Friday, 20 June 2025
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Pubblicato il 13 August 2024 alle 19:00
Porto Rotondo. Grande successo per il documentario di Anna Testa che ripercorre la nascita e la storia della costruzione del borgo Poltu Ridundu e che è stato presentato ieri sera al teatro Mario Ceroli alla presenza di diversi protagonisti.
"Ci sedevamo sul tappo - Porto Rotondo il borgo inventato" così si intitola il documentario, un chiaro omaggio a piazzetta San Marco, cuore pulsante del borgo.
Il documentario è stato accolto dalla platea in modo molto positivo: chi ha assistito alla proiezione ne consiglia la visione proprio perché racconta degli aspetti di Porto Rotondo che non sono noti, e apre uno scampolo sulla storia olbiese poco conosciuta come quella della numerosa famiglia dei Deiana di Rudalza.
La pellicola è interessante, coinvolgente, mai noiosa, anche grazie all'uso sapiente del montaggio, alle illustrazioni a colori di Mauro Moretti e alle musiche di Moses Concas.
Particolare e interessante la figura dell'architetto Gianni Gamondi, responsabile della progettazione di Villa Certosa e della costruzione di gran parte del borgo così come lo conosciamo oggi.
Per l'occasione la regista Anna Testa ha dichiarato: «Due anni di riprese, interviste e raccolta di materiali inediti: questo è stato il felice percorso che ci ha portato alla realizzazione del documentario, diverse le figure intervistate che hanno raccontato la loro storia dal Conte Luigino Donà delle Rose, a Gianni Gamondi, Augusto Ditel, Marella Giovanneli, non manca tra gli operatori delle riprese l'olbiese Dario Bertini.
La regista, attraverso i racconti dei protagonisti e a una cernita incredibile di immagini inedite, racconta una Porto Rotondo poco nota, quella degli inizi, dall'acquisto dei terreni alla costruzione del primo nucleo abitativo e del suo meraviglioso porto. È qui che si è creata la comunità portorotondina che ha affascinato il mondo e che nella nota piazzetta, attorno a quel tappo, riuniva intere generazioni (e riunisce ancora oggi).
Una comunità eterogenea fatta di vip e nobili, ma anche di operai, residenti rudalzini e tantissimi bambini.
Il film racconta di questi momenti, si nutre dei racconti, delle foto e degli aneddoti di chi quell'epoca l'ha vissuta. "Porto Rotondo richiama alla mente i privilegi e i belli ricchi e famosi, ma è molto di più. È antropologia Gallurese,- spiega la Testa- è l’innesto tra i proprietari terrieri dello specchio d’acqua di Poltu Ridundu (così si chiamava) e la comunità locale che viveva lì dal 1600, una comunità ricca di tradizioni i cui discendenti sono rimasti e hanno potuto tramandare delle storie incredibili che si ritrovano nel documentario."
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