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Pubblicato il 22 November 2018 alle 10:29
Olbia, 22 novembre 2018 - Perché contare i poveri? Perché i poveri contano: è questo il sunto del rapporto Caritas sulle povertà nel territorio. Numeri, quelli presentati al Museo Archeologico di Olbia, che non sono né freddi né silenti: gridano, scalpitano, battono i pugni sul tavolo perché i poveri sono tanti e chiedono fondamentalmente giustizia sociale.
Il Rapporto sulle Povertà della Caritas si inserisce perfettamente all'interno della cornice della Giornata mondiale dei Poveri che è stata recentemente celebrata.
Intanto, la povertà non è cercata né voluta: spesso è frutto di semplice egoismo e delle storture di un sistema che non tiene conto di chi rimane indietro.
Il contesto regionale non è dei migliori: la sofferenza percepita è tanta; crisi industriali non superata, problematiche di lunga durata che nascono prima della crisi economica, il settore agro-pastorale marginalizzato, turismo che non decolla. Il tutto si traduce in un mercato del lavoro immobile: il 46% dei giovani tra i 15 e i 24 anni è disoccupato.
La povertà relativa è cresciuta dal 14% del 2016 al 17,3% del 2017: sono dunque circa 125.000 le famiglie in povertà relativa. Tante le figure coinvolte: famiglie in cui si è perso recentemente il lavoro, genitori separati, pensionati, single con lavori sottopagati.
Le persone aiutate nel 2017 sono state 7.077: nella Diocesidi Tempio-Ampurias sono state 914. In Sardegna sono in maggioranza italiani (69,6%) e sono relativamente giovani (età media 45,8 anni). Una persona ogni quattro ha tra i 15 e i 34 anni. La maggior parte vive in un nucleo familiare con i figli e con il partner, poi ci sono i single.
Secondo i dati, la povertà è anche legata al titolo di studio: il 30% è analfabeta o ha un bassissimo titolo di studio, cresce la quota intermedia del medio-basso (licenzia media), diminuisce la povertà di chi ha un titolo di studio alto e medio alto. L'82,3% di chi chiede aiuto alla Caritas ha un basso titolo di studio.
I problemi più diffusi: non avere reddito, non avere reddito a sufficienza (i cosiddetti "working poor"), inoccupabilità (età avanzata, giovani iper-qualificati), problemi famigliari (separazioni, divorzi), problematiche abitative (mutuo, affitto), problemi legati all'immigrazione e all'istruzione.
Cosa si chiede alla Caritas? Beni materiali (viveri), sussidi economici (bollette, utenze, tasse), sanità (visite specialistiche, farmaci particolari), alloggio, lavoro.
Le preoccupazioni maggiori della Caritas riguardano i giovani: c'è un'emergenza educativa che rende fragilissimi i giovani sardi. I neet, ovvero tutte quelle persone che non cercano lavoro né investono in formazione, sono tantissimi: la stragrande maggioranza ha solo la licenza media. A questo si aggiunge il cronico problema sardo dell'abbandono scolastico prematuro.
Il rapporto è stato presentato dal vescovo della Diocesi di Tempio-Ampurias, monsignor Sebastiano Sanguinetti, dal vescovo di Iglesias, monsignor Giovanni Paolo Zedda, dal delegato regionale Caritas Responsabile Studi e Ricerche, dott. Raffaele Callia.
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