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La via del gatto: dal Nord Africa alla Sardegna, una storia scritta nel Mediterraneo

La paleo-genomica ridisegna la storia del gatto domestico e colloca l’Isola tra i primi approdi europei

La via del gatto: dal Nord Africa alla Sardegna, una storia scritta nel Mediterraneo
La via del gatto: dal Nord Africa alla Sardegna, una storia scritta nel Mediterraneo
Marco Agostino Amucano

Pubblicato il 21 December 2025 alle 16:30

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Olbia. Nell’immaginario collettivo il gatto ha un’origine quasi ovvia: l’Egitto. Le mummie, il culto, l’iconografia faraonica hanno fissato da secoli l’idea che sia da lì che il gatto domestico abbia preso la strada dell’Europa. Una ricerca scientifica appena pubblicata sulla rivista Science ribalta però questa convinzione, distinguendo nettamente tra luogo della domesticazione antica e canali reali della diffusione europea.
Lo studio firmato dai paleogenetisti dell’Università di Roma Tor Vergata, Claudio Ottoni e Marco De Martino, insieme a un’équipe internazionale di ricercatori, è apparso il 27 novembre 2025 con il titolo "The dispersal of domestic cats from North Africa to Europe around 2000 years ago". La ricerca si basa sull’analisi genomica di 87 esemplari tra gatti antichi, museali e viventi, provenienti da contesti archeologici europei e anatolici e da popolazioni moderne dell’Italia — Sardegna compresa — della Bulgaria e del Nord Africa. L’approccio supera i limiti delle precedenti indagini fondate quasi esclusivamente sul DNA mitocondriale, che avevano suggerito una presenza del gatto in Europa già in età neolitica.
I risultati sono chiari. Il gatto domestico (Felis catus) discende geneticamente dal gatto selvatico africano (Felis lybica lybica), non da quello europeo (Felis sylvestris). Ma soprattutto, la sua comparsa stabile in Europa non coincide con le antiche fasi di domesticazione orientali, né con il mondo agricolo neolitico. La diffusione documentata su base genomica avviene molto più tardi, in epoca storica, intorno ai duemila anni fa.
È qui che cade il luogo comune. L’Egitto resta un centro fondamentale nella storia simbolica e culturale del gatto, ma non è la porta attraverso cui il felino entra in Europa occidentale.

La linea che conta per la diffusione europea è un’altra: nordafricana occidentale, marittima, tarda. In questo processo la Sardegna assume un ruolo chiave. L’esemplare più antico finora noto in Europa riconducibile al patrimonio genetico Felis lybica lybica / Felis catus è stato rinvenuto nel territorio di Genoni, nella Sardegna centrale, ed è datato a circa 2.200 anni fa.
Questa datazione colloca il reperto nel pieno dell’età romana repubblicana, una fase storica caratterizzata da rotte marittime ormai consolidate e da intensi traffici nel Mediterraneo, che rendono pienamente comprensibile l’arrivo e la circolazione del gatto lungo le vie del mare.
Si tratta del dato cronologicamente più antico oggi disponibile, che colloca l’Isola come primo punto di approdo documentato di questa linea di diffusione verso l’Europa occidentale.
L’analisi genetica mostra una stretta parentela con il Felis lybica lybica del Marocco e una somiglianza con l’attuale gatto selvatico sardo, indicando un collegamento diretto con il Nord Africa occidentale. Da qui l’ipotesi di una prima introduzione di gatti selvatici nordafricani in Sardegna, seguita successivamente dalla vera e propria diffusione del gatto domestico nel continente europeo.
Lo studio propone infatti due fasi distinte: una prima, che interessa l’Isola come area di insediamento iniziale di gatti africani; una seconda, più tarda, che porta il gatto domestico a diffondersi stabilmente in Europa. In questo senso, la Sardegna non è un’origine mitica, ma una testa di ponte, un punto di transito fondamentale tra Africa ed Europa.
La spiegazione pratica di questa diffusione è legata al mare. Sulle navi antiche, soprattutto quelle adibite al trasporto di derrate alimentari, i gatti svolgevano un ruolo essenziale nel controllo dei roditori, proteggendo le scorte durante traversate lunghe e rischiose. Resistenti, adattabili e capaci di vivere in condizioni difficili, si spostavano facilmente da un porto all’altro, seguendo le rotte del Mediterraneo occidentale.

Il quadro che emerge è dunque diverso da quello tradizionale. Il gatto europeo non arriva dall’Egitto faraonico, ma da una diffusione tarda e funzionale, legata ai traffici marittimi dell’età romana repubblicana e a un Mediterraneo già pienamente connesso. E in questa rete di rotte e scambi, la Sardegna si configura come uno dei nodi iniziali documentati. Una distinzione che cambia il modo di raccontare la storia del gatto e che ricorda come, nel Mediterraneo antico, domesticazione e diffusione non coincidano, e come spesso sia il mare — più che la terraferma — il vero protagonista delle grandi trasformazioni.