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Olbia, in aumento i disturbi alimentari: "necessario combattere grassofobia e culto della dieta"

La pandemia ha aumentato il numero delle persone affette da disturbi del comportamento alimentare

Olbia, in aumento i disturbi alimentari:
Olbia, in aumento i disturbi alimentari:
Camilla Pisani

Pubblicato il 18 March 2021 alle 06:00

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Olbia. Il nostro è un secolo letteralmente ossessionato dal peso: la nostra vita, anche in modo inconsapevole, è permeata totalmente da quei concetti (apparentemente contraddittori ma profondamente legati) di grassofobia e cultura del dimagrimento, concetti che innescano meccanismi di perenne frustrazione nei confronti del corpo che abitiamo. Il culto del dimagrimento, sebbene non ne sia la causa diretta, è chiaramente collegato all’insorgenza ed al radicamento dei disturbi del comportamento alimentare: proprio in questi giorni (il 15 marzo) si è celebrata la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, un’occasione mirata a sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo la tematica di disturbi come anoressia, bulimia, obesità, binge eating e tutti gli altri disturbi alimentari. In Italia, sono quasi 3 milioni le persone che soffrono di questi disturbi: 95,9% composto da donne; il restante 4,1% da uomini. La difficoltà di questi disturbi è comprendere a pieno l’entità e le conseguenze di queste malattie, poiché solo una piccola percentuale degli affetti da queste patologie riesce a chiedere effettivamente aiuto. Soffrire di questi disturbi alimentari comporta oltre alle ovvie ripercussioni sulla salute fisica, anche conseguenze a livello sociale. Nello specifico si riscontrano gravi penalizzazioni per le capacità relazionali, lavorative e sociali, perché generalmente il disturbo alimentare è associato ad altre patologie psichiatriche. L’obiettivo della giornata dedicata ai disturbi alimentari è sicuramente implementare una corretta informazione riguardo i DCA, ma soprattutto riuscire a rendere coscienti che questi disturbi possono essere curati attraverso un’assistenza specifica e, se necessario attraverso percorsi riabilitativi specializzati. Purtroppo la diagnosi di un disturbo del comportamento alimentare non è sempre semplice, a causa del confine estremamente sfumato tra disagio psicologico e malattia vera e propria: “mi è spesso capitato di avere in trattamento casi di persone che ho ritenuto dirottare verso soluzioni più drastiche, visto il quadro generale compromesso. Al di là della situazione specifica relativa ai DCA, credo sia doveroso prendere consapevolezza, come professionisti ma anche come persone comuni, della pericolosità dello stigma legato al peso. Il pregiudizio sulle persone grasse e sull’obesità è un vero e proprio ostacolo alla salute mentale, e secondo molti studi, mentre altri pregiudizi stanno gradualmente perdendo importanza (anche grazie all’attivismo) quello sul grasso diventa sempre più preponderante, con l’ovvia conseguenza che certe dinamiche relative alla gestione del cibo e del corpo vengono esacerbate” spiega la dottoressa Simona Serreri, psicologa specializzata nel counseling ad approccio integrato. La pandemia ha aggravato in modo considerevole i casi di DCA, acuendo quelli già diagnosticati e registrandone di nuovi: secondo i dati resi noti dal Centro Nazionale per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, nei primi 6 mesi del 2020 in Italia ci sono stati 230.458 nuovi casi a fronte dei 163.547 dello stesso periodo del 2019. Sono aumentati i casi di esordio della malattia ex novo, si sono aggravati quelli preesistenti e si è abbassata la fascia di età colpita: tra i nuovi diagnosticati ci sono anche bambini di 11 anni. “In questo periodo chi aveva già un rapporto conflittuale col cibo, si è trovato a soffrire maggiormente, perché con il lockdown e le restrizioni ha dovuto affrontare una situazione in cui la difficoltà di trovarsi circondato da un eccesso di cibo ha inasprito le modalità della gestione della fame e del corpo. Ho osservato che, se da una parte si registrava questa maggiore sofferenza, dall’altra la tendenza a fare dell’ironia sulla possibilità di ingrassare a causa del lockdown ha fatto emergere la prevalenza di questa cultura grassofobica e dietocentrica che abbiamo assorbito troppo a lungo; questo è il fulcro del mio lavoro, cercare di far guadagnare consapevolezza, attraverso il counseling, ai miei pazienti, relativamente alle loro abitudini e dinamiche legate al cibo. Purtroppo il periodo della pandemia ha sottoposto le persone ad una tale sofferenza che molte situazioni si sono aggravate o ulteriormente cronicizzate; nel momento in cui capisco che la situazione sta diventando invalidante, mi confronto con altri colleghi cercando di individuare un percorso adatto. Il problema è che, nel momento in cui il DCA diventa grave, spesso è necessario indirizzare il paziente ad un ricovero presso strutture residenziali o semi residenziali, che ad Olbia mancano. A fine 2019 è stata evidenziata questa lacuna durante un convegno, e si è discusso della carenza di servizi pubblici dedicati e della mancanza di strutture. Questo è un punto che sarebbe essenziale da risolvere, perché è chiaro che potersi rivolgere ad un’unica struttura in tutta la Regione è impensabile, e d’altra parte non tutti possono permettersi di affrontare le spese di un percorso terapeutico privato” conclude la dottoressa Serreri. Oggi più che mai, quindi, l’urgenza dettata dall’aumento vertiginoso dei casi di DCA e dall’abbassamento dell’età dei diagnosticati è tema da risolvere: inammissibile ignorare il problema, delegando la soluzione al settore della sanità privata, non per tutti accessibile economicamente; la salute non può essere discriminata dal censo, né esclusa dalla gestione pubblica.