Friday, 03 October 2025

Informazione dal 1999

Arte e Spettacolo, Cultura, Fotografia, Generale

Olbia, Giada Degortes: un ponte tra Sardegna e Parigi

Scopriamo l'immaginario fotografico di una giovane regista

Olbia, Giada Degortes: un ponte tra Sardegna e Parigi
Olbia, Giada Degortes: un ponte tra Sardegna e Parigi
Laura Scarpellini

Pubblicato il 03 October 2025 alle 08:00

condividi articolo:

Olbia. Durante l'incontro avuto con Giada Degortes, giovane fotografa e regista di Olbia, si percepisce immediatamente che si sta entrando in contatto con una dimensione fuori dal comune. La sua personalità, così sensibile e sfaccettata, è come se di fatto riuscisse ad accendere una luce che attraversi realtà e desideri. Nata ad Olbia, la sua formazione è stata molto ampia spaziando dalla cinematografia presso l'Accademia delle Belle Arti a Sassari, per poi cimentarsi nello studio delle Nuove Tecnologie sempre nella stessa città sarda.

Durante la sua vita ha vissuto per un periodo a Parigi. Ma poi il suo senso d'appartenenza alla sua terra l'ha spinta a tornare alle profonde radici senza però rinunciare alla tensione, a quel dinamismo cosmopolita, che l'ha resa curiosa verso l'arte e la sperimentazione. Il suo immaginario artistico fonde storie reali, collettive e potenti con un intimo racconto interiore, trasformando la fotografia in un mezzo di espressione potentissimo. Come spesso sostiene, "...l’inconscio lavora per immagini: forme e colori rimangono impressi, diventando tasselli preziosi dell’immaginario che alimentano fantasia e scelte future. La comunicazione visiva diventa così una potenza filtrante tra la verità dei fatti e l’opera".

Attraverso le forme espressive a lei più congeniali, la Degortes mostra un’anima sensibile e costantemente protesa verso la vita e la positività delle leggi universali. Nelle sue narrazioni del reale, l’artista è la chiave tra la vicenda verificata e la molteplicità infinita di visioni e sfumature.

La sua fotografia fonde realtà potenti e vissuti personali: come traduce interiorità e pubblico in un’immagine che possa meravigliare e convincere allo stesso tempo?

"Credo che le storie siano veramente potenti quando risuonano in maniera collettiva. Nella fotografia, nel teatro e nell'arte in generale mi piace approfondire questo aspetto. Una storia ci cattura, ci fa emozionare, se da qualche parte del nostro corpo e del nostro vissuto risuona in maniera semplice e spontanea. Tutti prima o poi, sentiamo una qualche forma di dolore, tutti proviamo amore o affetto, tutti ci ritroveremo davanti alla morte, tutti siamo stati bambini. E per questo che la storie dei singoli diventano spontaneamente le storie di tutti, questo processo di immedesimazione, riduce le distanze, abbatte le barriere, ci ricorda che siamo parte della stessa specie, quella umana. Raccontare delle storie attraverso le immagini, significa per me usare un linguaggio universale che non ha confini. Creare immagini efficaci è il compito degli artisti, ma per quanto mi riguarda non sempre questi processi sono consapevoli e premeditati, alle volte semplicemente accadono. Le immagini scivolano e vengono partorite perchè sono il frutto di un'urgenza impellente, e semplicemente funzionano, perchè questa urgenza è comune, a livello sociale o storico. L'immagine funge da specchio e il pubblico ci si riflette".

Se dovesse descrivere in una frase la sua visione artistica, quale sarebbe e quale messaggio vorrebbe che il pubblico portasse a casa dopo aver visto le sue immagini o assistito alle sue pièces?

"Mi capita spesso che i giorni dopo gli spettacoli mi arrivino dei messaggi, di ringraziamento, di critica, di suggestioni. Alle volte arrivano in ritardo perche il pubblico deve digerire le immagini ed elaborare ciò che ha visto e sentito. Mi auguro sempre che questo accada, spero che il pubblico entri a teatro con un status emotivo e lasci la sala in un modo completamente diverso, possibilmente un po' sconvolto, sconquassato, perplesso. Significa che qualcosa lo ha attraversato veramente, lo ha messo in una posizione di riflessione e quindi di cambiamento. La stessa cosa spero accada dopo aver visto una mostra fotografica, un film, un concerto. L'arte è stravolgimento, se no cos'altro sarebbe? Se penso ad una frase che possa esprimere la mia visione artistica, mi vengono in mente delle parole che disse la grande documentarista Hanna Polak quando assistetti ad una sua masterclass “nella notte più buia, anche una piccola stella puo illuminare il cielo”. L'arte mi ha insegnato a scavare in profondità,soprattutto nei momenti piu bui, questo è quello che voglio trasmettere attraverso questi processi".