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Salvatore Casula: memoria di un olbiese che ha attraversato il secolo

Dal mondo degli stazzi all'Olbia moderna: ritratto di un imprenditore che non ha mai dimenticato le proprie radici

Salvatore Casula: memoria di un olbiese che ha attraversato il secolo
Salvatore Casula: memoria di un olbiese che ha attraversato il secolo
Patrizia Anziani

Pubblicato il 27 July 2025 alle 14:00

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Olbia. Era il 22 ottobre 1936 quando tra le colline di Juanne Secche - località che oggi viene impropriamente chiamata Suiles, nome che geograficamente apparterrebbe piuttosto alla zona più in collina - nacque Salvatore Casula. Proprio in quei luoghi dove ancora si ergono gli Stazzi Casula, che conservano nel nome la memoria della famiglia, alle spalle di quella che oggi chiamiamo Pittulongu, in una terra che la moderna strada Panoramica Olbia-Golfo Aranci ha finito per dividere, ma che custodisce intatta l'identità di un tempo. Olbia si chiamava ancora Terranova Pausania e l'Italia viveva tempi complessi, tra le ambizioni del regime e le prime avvisaglie di ciò che sarebbe diventata la tragedia della Seconda guerra mondiale.

Ma nello stazzo della famiglia Casula, primo maschio e secondogenito di sei
figli, Salvatore respirava l'aria antica della cultura agropastorale che faceva della Gallura un mondo a parte. Dove i ritmi della natura scandivano ancora l'esistenza e dove ogni giorno era una lezione di vita.
Il padre Agostino, combattente reduce di Vittorio Veneto, incarnava quella generazione di galluresi temprati dalla guerra e dal lavoro nei campi. In casa Casula si parlava il terranovese del padre, uomo legato alle tradizioni degli stazzi ma ben inserito nella vita cittadina, mentre echeggiava anche il gallurese della madre Francesca Azara, originaria di San Pantaleo.

La guerra arrivò presto a segnare l'infanzia di Salvatore: il padre - che aveva già servito la patria nella Grande Guerra - veniva nuovamente richiamato alle armi con destinazione Olbia; poi nel 1942 con la nascita della figlia terzogenita arrivò il congedo. Lo stazzo divenne rifugio per famiglie sfollate dai bombardamenti su Olbia. 

Erano anni duri, ma anche formativi: Salvatore imparava che la vita è fatta di responsabilità condivise e di solidarietà spontanea. La scuola si faceva nell'aula improvvisata di uno stazzo vicino, dove ogni mattina arrivava la maestra dalla città per portare l'alfabeto ai bambini.
Da ragazzo venne subito introdotto ai lavori della campagna, sia con il bestiame che nei campi, come voleva la cultura degli stazzi, piccole realtà autosufficienti in cui pastorizia e agricoltura erano praticate in modo complementare. Crescendo tra pascoli e campi, il giovane Casula assorbiva quella saggezza antica che faceva degli stazzi un microcosmo perfetto, dove ogni attività aveva il suo tempo e ogni gesto il suo significato.

Divenuto giovane, iniziò a vivere a cavallo tra Pittulongu e Olbia, moltiplicando i lavori per aiutare la famiglia ad affrontare la precoce e lunga malattia invalidante del padre. Era un periodo di grandi responsabilità, ma anche di scoperte: nonostante gli impegni lavorativi, non mancavano le passioni giovanili che caratterizzavano la sua età. Il calcio, il ballo, le moto e soprattutto la caccia, che lo legava alla terra natale con un filo invisibile ma tenace, rappresentavano quei momenti di spensieratezza che ogni giovane merita, anche quando la vita chiama presto a diventare adulti.

Il decennio che cambiò tutto fu quello dei primi anni Sessanta. Salvatore acquistò il suo primo camion e diede vita alla sua ditta individuale di trasporti. Era l'Italia del boom economico, e anche la Gallura si preparava a quella trasformazione che l'avrebbe portata a diventare meta turistica internazionale. Ma prima c'era da costruire: strade, case, infrastrutture. E Salvatore c'era, con la sua ditta che cresceva e con quella visione imprenditoriale che lo portò a fondare, insieme ad alcuni soci, la Cooperativa Pausania.

In quegli anni maturava anche la sua visione sociale e politica sulle orme del padre Agostino, amico di Alessandro Nanni che diventerà sindaco di Olbia dal 1952 al 1956 e Consigliere regionale della Sardegna dal 1957 al 1961. Il suo era un socialismo radicato nella cultura cattolica e nella solidarietà cristiana, fatto di valori concreti più che di proclami, senza mai aver preso parte attivamente alla politica cittadina. Preferiva agire con i fatti: costruire, lavorare, essere utile alla comunità. 

Il 1964 fu l'anno dell'amore. Michela Lai, giovane di Onifai trasferitasi ad Olbia, entrò nella vita di Salvatore come un colpo di fulmine. Pochi mesi dopo, il 13 settembre, erano marito e moglie, pronti a costruire insieme una famiglia nella casa appena terminata in città. Era l'inizio di un amore che sarebbe durato una vita intera, fatto di complicità quotidiana, di progetti condivisi e di quella tenerezza silenziosa che solo i grandi amori sanno custodire. Due anime che avevano trovato l'una nell'altra la propria metà, unite nella volontà di costruire qualcosa di duraturo.

La Cooperativa Pausania divenne presto realtà di primo piano nel settore delle cave, del movimento terra e della produzione di blocchetti in cemento. Salvatore ne fu dirigente e poi presidente per decenni, fino alla pensione, sempre con quella umiltà che lo distingueva: comandare con l'esempio, guidare sporcandosi le mani, dimostrando che la vera leadership nasce dal lavoro condiviso.

Con la Pausania contribuì alla costruzione delle chiese di Nostra Signora de La Salette e di Sant'Antonio di Padova, oltre a numerosi altri lavori ecclesiastici nel territorio. La fede non era per lui una questione privata: partecipò fin da giovane ai comitati delle feste religiose olbiesi, dalla Madonna di Cabu Abbas a Sant'Antonio di Padova, di cui era stato da poco nominato socio onorario.
Ma fu nel 1966 che dimostrò tutto il suo attaccamento alle tradizioni cittadine: insieme all'amico Antonio Petta, per tutti zio Antonio,  e ad altri soci, riorganizzò la festa di San Simplicio quando problematiche interne al comitato rischiavano di far saltare la celebrazione del Patrono. Quell'anno fu proprio il camion di Salvatore a portare la statua del Santo nella processione: gesto simbolico di un uomo che univa spirito pratico e devozione sincera.

La famiglia cresceva: nel 1965 era nato Antonio Agostino, chiamato affettuosamente Tino, nel 1976 Divina e nel 1979 Theron Oscar. Tre figli, tre strade diverse: medicina per il primo, giurisprudenza per la seconda, teologia e storia per il terzo. Salvatore e Michela li accompagnarono negli studi con dedizione, uniti in quella complicità genitoriale che nasce solo dai matrimoni felici. Il loro amore, solido come le pietre della Gallura, era il fondamento su cui cresceva la famiglia. Li sostennero all'inizio delle carriere lavorative, li videro sposare - Tino con Giuseppina nel 1999, Divina con Stefano nel 2016 - sempre mano nella mano, sempre complici nell'orgoglio e nella gioia.

Il 2003 portò una gioia particolare: l'ordinazione sacerdotale di Don Theron Oscar. Salvatore aveva sostenuto tutto il percorso seminaristico del figlio e continuò a sostenerlo anche nella fondazione della Parrocchia di San Michele Arcangelo, donando tra l'altro la statua del Santo titolare.

Olbia lo conosceva bene: la sua bontà d'animo, la sua laboriosità, il senso di responsabilità verso la famiglia erano caratterizzati dalla tempra semplice e conviviale di chi è nato negli stazzi con quella particolare distinzione e la gentilezza di chi ha imparato a muoversi nel mondo che cambia. Era l'incarnazione di quella olbiesità che ha saputo evolversi senza tradire se stessa.

I coniugi Casula nel loro cinquantesimo anniversario di matrimonio celebrato a Onifai nella chiesa di San Sebastiano. A sinistra l'allora parroco don Angelo Cosseddu, a destra don Theron Oscar Casula.  

Quando una lunga malattia, aggravatasi negli ultimi mesi, ha iniziato a minarne le forze, Salvatore ha affrontato anche questa prova con la stessa dignità che aveva caratterizzato tutta la sua esistenza. Al suo fianco, come sempre, c'era Michela: sessant'anni d'amore che si rivelavano in ogni gesto di cura, in ogni parola di conforto, in quella devozione che solo chi ha amato davvero sa offrire. Accompagnato dalla preghiera e dai sacramenti della fede che aveva sempre vissuto con coerenza, e dall'amore infinito della sua Michela e i suoi adorati figli, ha reso la sua anima a Dio alle 20.30 del 23 giugno 2025, Vigilia di San Giovanni Battista, all'età di 88 anni.

Se ne andava un uomo che aveva attraversato quasi un secolo di storia, vedendo la sua terra trasformarsi da economia agropastorale a destinazione turistica mondiale. Se ne andava un uomo del fare che ha fatto della Gallura la sua casa e della famiglia il suo tesoro più grande.

In occasione del trigesimo dalla scomparsa oggi, 27 luglio, alle ore 19:30 sarà celebrata una Santa Messa nella Chiesa di San Michele Arcangelo in Olbia, presieduta dal Vescovo Padre Roberto Fornaciari. La famiglia e la comunità si uniranno nella preghiera per ricordare Salvatore e affidare la sua anima alla misericordia divina.

Si ringrazia sentitamente Don Theron Oscar Casula per aver condiviso i ricordi del padre che hanno reso possibile questo articolo.