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Olbia, la testimonianza di una fibromialgica: "senza oppiacei dolori devastanti"

Parla una delle tanti pazienti fibromialgiche, in terapia con oppiacei, farmaci dal discusso utilizzo

Olbia, la testimonianza di una fibromialgica:
Olbia, la testimonianza di una fibromialgica:
Camilla Pisani

Pubblicato il 14 May 2021 alle 06:00

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Olbia. Una patologia diffusissima, ma su cui aleggia ancora oggi una sostanziale ignoranza, sia da parte della classe medica, sia da parte della popolazione: la fibromialgia, patologia dal decorso subdolo e dalla difficile diagnosi, solo negli ultimi anni sta riuscendo ad ottenere qualche riscontro, anche grazie all’attivismo dei comitati e delle associazioni dedicate. Quasi sconosciuta fino a pochi anni fa, la fibromialgia è stata oggetto di numerosi studi che hanno apportato nuove conoscenze, anche da un punto di vista epidemiologico. Per esempio, oggi sappiamo che la fibromialgia è maggiormente diffusa tra le donne (che rappresentano circa il 90% dei malati) e che può comparire a qualsiasi età, ma il picco si colloca tra i 40 e i 60 anni, con importanti ripercussioni sull’attività lavorativa e sul piano socio-affettivo. La fibromialgia, infatti, coinvolge l’intero organismo, e così come i sintomi sono pervasivi, così il trattamento dev’essere assolutamente multidisciplinare, con la combinazione di terapie farmacologiche e trattamenti meno convenzionali. Nel primo caso la scelta del farmaco deve essere guidata dai sintomi dei pazienti: le opzioni comprendono analgesici, anti-infiammatori non steroidei, miorilassanti, ipnotici, sedativi, antidepressivi. Ai farmaci possono essere abbinati trattamenti riabilitativi, per migliorare il tono muscolare e ridurre la percezione del dolore, e la psicoterapia; vi sono evidenze di efficacia anche con l’agopuntura, la balneopterapia, esercizi aerobici, ipnoterapia, biofeedback.  Proprio rispetto al trattamento terapeutico, riceviamo un’interessante testimonianza: D., paziente fibromialgica diagnosticata da circa quindici anni, per più di un decennio non è riuscita a condurre una vita normale, debilitata dai dolori ossei e dalla profonda debolezza che la patologia arreca; le terapie prescritte, anche seguite arrivando ai dosaggi massimi previsti, non sono mai riuscite ad alleviarla, costringendola ad un’esistenza a metà, in cui anche l’esperienza della maternità è stata costellata di disagi. “La fibromialgia, inizialmente, è arrivata piano, manifestandosi solo con dolori che sembravano reumatici, per poi esplodere. Per anni sono stata curata con il farmaco Lyrica, che purtroppo non ha mai avuto alcuna efficacia nel mio caso; tre anni fa un neurologo illuminato, prima di propormi la cannabis terapeutica, ha provato a darmi l’ossicodone, un oppiaceo. Grazie all’assunzione di questo farmaco, che contiene anche paracetamolo, sono letteralmente rinata, i dolori non sono scomparsi ma si sono alleggeriti quel tanto che mi basta per lavorare, tramite la meditazione e la gestione delle energie fisiche, ad una vita normale, in cui posso di nuovo includere anche lo sport. Purtroppo attorno all’uso terapeutico degli oppiacei esiste una sostanziale diffidenza dovuta principalmente all’effetto di dipendenza che questo tipo di farmaco dà; se inizialmente, soprattutto nel mercato statunitense, l’ossicodone è stato largamente utilizzato anche in maniera impropria, successivamente lo stesso farmaco è stato quasi ostracizzato” racconta la paziente. Ad Olbia il polo specializzato nella Terapia del Dolore è stato chiuso, all’indomani del pensionamento degli specialisti: da allora, pazienti come D. hanno perso un importante punto di riferimento, utile anche a dipanare questioni come quella relativa alle terapie personalizzate. “Assumo l’ossicodone da più di due anni, sempre nella stessa dose, mai aumentata ma al contrario, leggermente diminuita, distribuendo il dosaggio in maniera uniforme per tutta la giornata; malgrado quindi non sussista una tossicodipendenza, qualche settimana fa, dopo un colloquio con uno specialista del Mater Olbia, mi è stato imposto di terminare la terapia, iniziare una diminuzione graduale per poi tornare ad assumere Lyrica, farmaco che non ha mai prodotto risultati, nel mio caso. Malgrado abbia fatto presente allo specialista l’inefficacia di Lyrica, ponendo di contro la grande efficacia dell’ossicodone, sono stata trattata con sufficienza, come fossi una tossicodipendente; questo atteggiamento purtroppo è tipico di svariati medici, ancora poco formati in merito alla fibromialgia, che tendono a ricondurre ogni sua manifestazione a depressione o altro. Adesso sarò costretta a rivolgermi alla sanità privata, nella speranza di riuscire ad ottenere una terapia simile all’ossicodone, perché per quanto mi riguarda sono disperata all’idea di farne a meno, proprio perché so bene a che tipo di dolori invalidanti vado incontro; questo è negare un farmaco ad un ammalato, ed è profondamente ingiusto” conclude D. . Questa testimonianza assume un valore cruciale nella quotidiana battaglia dei fibromialgici per l’ottenimento di cure adeguate e personalizzate: dissipare il pregiudizio in merito innanzitutto alla patologia, e poi alle sue possibili terapie, sta alla base delle campagne di sensibilizzazione delle associazioni, come il Comitato Fibromialgici Uniti di Olbia.