Thursday, 13 November 2025
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Pubblicato il 13 November 2025 alle 14:00
Tempio Pausania. Daniela Piras è una figura poliedrica della scena letteraria e giornalistica sarda. Nata a Sassari e cresciuta a Tissi, piccolo paese a pochi chilometri dal capoluogo, oggi vive a Tempio Pausania. La sua traiettoria educativa riflette una curiosità infinita: dopo un diploma in ragioneria, ha seguito studi altalenanti ma sempre guidati dall’interesse per le lettere e la comunicazione.
Nel 2000 ha intrapreso la Scuola Superiore di Giornalismo all’Università di Urbino Carlo Bo, seguito da un percorso universitario articolato: laurea in Scienze della Comunicazione e Giornalismo presso la Facoltà di Scienze Politiche di Sassari nel 2007, frutto di trasferimenti e scelte dettate da contingenze personali. Da sempre autrice, ha pubblicato racconti in diverse collane (tra cui “Parole sugli alberi”, Village; “Leo”, “Un mondo semplice”, “Controluce”; e raccolte di poesie), e lavora come ghostwriter e addetta stampa, offrendo una voce e una mano esperta a progetti differenti.
Da gennaio di quest’anno è iscritta all’Università per completare il corso magistrale in “Lettere, filologia moderna e industria culturale” presso la facoltà Dumas di Sassari, con l’obiettivo di chiudere un cerchio tra ricerca accademica e writing professionale.
La produzione di Daniela Piras non si limita alla narrativa: la scrittura di romanzi su commissione e lavori di comunicazione la collocano come punto di riferimento per chi cerca una prosa capace di cogliere sfumature sociali, culturali e linguistiche della Sardegna contemporanea. Il presente lavoro pubblicato, insieme al resto della sua attività, testimonia una carriera in evoluzione, in cui la cultura locale incontra il panorama nazionale attraverso una penna agile, curiosa e profondamente legata a radici e territorio.
Ci faccia conoscere da vicino il suo ultimo libro e come sia arrivata alla stesura dello stesso
"Il mio ultimo libro, dal titolo Controluce. Racconti su Polaroid, è una raccolta di racconti che ho scritto in un periodo di tempo molto ampio, circa dieci anni. Ho voluto raggruppare alcuni testi pubblicati in antologie o vincitori di premi letterari. Altri, invece, erano inediti. Ho proposto l’idea di questa raccolta all’editore che aveva pubblicato i miei precedenti romanzi– Leo e Un modo semplice (Talos Edizioni) – e lui l’ha accolta favorevolmente.
Il libro è nato dalla voglia di mettere ordine a scritti che avrebbero corso il rischio di andare perduti con il passare del tempo. Sono storie a cui sono molto legata, perché ognuna rappresenta una parte di vita, di esperienze vissute o immaginate – alcune amare, altre più ironiche – nelle quali ho cercato di esorcizzare situazioni non esattamente piacevoli. Uno spazio importante è quello dedicato ai racconti scritti durante il periodo del lockdown. Mi sono divertita a ipotizzare storie di vita e a fantasticare su nuovi scenari possibili, oltre a indagare le menti di protagonisti creati dalla mia fantasia.
In nessuno di questi, però, è presente la parola “Covid”: più che raccontare di un virus, ho voluto giocare con le ambientazioni create da una situazione che aveva del surreale. Il risultato è un caleidoscopio di storie – così mi piace definirlo – ispirato ai giochi di luce creati dalla macchina fotografica".
Mi piacerebbe che si raccontasse come donna, scrittrice e come giornalista
"Io sono nata e cresciuta in Sardegna e mi sono sempre interessata all’arte e alla cultura qui presenti. Abbiamo una storia molto importante, intrisa di grandi opere e testimonianze di un passato che molto spesso non conosciamo come dovremmo. Oggi, molti artisti isolani si adoperano per trasmettere il nostro grande patrimonio culturale. Questo si concretizza in forme d’arte frutto della contaminazione tra passato e presente, che sfociano in romanzi dal sapore nostalgico – di un mondo idilliaco colmo di valori ormai perduti (ma spesso, in realtà, mai esistiti) – e in produzioni musicali che rievocano suoni ancestrali. A volte certe contaminazioni portano alla creazione di qualcosa di davvero originale, mentre altre volte ciò che viene fuori sono produzioni artistiche dal sapore stantio e finto, vistosamente artefatte. Se da un lato è normale e logico essere influenzati dal luogo in cui si vive e nel quale si hanno le proprie radici, dall’altro trovo forzato voler inserire il concetto di “Sardegna” in qualsiasi cosa si faccia. Spesso mi è stato chiesto “quanta Sardegna ci sia nei miei libri”: è una domanda a cui non è stato facile rispondere.In ciò che scrivo si evince, sottotraccia, la Sardegna, perché è il mondo che riesco a raccontare con più naturalezza, poiché lo conosco bene. Tuttavia, l’intento dei miei scritti è quello di essere universale. Potrebbe sembrare eccessivamente pretenzioso, ma non è forse la natura stessa di ogni arte quella di aspirare all’universalità?Per quanto riguarda il mondo della comunicazione e dell’informazione, oggi si è un po’ perso il senso di una professione come quella del giornalista, vista la sopraffazione di strumenti informativi non ufficiali, ma “liberi”. Si confonde la libertà di opinione con la libertà di disinformarsi, attingendo notizie – molte volte non veritiere – dai social network. In un momento storico in cui tutti hanno la stessa visibilità dei professionisti della comunicazione, è difficile distinguere ciò che è verificato da ciò che è frutto di marchingegni atti a confondere e annebbiare le menti di un’opinione pubblica che corre il rischio di diventare sempre più flebile e manipolabile.Si pretende che l’informazione sia “libera e gratuita”, dimenticando che qualsiasi professionalità è tale solo quando dietro ci sono, oltre agli anni di studi, anche competenze acquisite con fatica e dedizione. Il risultato è che il lavoro del giornalista oggi è tra i meno pagati. Questo perché, per una strana regola non scritta – è proprio il caso di usare questo termine – chi fa il giornalista lo fa innanzitutto per passione, quindi si presume che possa tranquillamente scrivere “perché gli piace farlo”. Nessuno si sognerebbe mai di chiedere a un fabbro di realizzare un cancello perché “gli piace farlo” o a un architetto di progettare un palazzo per lo stesso motivo. Eppure, questo è".
Le chiederei un sogno nel cassetto...
"Mi piacerebbe scrivere qualcosa di davvero originale, qualcosa che faccia riflettere chi lo legge, che resti nella mente, che agiti qualcosa nei pensieri, che faccia nascere delle domande. In una parola: che scuota. Qualcosa che vada al di là degli stereotipi e degli argomenti più in voga. In questi anni ho letto tantissimo: mi piace scoprire non solo storie di narrativa, ma anche il funzionamento della mente umana; per questo leggo molti saggi di psicologia e di sociologia. Mi piace analizzare e capire il funzionamento del mondo e come si muove l’uomo al suo interno. Ecco, il mio prossimo romanzo sarà il frutto di tante riflessioni nate da queste letture. Per ora ho solo una traccia. Il sogno sarebbe quello di vederlo pubblicato e apprezzato come opera originale. Non mi interessa seguire filoni già battuti, né cercare di essere inserita in quel mondo culturale che detta la via maestra. Credo che i grandi scrittori siano stati – e siano – coloro che non hanno perso la loro autenticità e che hanno investito molto lavoro nella ricerca e nella cura della stesura finale. Vorrei scrivere qualcosa che resti nel tempo, che sia apprezzato non per la sua commerciabilità, ma per il suo senso profondo. Per il resto, il mio cassetto è colmo di sogni!".
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