Thursday, 25 April 2024

Informazione dal 1999

Arte e Spettacolo, Cultura

Olbia, la poesia "essenziale" tra interiorità ed impegno civile: ecco Tino Scugugia

Intervista al poeta olbiese, che racconta il suo particolare rapporto con l'arte poetica

Olbia, la poesia
Olbia, la poesia
Camilla Pisani

Pubblicato il 04 April 2021 alle 06:00

condividi articolo:

Olbia. Non solo parole gradevoli, inanellate in versi belli a sentirsi, ma anche impegno -anche civile- ed un’instancabile autocritica: questi, per il poeta olbiese Tino Scugugia, i fondamentali per una buona produzione poetica. Storico docente del liceo scientifico cittadino, Scugugia coltiva fin da bambino l’amore per l’arte poetica: “la prima poesia che ho composto, lo ricordo benissimo, era dedicata al castello di Pedres. Avevo dodici o tredici anni, e una fascinazione per l’antico; purtroppo non ho più quella prima composizione, perché dopo averla donata ad un amico, non l’ho più recuperata. Da ragazzino, mi appassionava la poesia di vario tipo, dai lunghi e musicali versi del Manzoni a Leopardi, ai classici della formazione poetica come Neruda e Garcia Lorca. La poesia, come per tanti accade, ha spesso a che fare con le frustrazioni, le delusioni che l’uomo tende proprio a sublimare attraverso la lettura e la composizione. La lettura, a questo proposito, gioca un ruolo fondamentale, poiché è proprio attraverso l’esplorazione dei grandi della letteratura che si può arrivare all’ispirazione. Quand’ero giovane, pubblicavo le mie poesie trascrivendole in bella grafia su alcuni quadernetti, regalandoli poi agli amici; la mia prima pubblicazione ufficiale, all’interno di una raccolta, è avvenuta a mia insaputa, tramite un amico”. Scugugia è un poeta schivo, lontano dai riflettori per scelta, preso a tal punto dalla sua opera di produzione da dimenticare il piacere -forse velleitario- della pubblicazione: “poeta da facebook”, si prende scherzosamente in giro, poeta autentico e quasi francescano nel suo poetare asciutto. Nei suoi versi né una sillaba di più né una di meno del necessario, ma non è un’impressione scarna e nemmeno severa quella che se ne ricava: è materia distillata, purissima, a volte amara, urgente, malinconica, fremente; non c’è traccia, nei suoi versi, di quel belletto che trasforma le parole in una maschera, seducente eppure falsa, statica. “La poesia, nel mio caso, è sempre stata legata all’impegno, sulla scia di Neruda e Majakovskij, anche se è poi stato Montale, dal punto di vista stilistico, ad imprimere la traccia più profonda. Ho sempre pensato che la poesia dovesse essere partecipe, che dovesse servire; per me l’idea che la poesia sia inutile non piace. La materia della poesia è la parola, e la parola è il veicolo privilegiato della comunicazione, per cui il lavoro sull’espressione verbale è essenziale. Questo lavoro nasce dall’ispirazione, ma ho notato che una parte fondamentale è l’attesa, oltre ad una severissima autocritica; la poesia non è solo belle parole, è un’attesa di qualcosa, di un evento. Proprio per questo bisogna lavorare sulla propria produzione, compiendo un grande lavoro di eliminazione, come accade similmente nell’arte povera” racconta Scugugia. Questo lavoro di cesello, di limatura è evidente nei versi del poeta, che, lontano dagli eccessi evoca con poche, ma sceltissime parole, suggestioni intime, paesaggi interiori di enorme forza. Scugugia, parallelamente alla sua attività di poeta, ha svolto per una vita quella di insegnante e ne racconta con passione i risvolti: “ho fatto un lavoro che amavo, e lo studio della comunicazione immediata della classe è fantastico, anche se è chiaro che solo dopo il termine della mia carriera scolastica ho avuto l’opportunità di riprendere i miei studi personali e soprattutto la pratica quotidiana della scrittura”. Una poesia essenziale, trasposizione letteraria dell’arte concettuale: nessuna sbavatura, nessun travalicare nello spleen baroccheggiante; paradossalmente, è proprio da questo minimalismo della parola che trabocca la grande forza espressiva, universale, a metà tra metafisico e materico di questo poeta olbiese.