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Olbia, da campione a eccellenza del mirto: Antonio Castelli racconta il suo cambio di vita

Dallo sporto alla tradizione: un ex calciatore cambia vita e sceglie il richiamo della Sardegna

Olbia, da campione a eccellenza del mirto: Antonio Castelli racconta il suo cambio di vita
Olbia, da campione a eccellenza del mirto: Antonio Castelli racconta il suo cambio di vita
Laura Scarpellini

Pubblicato il 06 August 2025 alle 10:07

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Olbia. Nel cuore della Gallura, una giovane azienda sta conquistando il mercato con un prodotto autentico e di alta qualità. Fondata nel giugno del 2015 da Antonio Castelli, originario di Bitti, un piccolo centro sardo noto per le sue tradizioni e la sua natura incontaminata, l'azienda nasce dalla passione e dall'amore per la terra. Dopo aver trascorso anni come calciatore professionista Castelli ha deciso di mettere radici nella sua terra natale, dando vita a una produzione artigianale di Mirto di Sardegna. Un progetto che punta sulla genuinità delle materie prime e sulla cura artigianale per offrire un prodotto che rappresenta l'essenza autentica della Sardegna. In questa intervista, approfondiamo la storia di questa giovane realtà imprenditoriale e le sfide di chi si distingue per il suo legame con il territorio e la qualità del suo liquore.

Antonio, dopo aver giocato con il Cagliari e la Regina, cosa ti ha spinto a intraprendere questa nuova avventura nel mondo della produzione di Mirto a Olbia?

"Sono stato aggregato per quattro anni alla prima squadra del Cagliari e della Reggina come terzo portiere. Sono salito diverse volte in panchina, anche in partite e stadi importanti; ho sentito l'odore della Serie A, ma non ho mai sceso in campo. In quegli anni (fine degli anni '90 e primi 2000), ho avuto la fortuna di avere davanti portieri di grande livello come Scarpi, Taibi, Orlandoni, Franzone e Belardi, che, pur essendo molto giovane, non mi hanno dato l’opportunità di giocare, purtroppo. La mia categoria dove sono riuscito a esprimermi è stata la Serie C, dove ho vinto due campionati, una Coppa Italia e perso due finali per la promozione in Serie B. Tuttavia, questa magnifica esperienza si è rivelata la migliore università di vita che potessi frequentare. Il passaggio alla campagna e al Mirto è stato naturale: ho trascorso l’infanzia a Bitti, nel centro della Sardegna. Mio nonno era pastore e mi ha trasmesso questa grande passione per la natura e tutto ciò che ne deriva. Quando ho smesso di giocare, con i soldi guadagnati dal calcio, ho acquistato un terreno nell’agro di Olbia, a Sannai".

"Sembra un caso: il mio cognome materno è Sanna, così ho deciso di chiamare il brand "Sannai". In Sardegna tutte le famiglie producono mirto; è parte della tradizione locale. Fin dall’inizio avevo le idee chiare: per entrare nel mercato con forza avrei dovuto inventarmi IL MIRTO; altrimenti sarei stato uno dei tanti. Mi sono iscritto a Marketing e Valorizzazione del Made in Italy (le vendite sono l’inizio di tutto) e ho iniziato a girare la Sardegna alla ricerca di aziende che potessero mettere in pratica la mia idea.Soprattutto però mi sono tuffato nel mondo del Myrtus communis, ed è stata una grande scoperta. In Sardegna esistono oltre 200 varietà di mirto a bacca nera e 30 a bacca bianca. La mia più grande sfida è stata quella di inventarmi una coltivazione di 1200 piante selezionate in un terreno difficile con mille difficolta. Ma come si dice in Sardegna, dae su nudda no bi essit nudda, dal niente non viene fuori niente".

Come è nata l’idea di creare un prodotto così speciale e quali sono le caratteristiche che rendono il tuo Mirto unico rispetto ad altri sul mercato?
 
"La mia forza è la coltivazione: le piante sono come figli che curo ogni giorno. La qualità parte dalla materia prima; può sembrare una frase fatta, ma oggi è tutt'altro che scontato. In azienda ho cinque varietà di piante di mirto, ognuna delle quali abbino a un proprio Mirto. Produciamo due liquori e tre amari, tra cui Riserva Sannai e Mirto Bianco, i soli al mondo con zero dolcificante aggiunto. Questo significa che la materia prima è di qualità quasi perfetta: il prodotto con più zucchero aggiunto contiene solo il 6%, quindi pochissimo. La produzione è totalmente artigianale, dalla raccolta all’etichetta: ogni bottiglia è numerata. Riserva Sannai ha il 68% di bacche di mirto nel prodotto finito e viene stabilizzata per un anno, mentre gli altri hanno il 55% e quattro mesi di stabilizzazione. Inoltre, produciamo anche il gin REDIVIVUS, unico nel suo genere, in cui la base è un alcolato di mirto ridistillato sul ginepro e aromatizzato con bucce di Pompia, un agrume che cresce esclusivamente in alcune zone della Sardegna. Non ho molti giorni liberi durante l’anno; lavoro molto, ma per me è un piacere. Sono fortunato perché faccio ciò che amo. Ovviamente tutto questo ha un costo: Mirto Sannai non è a buon mercato".

La tua esperienza nel calcio e il successo nel mondo dello sport ti hanno insegnato determinazione e disciplina: come queste qualità ti hanno aiutato nella gestione della tua azienda?

"Il calcio mi ha regalato molte soddisfazioni e altrettante delusioni. Tuttavia, i circa 18 anni dedicati a questo sport, di cui 13 da professionista, sono stati la migliore università di vita che un ragazzo come me potesse fare. Ho sempre giocato al Sud, in piazze importanti come Foggia e Trapani, dove la gente vive di calcio. Da portiere, credimi, non è stato facile, ma come in tutte le cose, ciò che non ti uccide ti rafforza. Ricordo con affetto tutte le città in cui ho giocato: Gela, dove ho trascorso quattro anni e vinto un campionato di Serie C, affrontando il Napoli al San Paolo da vice capitano. La determinazione è fondamentale, ma soprattutto ci vuole coraggio e la capacità di non farsi influenzare dal giudizio degli altri. Non ho mai avuto padroni e ho sempre scelto con la mia testa. Mi sono rapportato con ogni interlocutore indipendentemente dall’importanza o dal ceto sociale. Ho imparato che il vero valore di un uomo si vede nelle difficoltà, quando il terreno comincia a tremare. Se le cose vanno bene, siamo tutti bravi e simpatici; per me queste qualità sono diventate valori irrinunciabili. I miei Mirti riflettono proprio questa filosofia".

Il Mirto di Olbia ha ricevuto riconoscimenti prestigiosi e ora entra anche in Eataly: quale significato ha per te questo traguardo e cosa rappresenta per la tua famiglia e la tua comunità?

"Sono di Bitti, un paese barbaricino, e vivo a Sannai, nell’agro di Olbia. Il Mirto rappresenta lo spirito identitario della Sardegna; purtroppo, però, noi sardi siamo molto bravi a denigrare le nostre eccellenze (ne abbiamo tante) e a valorizzare quelle provenienti da fuori. In questo senso, credo che in Sardegna ci siano molte aziende come la nostra o anche migliori, ma non capisco perché rimangano in secondo piano. Abbiamo sicuramente un problema di formazione nel campo della commercializzazione, del marketing e della valorizzazione. Le vendite sono l’inizio di tutto. La Sardegna è ricca di contenuti di valore: basta crederci e superare i campanilismi interni, che spesso sono sterili. Credo sia necessario rivedere la nostra identità, soprattutto dal punto di vista storico e culturale: ciò potrebbe dare una grande spinta commerciale in tutti i settori. Gli stranieri, quando vengono a trovarci, vogliono mangiare e bere prodotti sardi e conoscere di più la nostra identità. In alternativa, l’Italia offre loro molte altre opportunità altrettanto affascinanti".

Quali sono i tuoi progetti futuri per l’azienda?

"La mia Azienda è nata artigianale e morirà artigianale, per cui rimarremo micro per come siamo. Ma è quello che vogliamo essere. Negli ultimi anni abbiamo cavalcato l'onda dell'enoturismo, proponendo visite e degustazioni in azienda. Questo non solo ci ha permesso di aprirci ad un mercato globale, (nel 2024 abbiamo venduto il 12% della produzione all'estero, per noi è un numero molto importante), ma anche di implementare il business e diversificare i canali di vendità. Credo continueremo a percorrere questa strada".