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CALA BANANA: origini di un toponimo

CALA BANANA: origini di un toponimo
CALA BANANA: origini di un toponimo
Marco Agostino Amucano

Pubblicato il 14 October 2018 alle 16:27

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Olbia, 14 ottobre 2018 - Sono soprattutto i più giovani ad interrogarsi sull’origine del nome attribuito alla suggestiva spiaggia, che pur ricadendo nel comune di Golfo Aranci, resta fra le più amate e frequentate dagli olbiesi per i colori delle sue acque e lo spettacolare panorama su Tavolara. Collocata fra le insenature di Bados e Cala Sassari (prometto che ritornerò a scrivere sull’origine di questi altri toponimi), la spiaggia di Cala Banana si affianca all’altra oggidì appellata forse impropriamente Nodu Pianu, la quale ha tratto nome dal villaggio di seconde case prevalentemente abitato da bergamaschi durante i mesi estivi e costruito intorno agli anni Settanta in immediata prossimità della spiaggia, sopra il piccolo promontorio che ha davanti l’isoletta dei Porri.

[caption id="attachment_63602" align="aligncenter" width="1036"]Stralcio Google Earth FIG. 1 La zona in esame vista dal satellite di Google Earth[/caption]

In effetti con il nome di “Nodu pianu” si indica piuttosto, e ancora, l’intera area che partendo dal Rio Bados –usato come confine tra i due territori comunali di Olbia e Golfo Aranci - finisce più a settentrione nella località appellata nelle carte “Le Casette”. L’antico toponimo nulla ha a che fare col “nodo piano” marinaresco, come la scelta grafica della cartellonistica segnaletica rintracciabile sul luogo vorrebbe implicitamente suggerire (vedi foto 1 bis). Infatti “su nodu” nel lessico geografico della parlata logudorese significa propriamente la “cresta rocciosa che corona un colle”, e dunque, per estensione, l’altura tutta. Pertanto “su nódu pianu”, altro non è che “un colle coronato da una cresta rocciosa pianeggiante” come scriveva anche Dionigi Panedda nella sua monumentale opera “I Nomi Geografici dell’agro olbiese”(1).

[caption id="attachment_63618" align="alignright" width="239"]cartello nodu pianu Fig. 1 bis[/caption]

Nel caso nostro su nodu pianu è quello che sormonta la collinetta appellata Su Montigju Nieddu, la cui vetta, di appena 69 metri sul livello del mare, è ben individuabile per la presenza di una stazione di pompaggio dell’acqua presso cui sorgono anche alcune antenne per la telefonia mobile. Ad una quota appena più bassa si individuano ancora i ruderi del vecchio stazzo e i resti del tratturo inserito nel fitto sistema di viabilità minore, oggi appena riconoscibile, che fino alla fine degli anni Cinquanta garantiva i collegamenti fra i numerosi insediamenti rurali dell’area.

È da fare ora un’altra doverosa puntualizzazione a carattere storico-toponomastico, relativamente all’antico nome della piccola baia interessata dalle spiagge di Cala banana e “Nodu pianu”. Al 1720 risulta la prima attestazione in lingua italiana del toponimo “Porticello” nella carta manoscritta acquerellata a mano del pittore napoletano Domenico Colombino, conservata all’Archivio di Stato di Torino (2). Nel primo rilevamento catastale piemontese del 1849 ci si avvicina maggiormente all’accezione originale in lingua logudorese, “Portizzolo” (3).

[caption id="attachment_63605" align="aligncenter" width="1008"]terranova_000_w - Copia.Ritaglio-bis Fig. 2. Particolare del foglio d'unione del cessato catasto del 1849 (cd. Catasto Decandia). Terranova[/caption] Carta 1878 da Babay003 Fig. 3. Carta del Golfo di Terranova del 1878

In una carta postunitaria del Golfo di Terranova del 1878 circa, riportata nel volume Figari di Mario Spanu Babay (Fig. 3), l’Isoletta dei Porri è chiamata coerentemente Isola di Porticciolo, con implicito riferimento al toponimo litoraneo(4). Nell’affrontare l’origine del recente toponimo di Cala banana, Dionigi Panedda confermava l’antico nome di “portizzolu” o “poltu” , precisando la denominazione della piccola cala in “su Polt’ ‘e sa paza, inteso come paza marina, alla lettera “il porto della paglia marina”, ossia delle alghe.

Non so quanti siano coloro che oggi ricordano questo vecchio toponimo costiero, cancellato via dalle carte a partire dagli anni Sessanta, e non entro nel merito della violenza noncurante che l’industria turistica ha perpetrato nei confronti dei nostri antichi e bei nomi di luogo. Restando pronamente sudditi, noi galluresi ci siamo fatti inventare sopra le nostre meravigliose spiagge nomi come la Spiaggia Ira, la spiaggia del Principe, Tahiti ecc., e, per quanto concerne almeno il territorio olbiese, bisogna dare oggettivamente merito all’ex assessore Davide Bacciu, che ebbe la delega alla toponomastica, per il lodevole e non facile sforzo, fatto insieme ai suoi uffici, per la riassegnazione degli antichi nomi costieri (5).

Veniamo finalmente all’origine del toponimo oggetto del titolo del nostro piccolo contributo. Nel suo noto volume edito postumo, Dionigi Panedda accenna a due versioni da lui direttamente udite, riportandone però una sola, giustificandola come la più attendibile, senza minimamente accennare all’altra esclusa (6). Riportiamo testualmente quanto scriveva alla fine degli anni Ottanta lo studioso: <<Secondo la meno incredibile delle due versioni raccolte sull’origine del toponimo in esame, questa risalirebbe ai pueri cantores di S. Paolo, la primaziale olbiese. Essi, in gita a Su Polt’ ’esa paza un giorno del ’69, casualmente si sarebbero trovati ad avere acquistato in precedenza, l’unoall’insaputa dell’altro, banane come frutta per lo spuntino da consumare sulla spiaggia. A ricordodi questa casuale convergenza, quei pueri cantores, da quel giorno, l’insenatura di Su Polt’ ’esa paza l’avrebbero ribattezzata Cala <della> banana. Dalla loro cerchia il nuovo nome si sarebbediffuso in città, fino ad essere accolto nella corrente toponimia costiera agrolbiese, soppiantando quello precedente.>> Fin qui la citazione, precisando che per pueri cantores si intende il numeroso gruppo di giovani e giovanissimi raccolti intorno al coro liturgico che un attivissimo don Giuseppe Delogu, giovane parroco della parrocchia primaziale di San Paolo, aveva principiato ad organizzare in quegli anni. In una cittadina semiletargica quale appariva Olbia in quel periodo di fine anni Sessanta, l’arrivo di un prete coltissimo, eclettico e di non comune simpatia e vitalità, grande trascinatore ed organizzatore quale don Delogu è stato ed è ancora, ebbe l’effetto a dir poco di un ciclone. Intorno al prete originario di Castelsardo si aggregò in men che non si dica un gruppo di giovani entusiasti, il cui reciproco legame dura tuttora, avvalendosi anche di un gruppo pubblico di Facebook intitolato Quelli del primo coro di Don Delogu .

Confermato e dato per sicuro che, sullo scorcio degli anni Sessanta, a diffondere il nuovo nome di Cala Banana furono i giovani del gruppo di Don Delogu, per certi aspetti gli “scopritori” del “Porticciolo” o meglio del “Porto delle alghe, meno sicuri siamo sul preciso spunto che soggiace all’origine di questo nuovo, ulteriore nome esoticheggiante, che ha almeno una connotazione differente rispetto agli altri nomi di spiaggia posticci sopra elencati: a coniarlo e diffonderlo sono stati dei normalissimi ragazzi olbiesi, e non degli architetti venuti da chissà dove a progettare nuove Disneyland estive per ricchi vacanzieri.

[caption id="attachment_63606" align="aligncenter" width="960"]Gruppo Don Delogu foto Fig. 4. Immagine degli anni Settanta che ritrae, da sinistra, Bruno Derosas, Tore Zappadu (proprietario della foto), Gianni Idini e don Giuseppe Delogu[/caption]

Una seconda versione che ci è stata ricordata da Mario Spanu Babay e da altri, e che risalirebbe al compianto Brunetto Derosas, uno dei primi aderenti al coro di S. Cecilia di Don Delogu (è il primo a sinistra nella foto della fig. 5), sarebbe legata all’intensa frequentazione di coppiette che andavano a nascondersi fra i cespugli che circondano lo stagno retrostante alla spiaggia, confidando nel luogo così appartato e solitario allora non facilmente raggiungibile dai primi ciclomotori Ciao o, per i più fortunati, dalle Cinquecento Fiat. Il toponimo di Cala banana si sarebbe pertanto originato da un’implicita, boccaccesca allusione legata all’uso non propriamente balneare di quella regione ancora selvaggia, e il fatto che a diffonderlo con prodigiosa velocità e successo in città siano stati i pueri cantores della parrocchia di San Paolo, rivelerebbe che anche tra gli stessi potrebbe esserci stato qualche frequentatore serale, diciamo così, di quel luogo.

Una terza versione (ma chi sa quante altre ce ne sono, ormai) è quella che ci ha raccontato il noto giornalista Tore Zappadu, anche lui uno di “quelli del primo coro” di don Delogu (è il secondo da sinistra nella foto, di cui è anche proprietario). Alla fine degli anni Sessanta fu organizzata una gita al mare da alcuni ragazzi del gruppo che erano soliti praticare la pesca subacquea in quelle acque: vi erano diversi giovani, fra cui Gianni Eretta, Gianni Idini e Tore Zappadu, ancora studente. Appena arrivati in spiaggia quest’ultimo mise il piede su una buccia di banana marcia e per prendere in giro l’amico Tore Petta, uno degli “scopritori” di quel luogo e che tanto ne aveva decantato l’incontaminata verginità, ribattezzò goliardicamente l’incantevole striscia di sabbia bianchissima. Per sapere cosa successe dopo riportiamo testualmente le parole di Tore Zappadu: <<Successe anche che in quella estate, io sostituii Antonello Gosamo alla Nuova Sardegna, in quanto lui era in ferie. E quando nel corso delle telefonate al quotidiano, un giorno dalla caserma dei pompieri mi dettero notizia di un incendio in quella spiaggia, scrissi il pezzo intitolandolo "Incendio a Cala Banana". Dalla Capitaneria mi telefonarono arrabbiati, chiedendomi la smentita e assicurandomi che quella "nostra" spiaggia si chiamava in realtà Nodu Pianu. Io assicurai il malcapitato "addetto stampa" della capitaneria che probabilmente, essendo lui napoletano, non conosceva la nostra terra e che le loro carte erano sbagliate in quanto da "sempre", nella nostra Storia, quella era stata e sarebbe sempre rimasta "Cala Banana". Evidentemente ho avuto ragione io, anche se all'epoca al tavolo della "comunicazione" ho giocato un azzardato... bluff.”>>.

Chi scrive si è ripromesso di andare e recuperare presso gli archivi del citato quotidiano quell’articolo storico di oltre quarant’anni fa, ma ho deciso di rimandare per i troppi impegni. Nel frattempo mi godo gli ultimi bagni dell'anno nella mia spiaggia preferita: Su Polt’ ’esa paza, per tutti o quasi, ora, Cala banana.

©Marco Agostino Amucano

[caption id="attachment_63607" align="aligncenter" width="1920"]spiaggia cala banana La spiaggia di Cala banana oggi[/caption] 1 D. PANEDDA, I Nomi geografici dell’Agro olbiese, Sassari 1991, p. 401, scheda 1388. 2 L. PILONI, Le Carte geografiche della Sardegna, Cagliari 1974, Tav. LV. 3 Archivio di Stato di Sassari, Cessato Catasto “De Candia”. Foglio di unione del comune di Terranova. 4 M. SPANU BABAY, Figari, Olbia 2004, ediz Taphros, p. 107. 5http://www.olbia.it/olbia-e-la-sua-storia-arrivata-la-cartellonistica-con-i-toponimi-storici/ http://lanuovasardegna.gelocal.it/olbia/cronaca/2015/02/11/news/le-spiagge-riconquistano-i-nomi-storici-1.10846982 6 D. PANEDDA, I Nomi geografici dell’Agro olbiese, cit. p. 99, scheda 229 bis.