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Olbia: il "tempio ipetrale Su Mulinu” descritto dal maestro De Rosa nel 1930

Olbia: il
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Patrizia Anziani

Pubblicato il 02 April 2017 alle 11:10

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Olbia, 2 aprile 2017-Oggi con OLBIAchefu vi proponiamo la descrizione del Nuraghe Riu Mulinu fatta dal maestro Francesco De Rosa nel lontano 1930, dunque prima che il monumento venisse scavato nel 1939. Leggendole poematiche parole, a tratti ingenue,delbrano andato alle stampe su "Sardegna rivista mensile"ottantasette anni fa, possiamo solo sognare le magiche atmosfere, fatte di calure fresche e paesaggi incontaminati che apparvero al suo sguardo. Nelle sue incessanti passeggiate alla scoperta febbrile della storia dei nuragici e del nostro territorio, il maestrorespirò a pieni polmoni i profumi ed i silenzi interrottisolo dal crepitio delle foglie, i rami calpestasti, il canto degli uccellie lo scorrere dell'acqua sorgiva e abbondante di Cabu Abbas. Un brano da leggere tutto d'un fiato.

"A nord di Terranova, adagiantesi qual leggiadra Nereide, su una collinetta bagnata da tre parti dal mare, s’eleva maestoso il granitico monte di Cabu Abbas, ammantato sessant’anni fa da una foresta di lecci e di frassini così fitta che a mala pena vi trovavano passaggio i raggi solari. Da esso apparisce tutto il piano del Fundimonti, solcato da ruscelli e da rigagnoli, fra cui sono principali quelli di Caciani, di Donnighedda e du Mugalza o Santu Nigola, versantisi nel così detto Porto Romano e quelli di Pasana e Gadduresu, versantisi nella parte opposta, scorrendo riuniti sotto il Ponte di ferro in vicinanza della città.

Questo piano, visto dal monte apparisce come un mosaico tappezzato da macchie e da cespi fioriti e variopinti, ma in realtà tempestato da collinette, talora rocciose, da olivi e da mammelloni, quasi tutti coronati da nuraghi, dei quali eccetto quello maestoso di Siala che ha saputo resistere alla furia degli elementi e all’opera distruttrice degli uomini, esistono appena i ruderi attestanti l’esistenza un tempo di essi, e attorno i monti vicini di Plebi e di Pino, e lontani d’Ultana, di Limbara, di Pala Faraone d’Enas, di Bithia e di Monte Nieddu, popolati questi ultimi due mezzo secolo fa da torme di cervi, di mufloni e di daini, di cui esistono al presente i soli rappresentanti.

nURAGHE E PANORAMA

A destra del monte da chi guarda da Terranova sorge il colle de Su Mulinu, così appellato perché si credette che sulla vetta vi fosse stato eretto un molino a vento, appoggiantesi a quello con quel dolce abbandono con cui un affettuoso fanciullo si avvinghia alla mamma adorata o al non meno diletto genitore. Sul culmine di questo colle i nuraghicoli vi eressero il massimo loro tempio ipetrale o sacro recinto di cui dò una pallida descrizione, sperando che il Commendatore Prof. Antonio Taramelli, Direttore dei due Musei d’Antichità sardi, non tarderà a darne una migliore e più autorevole descrizione.

Il recinto che da est, sud ed ovest si svolge fra dirupi e scogliere, è di forma circolare con una periferia di300 metrie quindi con un diametrodi m. 95 circa, è costrutto, tanto nella parete esterna che nell’interna, da grossi e rudi blocchi poligonali non disposti a file o strati, ma variamente collocati, con un’altezza attuale di3 a4 metri, con altrettanto di spessore, con due porte, una la più grande, bassa in modo da dovervi entrare carponi, larga più d’un metro e sormontata da un enorme architrave della lunghezza di m. 2.50, della larghezza di m.1,10, dello spessore di m. 0,50, on altra dalla parte interna a fianco, il quale guarda il nord e un’altra più piccola che s’apre a sud, il cui vano dalla parte esterna era coperto da un grosso macchione, che la toglieva all’occhio dei profani, o di chi volesse penetrare a forza nell’interno. La porta principale non mostra soglia alcuna perché interrata.

In mezzo al recinto sorge un mammellone roccioso foggiato a greppo dal lato meridionale, nella cui sommità venne edificato un monumento della forma d’un cono tronco, simile esternamente a un piccolo nuraghe, d’un diametro alla base di m. 8 o più, massiccio, privo di cavità interna, e perciò senza segno alcuno di porta, costrutto con pietre piccole, di m. 0,25 per 0,10 di superficie esterna o poco più, legate con argilla assai tenace sopra la cui faccia superiore o piattaforma si saliva per mezzo d’una scala esterna, a piano molto inclinato, con 12 gradini fiancheggianti da muri convergenti colla massima apertura al basso, e la minore in alto, comunicante con la sommità del monumento,la quale è formata con lastre granitiche, variamente disposte, fortemente cementate con argilla.

Il monumento centrale è alto3 metriall’incirca. Per impedire la salita alla sua piattaforma all’infuori della scala, esso era difeso da un robusto antemurale.

Lungo l’erta del colle vi costrussero degli sbarramenti con grossi blocchi, a fine di rendere impossibile o difficile la salita. Dalla parte di tramontana c’è una valletta nella cui sponda inalzantesi di rimpetto al monumento trovasi una fonte d’acqua abbondante e freschissima, la quale dà vita a un rivoletto. I pastori l’hanno denominata Funtanazza e per quanto a me sembra è d’antica costruzione.

Muraglia

I recinti ipetrali a pianta circolare sono dello stesso genere dei pyreia o pyrateia della Persia e dei bamoths e dei chamains della Palestina e specialmente dei recinti ipetrali di Ophel (Gerusalemme), di Gezer di Taannak, di Tel el Sefy, ecc.; erano con tutta probabilità, dedicati parimenti al sole e al fuoco. I recinti quadrati e rettangolari possono trovare i loro raffronti con quelli scopertisi a Knosso, Phestos e nella villa di Haghia Teiada di Creta e nei resti del palazzo di Pantalica.

Il carattere sacro di questi recinti viene provato: 1° dai betili che d’ordinario si trovano in essi, 2° dai pilastrini o cippi betilici che si rinvennero nei recinti della Giara, di Santa Vittoria e di Santa Maria della Vittoria di Serri e nei pozzi sacri di Santa Anastasia di Sardara e di Matzani di Bonorva; 3° dagli altari o are sacrificali che si rinvennero in alcuni di essi; 4° dal luogo stabilito per riporvi le ceneri; 5° dalle ossa degli animali che vi furono sacrificati.

Ma evvi un altro uso cui crediamo fossero adibiti i recinti ipetrali sardi; quello cioè di servirea scopo difensivo o protettivo, tra i quali ricorderemo i recinti primitivi diAdrannythionnella Misia; quelli disposti lungo le strade digradanti di Lasshiti in Creta, verso la regione di Goula, il recinto di Zapata e quello di Campos in Spagna, i recinti trincerati delle Alpi Marittime e della Provenza, nelle quali le tribù vicine si ritiravano in caso di pericolo, i recinti preistorici della Francia, ecc.

Che i detti templi sardi servissero, al par di quello di Gerusalemme e del maggior thescallo dei Montezuma, di sacro rifugio viene provato tanto dall’altezza e solidità dei muri, quanto dalle opere di difesa che si notano presso la cinta muraria e per l’erta collina, specialmente in quello di su Mulinu di Terranova rendendo inoppugnabile il monumento. Egli è certo che, mercè un forte riparto di truppe, il popolo del distretto nuragico, che, come è facile supporre, allora non sarà stato gran fatto numeroso, ivi riparando, avrà cercato di provvedersi d’abbondanti vettovaglie e soprattutto perché il recinto era sotto la protezione d’un dio terribile e vendicativo."Francesco De Rosa ( In “Sardegna” rivista mensile, anno VIII, n. 11, novembre 1930).

Brevi info: Il nuraghe Cabu Abbas o Riu Mulinu è raggiungibile dalla litoranea Olbia- Golfo Aranci in direzione del villaggio di Osseddu-Olbia 2. Il sito è ben segnalato e sempre aperto al pubblico. Una volta giunti alla piccola piazzola di sosta, presso la fontana di Cabu Abbas, si deve necessariamente proseguire a piedi intraprendendo una suggestiva passeggiata in salita. La natura intorno al nuraghe si presenta ancora incontaminata ed è quindi facile incontrare diverse specie di animali selvatici tra cui i mufloni.

Cronologia del monumentportatrie dacqua001o: periodo compreso tra il Bronzo medio e prima età del Ferro.

Il complesso monumentale trova una sua particolare caratteristica nel grande e alto recinto con accessi contrapposti che circonda la vetta del colle, occupata da un piccolo nuraghe monotorre. Da qui si osserva un panorama spettacolare della piana di Olbia e del suo golfo, ed è facile capire la funzione strategica che il nuraghe svolgeva. Nello scavo del 1939 si rinvenne, tra gli altri reperti, molti dei quali esposti al Museo Archeologico di Olbia, un bellissimo bronzetto raffigurante una portatrice di brocca visibile al Museo Archeologico di Cagliari.

© Patrizia Anziani

In copertinavedutaaerea del sito di Riu Mulinu, pubblicata in R. D'Oriano, Il nuraghe di Cabu Abbas o di Riu Mulinu, in AA. AA., Da Olbia a Terra Nova. Itinerari storici, archeologici, monumentali,a cura di M. A. Amucano, Olbia 2004, p. 31.