sei il figlio più bello magari sei un fratellino minore, ma ognuno riesce a brillare con le proprie esperienze e le proprie peculiarità, la musica non è una gara non importa quanto sei capace, la musica è un'espressione perché tu racconti quello che sei ed è questa la differenza".

Mereu approfitta, parlando di musica e passioni per citare la controparte fondamentale: "è molto importante la relazione fra te e il pubblico che ascolta, non sei tu che suoni il protagonista, ma è il pubblico che fa lo spettacolo, quello che conta è la complicità con esso, al di là della tecnica. È una magia che non è detto che sia al massimo ogni volta, la relazione col pubblico è molto importante, io sono sorpreso e grato per come il pubblico mi ha gratificato e come ha risposto anche per l'evento all'archivio Maria Cervo, la serata è quasi sold out e l'archivio Mario Cervo è una realtà prestigiosa che ha anche un occhio di riguardo anche per i nuovi autori come me".

Chi la accompagnerà in questo viaggio musicale?
"Il nostro gruppo è composto da cinque amici e quattro di noi suonano e cantano: ci sono io Mino Mereu Pradia che sono chitarrista acustico e cantante solista, c'è poi Giovanni Del Fonso chitarrista acustico e cantante, il bassista cantante Nanni Ono, il tastierista pianista e fisarmonicista cantante Marcello Porcu e il batterista Alberto Marras. In questa occasione avrò anche due ospiti speciali, due artiste molto interessanti del panorama regionale e non solo. Elisa Carta, autrice ed interprete raffinata, che ha da poco fatto uscire una sua bellissima versione di Trumas, brano di Piero Marras su testo di Paolo Pillonca, e Myriam Costeri, organettista eclettica che spazia fra il repertorio tipico sardo e quello nazionale e internazionale, anche lei autrice e co-fondatrice del gruppo etno-folk tutto al femminile Su Cunzertu Antigu". E parlando del suo team non manca la citazione per il suo amico arrangiatore Antonio Carboni, ottimo chitarrista e jazzista che vive a Roma, "io ricordo sempre che la canzone nasce nuda e l'arrangiatore è colui che fa il vestito alla canzone, che gli dà il tocco magico".

Il suo è un nome d'arte? Da cosa deriva?
"All'anagrafe sono registrato come Cosimo Mereu, Pradia è stato aggiunto perché esisteva un altro artista Mino Mereu, diciamo che ho utilizzato " su sambenadu", una sorta di patronimico sardo, ossia ho utilizzato un altro cognome, un altro riferimento alla mia famiglia. Io sono originario di Dorgali da parte di babbo e mamma e Padria era il nome con cui era conosciuto mio nonno chiamato da tutti Tottoi Pradia".

Ha una sua canzone preferita? Se si quale e perché?
"La mia canzone preferita, scritta da me, è sicuramente "In sa brigata tattaresa" che racconta di un sassarino che nel 1915 soffrì come altri ragazzi durante la prima guerra mondiale, ragazzi che combatterono non per la loro Sardegna ma per una patria lontana, ragazzi coraggiosi temuti dai nemici che li chiamavano 'dimonios', i diavoli Rossi (die roten teufel, come dicevano i tedeschi) perché vedevano le mostrine bianche e rosse della Brigata Sassari ma da lontano si vedeva soprattutto il rosso".

"Nella canzone - spiega Mereu - racconto dei diavoli che cercavano di attraversare l'inferno della guerra per tornare al loro paradiso. Il protagonista dopo la rotta di Caporetto protegge i civili che venivano evacuati dalla zona di Udine passando dal ponte della Delizia sul Tagliamento, la retroguardia proteggeva soldati e civili il nemico arrivò così vicino che i Genieri fecero saltare il ponte nella retroguardia c'erano 30 ragazzi e soltanto il soldato Tottoi Pradia,  mio nonno, dopo tante peripezie riuscì a salvarsi e a tornare a casa. Il ritornello è tratto da un canto popolare " su kentukimbantuno reggimentu" primo vero inno della Brigata che veniva cantato in trincea. Questa è l'unica canzone che ho scritto in sardo dorgalese perché tutte le altre canzoni le ho scritte in logudorese. Il protagonista è in effetti mio nonno il dorgalese Giovanni Antonio Pradia di cui io ho ricostruito la storia in base a testimonianze e a ciò che ho trovato negli archivi".

"Per quanto riguarda la musica e le canzoni altrui posso dire che non ho un unico gruppo o canzone preferita, sono della generazione degli Eagles, Toto, Beatles, Dire straits, mi piace la musica in generale, quella che racconta ed emoziona, e ti regala un coinvolgimento a 360 gradi in cui al contempo sei attore e spettatore".