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Olbia, pienone alla presentazione di “Ti lascio andare” il nuovo libro di Daniel Lumera

Il lasciar andare come metodo per guarire dall’attaccamento e dalla dipendenza

Olbia, pienone alla presentazione di “Ti lascio andare” il nuovo libro di Daniel Lumera
Olbia, pienone alla presentazione di “Ti lascio andare” il nuovo libro di Daniel Lumera
Ilaria Del Giudice

Pubblicato il 27 July 2025 alle 09:00

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Olbia. Venerdì 25 luglio, presso la Piazza dello Scolastico, il noto scrittore di best seller Daniel Lumera, conosciuto a livello internazionale per i sui percorsi di spiritualità e crescita personale sul perdono, l’empatia e la gentilezza – che già aveva presenziato ad Olbia quando era stata indetta “città gentile” - ha presentato il suo nuovo libro edito da Mondadori dal titolo “Ti lascio andare” all’interno della rassegna “Sul filo del discorso”. Una serata partecipatissima nella quale temi importanti hanno toccato le corde del cuore e la sensibilità dei presenti generando emozione e riflessioni profonde. Il lasciar andare, argomento cardine del libro, è infatti un tema che tocca tutte le esperienze umane, dalle banalità della vita alle situazioni più profonde dell’esistenza. L’autore ha sottolineato l’importanza dell’imparare a lasciar andare l’attaccamento al dolore legato al lutto e alla perdita delle persone in generale (comprese le relazioni) per vivere una vita libera e felice.

“Il nostro sistema educativo attuale ci invita al possesso e al consumo. L’appartenenza – nel senso del “tu mi appartieni” - anche nelle relazioni assume il connotato dell’affetto, quando, in realtà, esprime esattamente il contrario – esordisce Lumera – Una relazione vera, autentica, non può che basarsi sulla libertà. Tutto viene pensato come potenzialmente sostituibile. Quasi nessuno riesce a giocarsi fino in fondo la vita in una relazione, a restare quando le cose si fanno difficili. La relazione dovrebbe essere un modo per sentirsi, per vedersi e non per consumare l’altra persona”. Il nostro sistema – per dirlo con le parole dell’autore - si baserebbe su consumo e possesso e ci insegnerebbe ad accumulare ma non a lasciare andare e questo meccanismo sarebbe alla base di molti dei problemi sociali che viviamo in quanto la vita stessa è intrinsecamente ed essenzialmente basata sul cambiamento e opporre resistenza a questo non fa altro che procurarci sofferenze.

Ha continuato Lumera: “Costruiamo il nostro senso d’identità a partire da quello che facciamo. Ci si identifichiamo con il nostro ruolo e questo genera una grande confusione tra fare ed essere, fino a farci definire il nostro stato identitario profondo in base a ciò che possediamo. Il fare, l’avere, l’apparire finiscono per farci definire noi stessi ma nessuna di queste tre cose ci appartiene realmente perché c’è in noi qualcosa di più profondo che possiamo scoprire solo quando ci liberiamo da queste identificazioni”.

L’autore ha espresso una critica nei confronti del sistema educativo vigente in quanto questo risulterebbe viziato nella forma perché improntato sulla dicotomia premio/castigo. Un meccanismo che crea dipendenza dal riconoscimento altrui e che, se da una parte può sfociare in ludopatia, dipendenza da sostanze stupefacenti o da relazioni tossiche, dall’altra penalizza l’autenticità in favore dell’omologazione per paura di sentirsi sbagliati e rifiutati. Ha spiegato Lumera: “L’educazione che riceviamo e che di conseguenza tediamo ad impartire ai nostri figli, si basa sul rispetto delle regole e non sull’ascolto. Il bambino che smette di ascoltare sé stesso, l’intelligenza del suo corpo, la saggezza delle sue esigenze e del suo autoregolamento proiettando le sue scelte sull’esistenza di un’autorità esterna che gli insegna in maniera arbitraria cosa sia giusto o sbagliato per lui, diventerà un adulto assoggettato alla società e dipendente dall’approvazione altrui. Da un lato veniamo educati alla dipendenza, dall’altro ad un processo di disconnessione da noi stessi e dalla nostra stessa natura”.

Durante l’incontro è emerso anche un altro aspetto filosofico-culturale di rilevo: cosa voglia dire oggi essere colti. L’autore ha spiegato che la cultura, oggigiorno, prende sempre più i connotati dell’umanità e dell’empatia. Ha dichiarato infatti “Essere colti oggi non vuol dire fare voli pindarici esclusivamente dal punto di vista mentale che si trasformano in razzismo intellettuale portando a sentirsi superiori. Oggi essere colti vuol dire rispettare gli esseri umani, comprendere i cicli naturali che ci abitano, il linguaggio degli altri esseri, rispettare il pianeta”.

In sintesi, Lumera ha proposto i valori come l’empatia, il servizio disinteressato e la capacità di spendere la propria vita per queste cose come il fondamento su cui dovrebbe ricostruirsi il sistema di credenze in cui siamo immersi cambiando e trasformandosi pian piano, una persona alla volta. E questa evoluzione passerebbe attraverso il processo del lasciar andare, proprio perché capace di scardinare le dinamiche del possesso e dell’accumulo che stanno alla base del sistema attuale. Un processo descritto nei dettagli nella seconda parte del libro con tanto di tecniche e pratiche ancestrali per imparare ad applicarlo alle situazioni di vita reali.

Infine, ma non per ultimo, Lumera ha toccato due aspetti fondamentali di questo processo che, prima o poi nella vita, toccano da vicino chiunque: il fine vita e la fine delle relazioni. Ha spiegato: “Nelle relazioni spesso, dop un po’, non si vede più la persona in sé, ma ci si attacca all’idea che ci si è costruiti di quella persona. Si vedono le proiezioni che facciamo sull’altro dei nostri bisogni di sicurezza, di protezione, di accettazione e smettiamo di vedere la persona per ciò che è nella sua essenza. Smettiamo di lasciarla vivere, di aiutarla a diventare ciò che è, soffocandola con le nostre pretese dettate dal nostro attaccamento insicuro. Le relazioni non dovrebbero basarsi sul bisogno ma sulla scelta, sulla libertà. Perché non riusciamo a lasciar andare una relazione che diciamo essere iniziata per amore? Perché non riusciamo a farla terminare per lo stesso motivo? Per amore? Quando una persona vuole andare via dobbiamo avere il coraggio di lasciarla libera proprio in virtù dell’amore invece che con rabbia, rancore, risentimento, collera e frustrazione. Che senso ha volersi aggrappare a qualcosa che è finito da tempo pur di non accettare quello che riteniamo un fallimento? Abbiamo bisogno di imparare a liberarci dalla malattia del controllo che ci rende prigionieri e di liberare anche l’altra persona dai nostri bisogni quando questi la limitano nella sua espansione”.

E poi, il tema più carico sia della serata che del libro, in quanto domanda esistenziale che riecheggia dalla notte dei tempi dell’umanità: come affrontare la morte, la propria e quella delle persone care? “Non sappiamo più come morire – sentenzia Lumera – come toccare quel punto in cui amore e dolore coincidono. I codici del lutto (soprattutto nella nostra amata Sardegna dove, per tradizione, il nero si porta a vita dopo la morte di un familiare) ci legano al ricordo attraverso il dolore e così, il dolore diventa infinito. Questi codici vanno superati perché la vita è esattamente l’opposto. Dobbiamo comprendere la bellezza di ciò che è stato e sviluppare la gratitudine anche quando ciò che abbiamo amato non c’è più. Il presente è la nostra casa e la rivoluzione di questi tempi dev’essere di tipo spirituale, di espansione di coscienza. Ragioniamo in termini di possesso, di cupidigia, di rancore, di rabbia, di conflittualità per poi farci prendere dai rimpianti in punto di morte. Uno dei pentimenti più importanti, in quel momento, è quello di non aver vissuto la vita che ci apparteneva ma quella che gli altri desideravano per noi. Nessuno in punto di morte si pente di non aver lavorato abbastanza, di non aver avuto abbastanza successo, ma di non aver amato abbastanza le persone care, di non aver chiesto perdono, di non aver vissuto la vita che le apparteneva davvero, la propria vocazione reale. La bella notizia è che, se siamo qui, abbiamo ancora tempo per cambiare e vivere la vita a cui siamo chiamati lasciando andare”.