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Olbia, “Come eravamo” alla Sacra Famiglia il racconto di vita di un quartiere e non solo

Viaggio tra ricordi e momenti condivisi nel percorso di crescita del territorio

Olbia, “Come eravamo” alla Sacra Famiglia il racconto di vita di un quartiere e non solo
Olbia, “Come eravamo” alla Sacra Famiglia il racconto di vita di un quartiere e non solo
Barbara Curreli

Pubblicato il 14 September 2025 alle 12:00

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Olbia. "Come eravamo" questo il titolo della mostra presentata al salone della parrocchia della Sacra Famiglia in occasione della 40esima edizione della festa omonima che si tiene questo fine settimana. 

L'idea del parroco don Andrea Raffatellu è stata subito sposata dal comitato della festa e messa in pratica da alcun professionisti quali il fotografo Antonio Satta, Marco Navone dell'associazione Argonauti, la Altergrafica, che a titolo gratuito hanno partecipato a questo progetto che riassume passato e presente con uno sguardo al futuro. 

Sulle pareti del salone parrocchiale sono affissi 5 pannelli lunghi che mostrano 70 foto, ogni pannello ospita 14 foto in formato 13x18, "come le classiche foto che tenevamo nei nostri album di famiglia - così racconta Antonio Satta - avete presente gli album di famiglia? con le foto non necessariamente in ordine cronologico, ma che raccontavano una storia".

Lo stesso Marco Navone ha raccolto in alcune frasi lo spirito dell'iniziativa : "il nostro mondo ha elaborato una gestione del tempo incessante e tumultuosa, l'onnipotenza dell'oggi impera su tutto e tutti. Per fortuna esiste la fotografia il Medium bizzarro capace di fermare il tempo e di rivelare il passato, la fotografia vera, quella fatta di carta e celluloide un oggetto reale da guardare, toccare, su cui riflettere appare l'unico antidoto al totale oblio. Per chi ha qualche anno sulle spalle espressioni come la Galbani, il ponte di ferro sapevano di marginalità e la stessa chiesa era ben lungi dall'essere realizzata per questo il lavoro di Antonio Satta e Gianni Dettori con il comitato e la mano di don Andrea assume un valore determinante".

Conclude Marco Navone :"aspetto importante è che questo lavoro arrivi da una parrocchia, ormai ultimo avamposto dell'aggregazione sociale, riflettere su come eravamo, assaporare i momenti passati non deve però rappresentare un momento di nostalgia deve portarci a pensare al passato per costruire un presente migliore e più vivibile e siamo tutti convinti che di ciò ci sia un estremo bisogno".

Antonio Satta racconta: "in questa mostra rappresentiamo come eravamo e soprattutto come ci rapportavamo, le foto arrivano dalla Sacra Famiglia, ringrazio il cantiere Moro e il maestro Babbai mi ha dato un aiuto preziosissimo, un percorso che si chiude intorno agli anni 2000, ma non perché manchino le foto ma perché entriamo nell'era digitale, le foto oramai non vengono più stampate, ahimè io vi dico stampate, stampate, stampate perché si rischia di perdere una parte di memoria cartacea che è molto importante, la carta è un'altra cosa".  

"Mi sono divertito tanto e si poteva fare di più - prosegue il fotografo - questa mostra ha un titolo che è stato presentato da Don Andrea, mi è piaciuto tanto e l'ho lasciato, anche ora in questo momento siamo già in un lento divenire e anche noi diventiamo come eravamo, tutto va avanti. L'invito è a guardare le foto, le didascalie, riscoprire volti, dettagli o anche degli errori". Nel salone è stato lasciato un quaderno sul quale annotare anche le rettifiche, e diventare tutto insieme preziosa memoria storica degli istanti rappresentati.

Anche Satta conferma che "questa è mostra è solo l'anteprima, perché nel Festival Popolare della fotografia verrà ampliata, ci sono ancora tante foto da stampare, e anzi invito chiunque abbia del materiale da condividere di farsi avanti".

La mostra non può essere solo osservata e noi abbiamo cercato dei validi Cicerone, coloro che la festa la conoscono dalle sue origini e l'hanno organizzata sin dai primi anni. Ad accoglierci con il suo sorriso che ben conosco troviamo Marisa Demontis che ci racconta emozionata della processione al mare, originariamente infatti la processione si svolgeva in mare e il percorso era ben più lungo, si partiva dal porto di Michele Moro, fino alla caserma dei Vigili che prima era alla fine del lungomare, dove ora c'è piazza Crispi". Una bella processione per cui nel tempo sono poi mancate le autorizzazioni, sicuramente per normative di sicurezza dalla Capitaneria di Porto.

"Il percorso è stato cambiato nel tempo, era bello vedere tutte le piccole barchette appresso alla barca che portava le statue, decine e decine di barche e si arrivava fino all'isola bianca e veniva anche la banda musicale da Tavolara, c'erano due barconi grandi che ospitavano ognuno almeno 50 persone, una tradizione ormai perduta da più di 20 anni" - aggiunge Diego Decandia che nei 40 anni di festa, ha partecipato all'organizzazione per ben 35 anni, ma l'artefice principale resta Giovanni Maria Usai", storica figura presente anche in questa occasione speciale. 

La chiesa venne costruita nei primi anni 70 e nei pannelli la storia di questa chiesa è ampiamente documentata con numerose foto del prima, dopo e durante, presente anche la foto della chiesa innevata, quando tutta l'isola venne ricoperta di bianco proprio 40 anni fa. 

Diego Decandia prosegue nel suo racconto consentendoci tra le foto di ritrovare alcuni momenti cardine della festa "non mancavano i giochi per i bambini ed ecco dunque la gara delle angurie:mani dietro la schiena e via in velocità a chi finiva per primo di mangiare metà anguria, senza scordare la corsa con i sacchi, il tiro alla fune e il famosissimo albero della cuccagna", tutti momenti immortalati anche in questa mostra e di cui gli abitanti del quartiere hanno piacevoli e indelebili ricordi. 

In una zona legata al mare non poteva mancare un qualcosa di legato alla realtà dei marinai e dei pescatori ed ecco dunque "la gara per aprire le cozze in velocità. Da Aggius - ricorda Decandia - veniva il frittellaio e con 1 quintale e mezzo di farina faceva 8 mila frittelle". Tra foto e ricordi condivisi scopriamo che la festa della Sacra Famiglia è una tradizione portata avanti negli anni con soli tre stop per cause di forza maggiore: venne interrotta l'anno dell'incendio di Portisco quando morirono diverse persone, per la morte di Don Augusto e l'anno della pandemia. 

Questa non è una semplice mostra, è un tuffo nel passato, tra i ricordi, la vita, la quotidianità, la fede e le tradizioni di un quartiere che ha vissuto e respirato la sua espansione e tantissimi cambiamenti. In questa storia, a questi cambiamenti ha partecipato anche il parroco Don Andrea Raffatellu, lui che arrivò alla Sacra Famiglia negli anni in cui era parroco don Augusto partecipando dal 1970 al 1977 alla realtà dei campi scuola di San Teodoro. Don Andrea alla Sacra Famiglia ricevette il diaconato nel 1977.

Rientrato in pianta stabile dal 2006 racconta la realtà di questo quartiere, lui che ha formente voluto questo racconto per immagini ricordando che "l'esperienza, le storie, le persone e i ricordi sono un dono di Dio. La festa - prosegue don Andrea- è un modo per entrare in profondità nel concetto della famiglia, della Sacra Famiglia, quella di Gesù e stare insieme".

Liana Pisciottu, una delle altre volontarie del comitato racconta: "sono cresciuta qui, in questo quartiere, ho collaborato sin dai primi anni in cui è stata istituita questa festa, partecipavo come bambina, proprio per aiutare a preparare i giochi dei bambini, sono stata una specie di mascotte, mio padre faceva parte del comitato e quando lui è stato impossibilitato per motivi di salute sono subentrata io".

Tra un salto dal 1970 al 1980 , arrivando a fine anni 90 non mancano due chiacchiere con i presenti che raccontano sprazzi di quotidianità, condividono un ricordo e allora ti ritrovi a scambiare due parole con altre due figure note in città i professori dell'Ettore Pais, " i due ragazzi novantenni" Piero Filigheddu e Salvino Chiodino che regalano altri tuffi nel passato e altri piacevoli momenti di condivisione e di spirito di comunità, proprio ciò che la mostra vuole essere: momenti di riflessione, salti temporali e, oltre la nostalgia facciano comprendere come il vissuto sia prezioso, vada conservato e custodito gelosamente ma senza scordare che va condiviso e soprattutto portato avanti nonostante i tempi oggi siano più frenetici. Una foto e una didascalia possono essere il punto di partenza per come eravamo, come siamo e come vogliamo essere.