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Le opere di Francesca Devoto donate al MAN

Le opere di Francesca Devoto donate al MAN
Le opere di Francesca Devoto donate al MAN
Lycia Mele Ligios

Pubblicato il 31 May 2019 alle 22:22

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Olbia, 1 giugno 2019 - “Farai le figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell’animo altrimenti non sarà laudabile”. Con queste parole di Leonardo da Vinci, tratte dal celebre "Trattato di Pittura", vogliamo ricordare una pittrice sarda, conosciuta per i suoi intensi ritratti,Francesca Devoto(Nuoro 1912 - 1989), che ben ha assimilato la lezione leonardesca e di cui otto opere saranno acquisitedal MUSEO MAN di Nuoro,grazie alla donazione degli eredi.

Francesca Devoto, Autoritratto dell'artista, 1936 ©Nelly Dietzel

Queste tele saranno aggiunte a quelle già presenti nella Collezione Permanente del museo, della stessa artista.

Donazione

La cerimonia ufficiale di donazione, con gli interventi del presidente Tonino Rocca e il direttore del MAN Luigi Fassi, si svolgerà oggi, sabato 1 Giugno, alle ore 10.00 e vedrà un percorso espositivo visitabilefino a domenica 9 Giugno.

Sono opere con velati riferimenti ottocenteschi o echi post-impressionisti. S’intravvedono delicate affinità con le tele di Paul Cézanne, padre dell'arte moderna, in particolare del periodo precedente a quello sintetico e disgregativo dell’immagine.

L’artista mette in luce la sua ricerca di concretezza formale: la cura attenta della figura resa da equilibrati giochi di colore e luce che conferiscono atemporalità alle sue tele.

L'artista

Francesca Devoto nasce a Nuoro nel 1912. Dopo le scuole elementari continua i suoi studi in un Collegio di Firenze e, nel capoluogo toscano, frequenta la prestigiosa scuola d’artetra le più importanti del periodo, di un pittore allora molto conosciuto, Filadelfo Simi (1849 - 1923), e di sua figlia Nerina.

Nello studio si respira un’aria internazionale perché Filadelfo Simi è vissuto a Parigi, la più importante capitale d’arte del tempo. Lì acquisisce diverse esperienze artistiche. In seguito visita la Spagna per un suo personale interesse verso la pittura e architettura in stile ispano–moresca.

A Parigi, nella seconda metà dell'Ottocento, è visibile una sorta di rinnovata vitalità artistica con la presenza di numerosi Ateliers. Simi, pittore d'impostazione classica, ha contatti con gli artisti del realismo paesaggistico della Scuola di Barbizon e con pittori italiani residenti a Parigi, come Giuseppe De Nittis. Mentre, in Italia, Firenze è considerata punto di riferimentoe di ricerca per l’arte, e molte ragazze americane,scelgono la Scuola d’Arte di Filadelfo e Nerina, per imparare disegno e tecnica pittorica.

La descrizione dell’ambiente artistico si mostra necessaria per capire le influenze, il respiro europeo e la conseguente originalità del linguaggio espressivo di Francesca Devoto che, fin da subito, mostra una sua precisa identità lontana dagli esiti stilistici dei pittorisardi più vicini ad indagini di carattere etnografico e linguaggi espressivi più classici.

Francesca Devoto, Adolescente di profilo, 1938 ©Nelly Dietze

Francesca ama dipingere ritratti, un po' come cogliere pensieri sospesi o meglio, moti d’animo, se si considera il volto, un riflesso o specchio di emozioni o “âme du corp” – così definito da Denis Diderot, – anima del corpo dove traspare ciò che si pensa prima di percepirlo razionalmente.

Ma, non realizzò solo ritratti anche altri generi, come nature morte, marine, paesaggi e interni.

Per capire il suo linguaggio espressivo è bene fare una premessa: dopo l’avvento della fotografia, l’orientamento di alcuni linguaggi artistici si basa su sfumature più soggettive. La resa dell’opera gioca su due elementi fondamentali: il colore e la luce.

Francesca ama questi due elementi che tesse con una raffinata eleganza e armonia cromatica, al fine di creare equilibrismi tra forme, figure, spazi, e giochi chiaroscurali resi dal colore steso con pennellate piccole e piatte.

Francesca Devoto, Tina nello studio di via Cavour,1936 – Courtesy of Museo MAN

Mostra indagini pittoriche legate alla semplicità con l'utilizzo di geometrie essenziali, palette dai colori sfumati mai puri, con ricerche tonali che illuminano particolari.

Le opere non alludono a fughe metaforiche, solitudini e alienazioni, come ad esempio nella pittura di Edvard Hopper, – altro pittore che ama rappresentare gli interni, – ma a "ricerche" di un bene-stare tra i luoghi che ama.

Ciòinfonde nel fruitore una sensazione rasserenante. Una sottile percezione dove il senso del vivere viene racchiuso nella semplicità delle cose e nell'agire individuale come leggere un libro, suonare il pianoforte o contemplare il panorama dalla finestra del proprio studio.

Alcune opere

Nell’opera "Tina nello studio di via Cavour" – già presente nella Collezione Permanente del MAN – vi è una leggera geometrizzazione degli spazi, strutture minimaliste che sembrano attuali arredi nordici. Ogni spazio è soggetto ad un equilibrio armonico che riflette un forte gusto estetico: ivasettini di fiori sul mobile in ordine crescente; la diagonale disposta su la sedia a sinistra, la poltrona e il tavolino che si congiunge con la linea dei mobili a destra del dipinto.

Un punto focale doppio. Infatti, oltre alla figura centrale della lettrice, sembra che si debba considerare un altro punto: il tavolino tondo con sopra il vaso dei fiori.

Un implicito significato: acquisire saggezza dalla lettura di un libro può essere visto come cogliere un fiore, nel fluire della vita. Un rinverdire l'anima. Una rinascita.

Il ritratto "Adolescente di profilo" ci riconduce ad una certa ritrattistica rinascimentale perciò classicheggiante come posizione, ma non come linguaggio pittorico. Le stesure del colore, con sfumature chiaroscurali, conferiscono armonia ed unità al ritratto. Anche in quest'opera tutto è sapientemente equilibrato, perfino il colletto della camiciola sembra riflettere l’attaccatura dei capelli.

Nel suo grazioso "Autoritratto" che mostra fierezza e gioia, si può notare come il mento richiami l’angolo del colletto e a sua volta il braccio del piccolo cavalletto, il busto parallelo alla tela, tutti elementi orchestrati nello spazio che diviene depositario di verità in quanto raffigura Francesca come artista. Il taglio fotografico e le pennellate a chiazze o macchie evocano certa pittura post-impressionista e forse la tecnica espressiva dei macchiaioli.

Nei quadri di Francesca Devoto ogni cosa è illuminata, ha una sua giusta collocazione, secondo un rigore simmetrico fatto di giuste prospettive e proporzioni.

Un’artista “solitaria” ma eccelsa. Una delle prime artiste sarde ad esporre nel 1936 in una solo-exhibition a Cagliari nella Galleria Palladino a soli 24 anni. Si ricorda la sua partecipazione in tanti eventi artistici e conseguenti dibattiti culturali. Significativa la sua presenza alla VI Quadriennale di Roma del 1951-52.

Una "voce" che è riuscita a farsi apprezzare non solo dai suoi colleghi sardi, restii ad accogliere una donna nel loro cenacolo, ma anche dalla critica che ha sempre manifestato entusiasmo e apprezzamento per il suo linguaggio espressivo.

Il Museo MAN

Il Museo MAN, dopo l'acquisizione dell'opera "Sardegna" di François-Xavier Gbré, conquesta preziosa donazione delle opere di Francesca Devoto continua la sua crescita esponenziale ponendosi depositario e referente di memoria storico-artistica: un patrimonio culturale tra i più significativi e prestigiosi della Sardegna.

©lyciameleligios