Friday, 19 December 2025

Informazione dal 1999

Bianca, Cronaca

Perché Tecnomat riapre: la sentenza del Consiglio di Stato spiegata, semplice

Ecco perché il negozio di bricolage ha potuto riaprire

Perché Tecnomat riapre: la sentenza del Consiglio di Stato spiegata, semplice
Perché Tecnomat riapre: la sentenza del Consiglio di Stato spiegata, semplice
Angela Galiberti

Pubblicato il 19 December 2025 alle 07:00

condividi articolo:

Olbia. Ci sono ben poche cose potenti, in Italia, come il diritto amministrativo e la vicenda Ottimax vs Tecnomat ne è una dimostrazione lampante sia considerando la sentenza del Tar Sardegna che dava ragione a Ottimax, sia prendendo in considerazione l'ultimo step del Consiglio di Stato con il quale quella sentenza è stata riformata. Sì, perché in questo caso non c'è stato un semplice pronunciamento per far ridiscutere il caso: il Consiglio di Stato ha letteralmente preso la sentenza scritta dal Tar della Sardegna, favorevole a Ottimax, e l'ha ribaltata, accogliendo il ricorso. Si può essere d'accordo o meno con tale sentenza (in punta di diritto, s'intende: non è una partita in cui deve starci simpatico l'uno o l'altro "contendente"), ma è interassente capire cosa il Consiglio di Stato ha riformato per far riaprire il negozio della zona Pozzo Sacro di Olbia.

Facciamo un brevissimo riassunto della vicenda: tutto è finito in mano ai giudici amministrativi poiché, questa la doglianza di Ottimax, Tecnomat non sarebbe stata una media struttura di vendita com'è invece stata autorizzata, bensì una grande struttura di vendita. La differenza tra le due tipologie di struttura non è solo di "nomenclatura", ma di procedura autorizzativa: per la prima si passa semplicemente in Comune, per la seconda si passa sempre in Comune ma bisogna rispettare i vincoli del Piano regionale con un aggravio burocratico più pesante. In più, vi era da considerare in vincolo idrogeologico insistente all'epoca nell'area, materia questa che che però il TAR non ha mai approfondito. Il Tribunale amministrativo sardo accoglie il ricorso di Ottimax e annulla gli atti emessi dal Comune di Olbia con l'effetto di chiudere Tecnomat che, chiaramente, si difende e ricorre al Consiglio di Stato.

Il 10 dicembre 2025, il Consiglio di Stato pubblica la sua sentenza e ribalta quella del Tar Sardegna, permettendo così a Tecnomat di riaprire. Il dispositivo è lunghissimo ed estremamente corposo. Il ricorso di Tecnomat si basava su cinque punti: il terzo, il quarto e il quinto sono stati rigettati. Il primo e il secondo, invece, sono stati accolti ed è l'accogliemento di questi due punti ad aver permesso la riapertura del negozio.

Primo punto: la superficie di vendita. Per essere una media struttura, non deve superare i 2.500 metri quadri. Per il TAR questa cifra veniva superata, ma il Consiglio di Stato ritiene che i parametri previsti dalla normativa siano stati rispettati. «La conclusione, secondo cui la delimitazione dell’area di vendita “non presenta quei requisiti minimi di stabilità e continuità, non può essere confermata - spiega il Consiglio di Stato -. Contrariamente a quanto sostiene il T.a.r., anche alla luce delle numerose fotografie depositate nel giudizio di primo grado, la parete in cartongesso di per sé non è necessariamente una parete facilmente amovibile e, sul punto, non è emerso con chiarezza che le pareti realizzate fossero sostanzialmente “fittizie” o create ad arte solo al fine di ottenere l’autorizzazione per la MSV. (...) Parimenti non condivisibile è la considerazione che l’area destinata al taglio del legno è funzionale alla vendita e, quindi, andasse ricompresa nell’area di vendita medesima, in quanto la stessa rientra, a ben vedere, nei locali di lavorazione dei prodotti e, come tale, è da considerarsi esclusa dalla superficie di vendita.»

Il Consiglio di Stato si esprime anche sulla documentazione trasmessa ai Vigili del Fuoco: «La circostanza poi che l’intera superficie fosse stata considerata unitariamente nella documentazione trasmessa ai Vigili del Fuoco è dovuta al fatto, come sottolinea parte appellante, che, dal punto di vista delle condizioni di pericolo che potrebbero verificarsi in caso d’incendio, la superficie di vendita e la superficie retrostante destinata a deposito presentano lo stesso ordine di rischio, perché contengono gli stessi prodotti.»

Il secondo punto accolto riguarda la superficie esterna di vendita. «La sentenza del T.a.r. va, altresì, riformata anche con riguardo all’annullamento dell’ulteriore determinazione n. 761/2024, con cui il SUAPE del Comune di Olbia ha autorizzato Bricoman ad effettuare gli interventi necessari all’allestimento di una nuova superficie di vendita nel piazzale esterno di pertinenza del fabbricato sopra descritto. La presenza di scaffali concretamente destinati all’esposizione di prodotti per l’edilizia che ospitano i prodotti da vendere all’ingrosso e l’esistenza di una cassa funzionante non rappresentano ancora una volta elementi dirimenti ai fini di ritenere esistente una grande struttura di vendita, perché la vendita all’ingrosso implica l’esistenza sia di scaffalature con prodotti destinati all’edilizia sia l’esistenza di una cassa.ì», si legge nella sentenza. Per il TAR le due aree di vendita (negozio e area esterna all'ingrosso) erano in qualche modo connesse, ma «Tali conclusioni, tuttavia, non sono adeguatamente motivate anche perché parte appellante ha evidenziato che la superficie della media struttura di vendita e quella del nuovo esercizio di vendita all’ingrosso sono separate da spazi – non accessibili alla clientela – compresi nell’edificio recuperato e riservati a deposito e a lavorazioni ad opera del personale e dal muro perimetrale dell’edificio oltre il quale vi è lo spazio, identificato dal porticato/tettoia di mq. 1338,39 destinato alla vendita all’ingrosso di prodotti per l’edilizia - afferma il Consiglio di Stato -. Non vi è, dunque, comunicabilità tra le due zone, come, peraltro, emerge anche dalla perizia asseverata depositata da Bricoman Italia nel giudizio di primo grado.»

C'è poi un altro aspetto che merita di essere sottolineato e che sottolinea anche il Consiglio di Stato, cioè la prevenzione delle condotte non corrette. «Giova in ultimo evidenziare che al Collegio non sfugge la ragione ultima della decisione del TAR, ossia la necessità di impedire o prevenire eventuali abusi ed elusioni della normativa, ma tale condivisibile preoccupazione non può per ciò solo portare all’annullamento degli atti impugnati. Ragionando diversamente vi sarebbe una sovrapposizione tra il piano della legittimità dell’atto – da valutare alla stregua delle norme giuridiche esistenti al momento dell’adozione dell’atto stesso nonché dei vizi di legittimità degli atti – e quello dell’utilizzo dell’atto che ne farà il destinatario dell’atto stesso dopo averlo ricevuto. Qualora il titolare di un atto ampliativo, come nel caso di specie, dovesse farne un utilizzo non conforme a legge, spetterà all’amministrazione, nel doveroso esercizio dei suoi poteri di controllo, accertare le violazioni e sanzionarle ma ciò evidentemente deve avvenire seguendo regole diverse da quelle volte ad accertare la legittimità degli atti stessi. In altri termini, al fine di neutralizzare i rischi che paventa il T.a.r., è necessario che il Comune, nell’ambito dei poteri di vigilanza di cui è titolare, sottoponga l’attività in questione a controlli seri ed effettivi, al fine di verificare se l’area realmente destinata alla vendita corrisponda a quella autorizzata come da progetto». Non è chiaro? Tocca al Comune vigilare.

Così è stata riformata la sentenza del Tar Sardegna e così Tecnomat ha potuto riaprire.