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Olbia, i miti sardi diventano rock: ecco l'esordio dei Dohlmen

L'album racconta il folklore e la cultura sarda con un sound ispirato al metal

Olbia, i miti sardi diventano rock: ecco l'esordio dei Dohlmen
Olbia, i miti sardi diventano rock: ecco l'esordio dei Dohlmen
Camilla Pisani

Pubblicato il 09 April 2021 alle 06:00

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Olbia. Anima metal e identità profondamente sarda: questa, in estrema sintesi, il leitmotiv dell’album d’esordio dei Dohlmen, trio nato qualche anno fa sul territorio, composto da Pietro Chiaffitella (alla chitarra), Daniele Piredda (alla voce e al basso) e Filippo Falchi (alla batteria). Sei brani che esplorano l’apparato mitologico sardo, raccontando le figure della tradizione, come l’accabbadora o i giganti di Mont’e Prama, accompagnati nella narrazione da sonorità ispirate al doom dei Black Sabbath, iconica band heavy metal: i brani, composti interamente in sardo, evocano le fortissime suggestioni generate da quel complesso sistema di leggende -tra mito e realtà- che fanno parte dell’identità culturale isolana. Eppure il lavoro compiuto dal trio non è una semplice riscoperta del patrimonio tradizionale, ma una vera e propria, sofisticatissima, rivisitazione inedita: la scelta della lingua è essenziale per comprendere il valore universale di questo lavoro, in cui l’innovazione viene veicolata da parole antiche, non universali ma ugualmente suggestive. “Avremmo potuto optare, per essere più universali, per l’inglese o l’italiano, ma abbiamo ritenuto importante mantenere identitario anche l’apparato linguistico su cui si fonda l’album. La necessità di cominciare questo lavoro è arrivata dalla grande passione del nostro bassista e cantante per la musica folkloristica, e così si è sviluppata l’idea di raccontare i miti utilizzando la lingua sarda, cercando una chiave per renderli attuali. La scommessa è stata vinta, perché dall’uscita dell’album abbiamo ricevuto moltissimi riscontri da tutto il mondo, i brani hanno suscitato anche l’interesse di persone anglofone, tanto da far nascere il bisogno di tradurre i testi per renderli comprensibili. La sorpresa, in chi legge le traduzioni, sta nello scoprire testi complessi, non banali, che raccontano storie affascinanti” racconta Pietro Chiaffitella. Il fascino di Dohlmen, ed anche il suo paradosso, sta proprio nel restituire all’ascoltatore un’impressione di grande solennità dal gusto quasi arcaico -dovuta al contenuto millenario- ma anche di contemporaneità assoluta, grazie al sapiente uso delle sonorità metal: il racconto dei miti, a tratti, diventa estremamente attuale, come nel caso del brano Mama Chieta, in cui la figura dell’accabbadora si intreccia con il tema dell’eutanasia, invitando implicitamente alla riflessione. “È bello che le persone si appassionino ai testi , malgrado la scelta della lingua sarda potrebbe essere percepita come un limite, un costringersi in una nicchia. Eppure proprio questa scelta, in cui noi crediamo moltissimo, è risultata vincente, e siamo felici di star ricevendo riscontri che ci convincono del fatto che il nostro progetto, seppur molto fuori dagli schemi, suscita interesse anche in chi non è abituato a sonorità forti come quelle del metal o in chi non conosce il sardo” spiega ancora il chitarrista dei Dohlmen. Rivisitare il patrimonio culturale e folkloristico non è un’operazione semplice: la banalità e il fraintendimento, financo la noia, sono sempre dietro l’angolo; il talento dei Dohlmen sta proprio nel condurre questa rivisitazione tenendosi lontanissimi dai luoghi comuni, dalle strade già battute, percorrendo un sentiero -musicale e identitario- del tutto originale, culturalmente densissimo e capace di infondere tutto il fascino secolare del mito in un sound maestoso e godibilissimo.