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Turismo, mancano gli stagionali: "servono stipendi adeguati e tutele per tutte le categorie"

Parla l'associazione dei lavoratori stagionali, che delinea un quadro generale fatto di paghe insufficienti e scarsa formazione

Turismo, mancano gli stagionali:
Turismo, mancano gli stagionali:
Camilla Pisani

Pubblicato il 10 June 2021 alle 06:00

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Olbia. Una nuova stagione turistica ancora non pienamente iniziata, per certi versi ancor più incerta della precedente: in questi giorni i riflettori sono puntati sui lavoratori stagionali, che, a quanto riferito da molti imprenditori locali, mancano; il rischio è quello di veder congelata la stagione, latitando le risorse umane. Ma qual è la situazione? Abbiamo cercato di capirlo con Valerio Garau, resposabile dell’Anls Sardegna (l’associazione nazionale lavoratori stagionali), il quale ha delineato una situazione dai contorni molto netti, in contrapposizione con l’idea, balenata nei giorni scorsi, che siano le misure come il reddito di cittadinanza a trattenere i lavoratori dall’impiegarsi nelle strutture alberghiere, sottintendendo, a livello grossolano, una generale condizione di “pigrizia”. “La difficoltà nel trovare personale disponibile esiste, ma quello che ho letto a riguardo mi ha molto infastidito ed offeso come categoria; è impensabile attribuire la colpa di questo al reddito di cittadinanza che, ricordo, è una misura in vigore già dal 2019 e valida per un periodo di soli diciotto mesi; piuttosto, il reddito di cittadinanza, tanto additato dagli albergatori, è stato un modo per restituire un minimo di dignità ai lavoratori, soprattutto durante lo scorso anno, che non siamo riusciti ad assorbire in stagione. Altro discorso è quello relativo ai furbetti, che però esistono in ogni settore e non devono costituire l’alibi per generalizzare su un’intera categoria; bisognerebbe piuttosto approfondire il discorso sulle retribuzioni, che dovrebbero costituire un bilanciamento che regola la necessità di essere più presenti sul lavoro, lavoro che è molto sacrificante. Finché si è rimasti su questa idea, le cose sono andate bene, ma negli ultimi anni la situazione è molto cambiata, adeguando al ribasso gli stipendi per un tipo di lavoro che richiede molto sacrificio, e che va adeguatamente retribuito sia per quanto riguarda i professionisti iper specializzati sia per quanto riguarda le nuove leve; va eliminata questa idea per cui si deve concentrare l’attenzione sull’aumento retributivo -pur sacrosanto- di chi ha una propria specifica specializzazione, perché anche un ragazzo alle prime armi ha diritto ad uno stipendio che tenga conto del lavoro svolto. Bisogna capire che va modificato quel sistema secondo cui, di settanta dipendenti, quelli aventi diritto ad un vero stipendio da stagionale (dignitoso, omnicomprensivo) saranno al massimo otto o nove; mi chiedo, come facciamo ad appassionare un ragazzo ad un mondo pur bellissimo, se proponiamo stipendi anche più bassi di chi ha un impiego annuale? Questo problema esiste da ben prima del Covid-19, ma è proprio forse da questa grande crisi che si sta cominciando ad alzare la testa su una situazione profondamente ingiusta; non è solo il professionista a dover essere pagato, ma anche il ragazzo che si approccia seriamente al lavoro, perché altrimenti quel ragazzo cercherà un impiego meno sacrificante e meglio retribuito. Ricordo inoltre che quando si parla di stipendio stagionale, si parla di retribuzione omnicomprensiva, quindi vanno valutate tutte le voci, e bisogna che la si smetta con la classica frase ‘se non accetti, c’è la fila dietro di te’, perché questa fantomatica fila di lavoratori disposti allo sfruttamento diventa sempre meno folta” spiega il responsabile Ansl Sardegna. Una parte essenziale della questione sta poi nella formazione dei lavoratori stagionali, che andrebbe potenziata ed incentivata attraverso vari canali: ma quello su cui punta Ansl è la riapertura di una seria e concreta riflessione sul valore delle risorse umane stagionali, che non possono più essere cronicamente svalutate a livello retributivo, ma anzi devono trovare nuova collocazione e miglior valorizzazione. “Quello che funziona è il meccanismo di dare-avere, senza il quale è impossibile far funzionare la situazione; a lavoratori affidabili e formati deve corrispondere la presa di responsabilità degli albergatori, che devono anche fare in modo di ottenere dei costi minori per le assunzioni. Ricordo che quando fu dimezzata la Naspi, non ci fu alcun gruppo ad esprimere dissenso, e questo va a ricollegarsi con un discorso più ampio concernente la tutela dei diritti degli stagionali, che progressivamente continuano a mancare; sempre meno diritti e sempre più doveri, situazione che contribuisce ad indebolire lo zoccolo duro e disincentiva le nuove leve” conclude Garau. La colpa, dunque, sembra non essere della “comodità” assicurata dal reddito di cittadinanza, ma della difficoltà degli stagionali nel venire a patti con stipendi minimi e con il progressivo allontanamento dal settore da parte dei più giovani, poco allettati dall’entrare in un mondo sempre meno tutelato e meno pagato.