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Arzachena: il medico chirurgo Ivan Pirina sfida il tetto del mondo

Fervono i preparativi per l'impresa che vedrà la bandiera sarda sventolare dove solo alcune hanno avuto l'onore di arrivare

Arzachena: il medico chirurgo Ivan Pirina sfida il tetto del mondo
Arzachena: il medico chirurgo Ivan Pirina sfida il tetto del mondo
Laura Scarpellini

Pubblicato il 27 August 2025 alle 08:00

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Arzachena. Medico chirurgo con la passione dell'alpinismo, Ivan Pirina ci terrà con il fiato sospeso nei prossimi mesi mentre lo seguiremo nella sua prossima impresa. Pirina lascia alle spalle le colline di casa per affrontare l’Himalaya, la sfida sportiva che potrebbe segnare la sua vita alpinistica: dall’orizzonte di Arzachena al cuore del Nepal l’alpinista sardo si prepara a salire su un ottomila, un traguardo che per chi ama la montagna, rappresenta già una vetta fondamentale.

Pirina non nasconde la serietà dell’impresa e dai social fa sapere: “darò il massimo per arrivare fino in cima,” dice, ricordando che la montagna sarà sempre il giudice ultimo. Il cammino di questa avventura è stato possibile grazie al sostegno di diversi sponsor e con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Arzachena, con un vivo apprezzamento rivolto all’Assessore al Turismo e Commercio Claudia Giagoni per l’impegno dimostrato. Pirina con noi ripercorrerà la preparazione, le motivazioni profonde e le aspettative legate a questa spedizione che lo vede confrontarsi con una delle sfide naturali più imponenti al mondo.

Quale è stata l'ispirazione per lasciare Arzachena e affrontare una spedizione sull’Himalaya, considerato il tuo percorso fin qui?

"Inutile dire che non si arriva per caso a scalare un 8000. Da ragazzo ho sempre amato la montagna in tutti i suoi aspetti, dallo sci fino all'alpinismo. Ho iniziato con scalate semplici, accompagnato da guide alpine per permettermi di acquisire i fondamentali necessari per intraprendere salite sempre più tecniche. Prima del Manaslu ho scalato i 4000 più alti delle Alpi, il Kilimangiaro in Tanzania e l'Aconcagua in Argentina.
L'Himalaya rappresenta una sorta di "tesi di laurea" per ogni alpinista e trovo sia un luogo in cui chi ama questo sport debba visitare almeno una volta nella vita".

Può descrivere la preparazione fisica e mentale che hai messo in atto nell’ultimo anno per arrivare a questa sfida?

"La preparazione fisica richiesta per un impegno di questo tipo dev'essere massimale perché lassù sei essenzialmente "solo", nel senso che quando anche i tuoi compagni sono al limite, l'aiuto che puoi ricevere dagli altri è minimo o a volte nullo. Si fanno allenamenti volti a migliorare soprattutto la resistenza alla fatica più che la forza. L'aspetto mentale invece lo alleni in ogni scalata e quindi è importante avere un bagaglio di esperienze pregresse su montagne magari meno estreme. Ovviamente allenarsi per un 8000 vivendo a livello del mare non è semplice, ma questo rende la sfida ancora più degna di essere affrontata".

Quali sono le principali difficoltà che temi incontrare in quota e come si prepara ad affrontarle dal punto di vista tecnico e psicologico?

"La quota è di per sé la difficoltà maggiore da affrontare, soprattutto se estrema come quella del Manaslu (8163m). Bisogna sapersi gestire, essere allenati e accorgersi dei segnali che il corpo ti invia che se non considerati, potrebbero trasformare l'avventura in una tragedia. Questa montagna non è la più tecnica al mondo, ma di certo richiede a chi la scala competenze molto alte. Ciò che mi preoccupa più di ogni altra cosa però è il meteo; il Manaslu è famoso per le abbondanti nevicate che aumentano il rischio di valanghe. Non sarà di certo semplice, ma spero di avere quella finestra di bel tempo che mi permetta di provare a raggiungere la cima".

Che significato ha per lei arrivare in cima a un 8000, e come pensa che questa esperienza influenzerà la tua prossima narrativa sportiva e personale?

"A me piace mettermi alla prova, provare a superare il mio limite e quale migliore occasione di un 8000 per un alpinista? Mi ritengo estremamente fortunato a potermi misurare con una delle montagne più leggendarie al mondo e permettimi di ringraziare chi col suo aiuto, economico e/o organizzativo, ha contribuito al tentativo di questa impresa. Voglio ricordare l'Amministrazione Comunale di Arzachena per aver patrocinato la scalata, l'assessore al Turismo e Commercio Claudia Giagoni e i gruppi Sardares e Surrau per il sostegno fornitomi".

Se dovesse sintetizzare un messaggio per chi ti segue sui social e per i giovani alpinisti in erba, quale sarebbe, soprattutto in relazione all’umiltà davanti alla montagna e all’impegno quotidiano?

"Amo guardare le grandi montagne perché mi ricordano quanto sono piccolo di fronte alla loro maestosità.
Chi si avvicina all'alpinismo dovrebbe farlo con gli occhi di un bambino, sapendo che potrà esercitarsi per tutta la vita, diventare anche il migliore al mondo, ma alla fine sarà solo la montagna a decidere se permetterti di arrivare in cima".