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Coltivo una rosa bianca - di Salvatore Zappadu

Coltivo una rosa bianca - di Salvatore Zappadu
Coltivo una rosa bianca - di Salvatore Zappadu
Patrizia Anziani

Pubblicato il 14 September 2019 alle 15:37

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Olbia, 14 settembre 2019- A pochi giorni dalla scomparsa di Salvatore

Che sapore acuto ha il Dolore.
Dall’ultimo saluto di Augusto e Sebastiano, sodali “custodi” della Nostra Anima di Bianco Vestita, ho scoperto che Anche Tu, Tore te ne sei andato.
Confesso che non ho mai avuto paura della morte, quanto meno della mia; ma quella degli altri, di quelli che hai avuto la fortuna di conoscere e di amare, quella invece mi stravolge ogni volta, come fosse una condanna che, l’esistenza persino serena che mi capita di vivere lontano dalla mia terra, fosse una… maledizione.

È così ogni volta, ogni maledetta volta.
È così che prima di riuscire a prendere sonno, ricordando i tanti momenti insieme ho sentito ancora una volta il sapore acuto della…Polvere. Non la polvere di oggi che, con le immancabili salviette, dobbiamo (dovete) raccattare dalle panchine di plastica sempre sporche del Nespoli, ma la Polvere di ieri. Quella del Nespoli e, ancor di più, quella dello sterrato fuori lo spogliatoio, unito al caldo umido di quel gradone che circondava il regno di Mario il “Muto”.
Era lì che i nostri sogni di Fedales si sono incontrati e ci hanno fatto diventare i piccoli uomini dei nostri domani.
Che straordinaria “nidiata” di talenti quella del quarantanove, un’annata che per le leggi del calcio comprendeva anche quelli del ’48 e quelli del ’50.
Ragazzi d’oro, Tanti come quelli Olbia, forse, non li ha mai avuti in così soverchiante abbondanza.
Ricordo ancora i “postumi” della tua prima doppietta contro Viterbese, nella polvere di quel Nespoli avevi già avuto la gioia del gol nell’anno precedente contro il Rimini, ma quelle due reti erano soltanto il preludio di una stagione strepitosa, visto che segnasti 6 gol come “Pelè” ed uno più di Benesperi. Doppietta nella C unica di allora, era pur sempre cosa che faceva scalpore, ma io dovetti pregarti in ginocchio, per farti venire a casa, nello sgabuzzino in cui papà curava le dirette con il Gazzettino sport del Lunedì.
“No isco ite narrare… faedda tue” continuavi a schernirti.
Quando capisti che si trattava solo di una telefonata con Mario Guerrini, cedesti, ma ricordo il tuo rossore, quella improvvisa balbuzie, quando ti venne chiesto cosa avessi provato nel segnare 2 gol così importanti: “Ah,sì… Sono contento, si sono molto contento.”
Alla fine ti rincuorai, perché una volta usciti continuavi a ripetermi “a razza ‘e figura c’appo fattu”.
Sono sicuro di averti rincuorato perché da allora, di interviste e di dirette ne ha fatto tante altre, e non solo per i gol. Onestamente non ricordo la partita, ma di sicuro ho ancora vivido nella mente quella tua stratosferica “falcata” con il pallone incollato al “collopiedesterno” del tuo inimitabile mancino, per superare lungo la linea del corner un avversario che si frapponeva tra te e la porta.
Una cosa del genere, la vidi fare solo a Maradona in un filmato di quando sedicenne vinse i mondiali juniores con la sua argentina.

In questa cupa giornata di un cielo lontano, fisso e riguardo gli antichi fotogrammi e, per la prima volta, scopro che tu non guardi mai l’obiettivo, sembra che il tuo pensiero sia sempre altrove. Invece quello sguardo intenso e doloroso del tuo necrologio funebre mi ha impressionato per la sua meravigliosa umanità, una umanità paterna; per questo ho voluto accomunarvi. Mi va di credere e sperare
che quello sguardo paterno, tu l’abbia rivolto a te stesso, a quando eri ragazzo carico di sogni, speranze e tante paure.
A quando rifiutasti il passaggio a Varese in serie B (l’anno prima del salto in A) perché non sarebbe partito con te Gavino, il tuo compagno di…mariglia. Io sapevo che scherzavi, ma tu non partisti lo stesso… come tanti di quei ragazzi sardi che avevano paura di partire per la leva militare.

Che straordinaria nidiata quella del “quarantanove”, assieme a te oltre e Nicolino Trascheddu ed Angelo Canche, anche l’immenso Sergio Bagatti, Michele Moro, eppoi Pippo, Ciuddina, Marcellino, Armando Farina, Nanni Secchi, Martino Piras, Gavino Manueddu, Marco Spano, Alfredo Varchetta, ed ancora un po’ più in là Antonello Baluba, Paoletto Best, Antonio Scanu, Marino Paradiso…. Ne dimentico qualcuno, ma tutti, tutti voi aveste in sorte, persino la guida e lo stimolo dei meravigliosi tre moschettieri figli di questa terra eterna ed unica: Gianfranco (all’anagrafe) Franco “Pelè”; Tommaso Giuseppe (all’anagrafe) Pinuccio Petta, e Piero “il rosso” Giagnoni.

Tutti Grandi, Immensi ed Indivisibili nei miei ricordi sportivi ed umani; Tutti petali di una rosa che, ogni volta che ne cade uno, invece di appassire si rinforza e rinvigorisce il suo stupendo colore Bianco e il suo inebriante profumo di…Polvere.

Avvidecci Fedale, cun affettu e cun Amore Tore.

Salvatore Zappadu