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Pubblicato il 08 May 2020 alle 10:33
Olbia, 08 maggio 2020 - La Fase 2 è iniziata tra molti timori e qualche fuga in avanti: c'è bisogno di far ripartire l'economia perché l'Italia non è la Germania e non può riversare fiumi di aiuti pubblici direttamente nel conto corrente delle aziende. E così, eccoci catapultati nel dover riprendere a lavorare senza capire, esattamente, come. L'unica cosa certa è che dobbiamo fare attenzione e che il numero di tamponi eseguiti è importante. Nel Nord Italia, ovvero la zona più colpita, qualcosa di importante si sta muovendo. La Lombardia ha dato delle nuove linee guida: da lunedì il tampone si fa a domicilio.
Lo potranno fare le persone che presentano i sintomi Covid-19, ma non sono ricoverate in ospedale e lo stesso vale peri cosiddetti "contatti stretti". Non ci sarà una lunga trafila per ottenerlo: basterà la prescrizione del medico di base. L'obiettivo della Regione lombarda è arrivare a processare 30.000 test al giorno, il doppio rispetto a oggi.
Stesse modalità in Emilia-Romagna, altra regione colpita dal Coronavirus: prescrizione del medico per i contatti stretti e via, tampone da eseguire. Obiettivo? 15.000 tamponi al giorno.
Poi c'è il Veneto, Regione a cui tutti guardano come modello da imitare: qui sin dall'inizio dell'epidemia tutti i pazienti sintomatici e tutti i loro contatti stretti possono ottenere un tampone (anche se asintomatici). Anche qua, presto, basterà la prescrizione del medico di famiglia. L'obiettivo del governatore Zaia è quello di arrivare a processare, entro settembre, la bellezza di 50.000 tamponi al giorno.
Per il sierologico, cioè il famoso test rapido, ci sono indicazioni diverse a seconda delle Regioni. In Emilia-Romagna si può fare a proprie spese - il test costa 25 euro - in 25 laboratori autorizzati, ma serve la prescrizione del medico. Se il paziente risulta positivo viene preso in carico dal Sistema sanitario.
Anche in Veneto è possibile farlo in modo autonomo, ma senza prescrizione medica: questa serve per il tampone, nel caso il sierologico risulti positivo. In Lombardia, per ora, questa possibilità è solo per gli operatori sanitari.
E la Sardegna? Da noi regna l'incertezza. L'indagine epidemiologica (a campione) promessa dal governatore Solinas è partita ufficialmente qualche giorno fa, ma non dalla Provincia di Sassari come inizialmente ipotizzato. Si è partiti da Bitti, paesino dove un'intera casa di riposo è risultata positiva al Covid-19.
Non ci sono notizie in merito la possibilità di fare un test sierologico autonomamente a pagamento, né si può ipotizzare il costo. Non si hanno notizie di un allargamento delle maglie (ovvero tampone prescritto dal medico di famiglia), né è chiaro se si faranno i famosi "tamponi a tappeto" (cosa che sarebbe auspicabile, considerando che siamo 1,6 milioni di abitanti).
Al momento, l'unica cosa certa è che la Sardegna non fa abbastanza tamponi naso-faringei. Le cose sono migliorate rispetto a qualche settimana fa, ma la nostra isola - secondo la Fondazione Gimbe - ne fa troppo pochi per la Fase 2.
La Sardegna si trova nella fascia più bassa: facciamo 53 tamponi ogni 100.000 abitanti. Peggio di noi solo Calabria (52), Campania (47), Sicilia (46) e Puglia (37).
Le regine della classe (che però non sono in prima, ma in seconda) sono tutte del Nord: Trento (222), Valle d'Aosta (192), Bolzano (170), Veneto (166) e Friuli (157). La prima classe (la Fondazione Gimbe ne ha selezionato 5) è vuota: prevede 250 tamponi al giorno per 100.000 abitanti, nessuna Regione/Provincia Autonoma riesce a fare tanto.
Insomma, abbiamo ancora tanto da fare e oggi c'è attesa per il famoso numero Rt (si legge "R con t") che dovrebbe sancire la riapertura degli esercizi commerciali.
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