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ARTE | L'Atelier di Christian Bolt ospita una retrospettiva dell'artista gallurese Jean Córdova

ARTE | L'Atelier di Christian Bolt ospita una retrospettiva dell'artista gallurese Jean Córdova
ARTE | L'Atelier di Christian Bolt ospita una retrospettiva dell'artista gallurese Jean Córdova
Lycia Mele Ligios

Pubblicato il 03 November 2019 alle 13:42

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Klosters, 3 Novembre 2019 - Nel cuore dell’Europa, in quella zona della Svizzera orientale definita Cantone dei Grigioni, dove la natura si veste di abbracci tra acque lacustri, montagne di luce, cieli che filtrano sogni, in un dinamico centro d’arte, l’Atelier Bolt di Klosters, è in corso la prima solo exhibition dell’artista tempiese Giancarlo Orecchioni, in arte Jean Córdova.

La retrospettiva a cura di Adrian Schütz, storico dell’arte, in mostra fino al 15 novembre 2019,espone le opere di un lungo arco temporale: dal 2009 ad oggi. Questo, permette di analizzare il lungo percorso evolutivo e di ricerca del giovane artista.

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La sede espositiva, di proprietà dello scultore Christian Bolt, ha una funzione rilevante nel suo porsi centro di promozione dell'arte. Infatti, con cadenza annuale si allestisce una mostra dedicata ad un giovane artista emergente, ovvero che sia riuscito ad imporsi con il suo caratterizzante linguaggio espressivo tra quelli complessi e polimorfici dell’arte contemporanea.

Christian Bolt è uno scultore molto apprezzato, celebre per le sue intense sculture. Tra i suoi estimatori troviamo il grande cantante pop Elton John, chehaacquistato alcune opere per la sua eterogenea e ricca collezione d’arte.

Jean Córdova, l’artista scelto per l’anno 2019, vive tra la Sardegna e la Lombardia, anche se da alcuni progetti sembra mostrare un legame indissolubile con la sua città natale, Tempio Pausania, in Gallura.

Luogo con un caratteristico centro storico, dove i frammenti di quarzo, dal granito delle case, sembrano brillare a seconda dell’inclinazione dei raggi solari. Ora riflettono, ora assorbono luce, creando atmosfere dai forti contrasti: di gioia o malinconia.

Ma ciò che pervade è una sensazione di atemporalità, di pacatezza, di misura, di silenzio, in spazi preposti alla meditazione e al riposo. Da quel piccolo centro forse si origina quella riflessione profonda che diviene paradigma e struttura del linguaggio artistico di Jean Córdova.

Dopo aver frequentato il liceo artistico nella sua città natale, l’artista continua la formazione a Carrara iscrivendosi all’Accademia di Belle Arti e in seguito allo IED - Istituto Europeo di Design - di Milano. In quegli anni di peregrinazioni incontra lo scultore Christian Bolt che sarà una figura di riferimento per la sua crescita artistica e umana.

Oggi Jean Córdova è un artista stimato che ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Presente in mostre personali e collettive in varie regioni d’Italia dal 2008. Qui, si ricorda tra gli artisti che hanno rappresentato la Regione Sardegna nel Padiglione Italia a Torino, in occasione della 54 Biennale di Venezia.

Da un primo sguardo d’insieme alle opere pittorichedi Jean Córdova è possibile evidenziare la sua vocazione astratta, (anche se lui non ama definirsi astrattista) tendenzialmente aperta a continue sperimentazioni, non legata ad alcun elemento figurativo. Le forme nascondono tracce di vita, sono legate ad esperienze e ricondotte ad essenze possono divenire "simboli" di concetti/idee/ pensieri.

Un’arte concettuale, introspettiva che sembra riflettere l’altro da sé che appare molto vicina all’interessante avanguardia americana degli anni ‘50, definita Espressionismo Astratto. Al di là della sgocciolatura o action painting inventata da Jackson Pollok, o del clima di protesta che aveva determinato la nascita del movimento, qui sembra si assista alla presenza di una certo gesto spontaneo delle pennellate,ad ampie stesure del colore, semplificazioni,scelte cromatiche più vicine allo spirituale dell’arte di Vasilij Kandinskij, dove il colore assume un valore semantico.

Le opere del Córdova oltrepassano la sfera della fisicità, del realismo, esprimono concetti/idee che sembrano esserdisposte in una rete di ricordi associativi. Ogni idea ne richiama un’altra.

La relazione come struttura del conoscere è un campo d’indagine della filosofia del ‘900, l’artista sembra supportare questo indirizzo presentato in varie opere con elementi interconnessi tra loro, permettendo di cogliere quell’unità semantica che altrimenti non potrebbe esser colta.

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Serie Aegritudo Fulgura #2 - Courtesy of Jean Córdova

Una serie realizzata nel 2015 s’intitola “Aegritudo”. Mostra una esperienza estetica che riesce a dare forma all’imponderabile. Il titolo è una parola latina che significa sofferenza dell’anima, lacerazione, strappo.

Sulla tela segni di margini, confini, ripetizioni, ma anche legami, contatti. Lo spazio appare circoscritto. Si può leggere un certo dinamismo e prospettiva.

Il cerchio è la figura/simbolo che prevale. Si stacca dalla tela. Un malessere che incide, lascia traccia ma sembra originare una luminosità circoscritta differente. Un varco, una potenzialità. L’alternativa, un mutare.

Sisifo invece è un’opera - all’interno della stessa serie, sulla sofferenza dell’anima - che richiama un mito della Grecia antica. L’uomo più astuto tra i mortali, nel Regno dell’Adevive la ripetizione eterna di una stessa azione, quasi un’automa, privato della sua volontà, è costretto a trascinare un pesante masso lungo un pendio collinare in modo ciclico (raggiunta la vetta il masso cade a valle e Sisifo lo ritrascina a monte).

Un’immagine dell’uomo contemporaneo, soggetto a corsi ricorsi iconicizzati, un silente urlo di dolore: quella ripetitività che diviene immobilismo, impedisce un’evoluzione.

Anche in questa tela sembra che l’oscurità e i lembi della lacerazione lascino spazio a significati diversi. Una potenzialità inespressa rimane sospesa.Gli accenti cromatici ora più sfumati, rosso e viola. La luce una verità di presenza, di possibilità. La ripetitività aliena quale forzache devasta, segrega.

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Serie Rerum Naturae (Corpora Rerum) - Courtesy of Jean Córdova

La necessità di un’indagine metafisica è presente nell’opera "Rerum Naturae" (Corpora Rerum)tradotto dal latino la Natura delle cose - i corpi delle cose. La scritta latina potrebbe ricondurci al poema lirico scritto da Lucrezio De Rerum Natura nel I sec.a.C. Forse acquisiscel’idea di Lucrezio che la natura è materia ma anche vuoto? Nell'opera “Incertus” l’indagine viene spostata verso le categorie di tempo e spazio.

Continua nelle sue ricerche filosofiche ora più impregnate di esistenzialismo. L’uomo non è solo essere ma esser/ci, e in quanto esistenza sente l’esigenza d’indagare sull’animo umano e sui tormenti della contemporaneità.

Un’opera s’intitola “Acedia”. “Una brutta bestia” che immobilizza l’essere umano e se analizziamo il disegno sembra visibile un volto stilizzato di un animale.

Colpisce per i segni scuri, di un nero intenso e cupo nella parte bassa, che lentamente virano verso un rosso Persia o veneziano nella parte più alta. Una via di fuga determinata da una fonte di energia? dall’amore? Da una rinnovata spiritualità? O semplice consapevolezza?

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Serie Aegritudo, Acedia 2015 - Courtesy of Jean Córdova

Dal greco akedia:malinconia da spirito di solitudine, da mancanza d’interesse, da noia. E citiamo l’esistenzialista, intellettuale Jean Paul Sartre che ne parla in un suo capolavoro La Nausea, sostenendo che l’acedia si identifica con la nausea, il non senso che trasforma l’essere fino allo smarrimento e depressione.Legato all’insoddisfazione che si cronicizza, nell’individuocrea fratture e in un percorso di vita, argina o delimita sempre più lo spazio esistenziale.

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Serie Come Vaganti, Ad Oriente 2016 - Courtesy of Jean Córdova

In una serie del 2016 “Come vaganti” sembra sviluppare concetti di libertà in un contesto spazio-temporale. “Vagare” è un andare senza meta, quasi “un brancolare nel buio” avvolti dal mistero del destino, quel filo che lega la vita alla morte.

Si tracciano percorsi emotivi, esperienze, sensazioni, materia che l’artista traduce e vivifica attraverso il suo linguaggio. Sotteso un monito che sembrerebbe racchiudere un celebre proverbio che dice “se non sai più dove stai andando, ricorda da dove vieni”. Ma si potrebbe alludere all’eterna inquietudine dell'uomo, che alimenta l'energia vitale e creatrice?

Serie Oblomov, #5 - Courtesy of Jean Córdova

Nella serie “Oblomov” del 2016 la forma diviene margine, sembra avere funzione decorativa. Assistiamo a pennellate piatte, larghe che mostrano un ritmo simmetrico.Lo spazio diviene luogo esperienziale da riempire di eventuali significati/finalità. In alcune tele la presenza di sottili segni verticali può alludere alla velocità. Forse la fugacità della vita, tra incidenze che creano contenuti e formano l’essere umano.

Ma chi era Oblomov e che rapporto ha con le opere dell’artista? Forse si potrebbe evocare il protagonista del celebre romanzo di Ivan Gončharov, capolavoro della letteratura russa.

Oblomov era un uomo ricchissimo che viveva una vita “sospesa”: un continuo rimandare il momento del suo vero e autentico vivere. Viveva di riflessi: delegando, oziando. Una vita intrisa di paure, idee preconcette e pregiudizi. Una triste vita a margine del fluire dell’esistenza.

Nelle tele lo spazio centrale esprime l'assenza, potrebbe contenere una sintesi esperienziale, sembra preposto ad accogliere.

Un grembo gonfio di nuvole d’oro, o grigie, e nere (Serie In forme) Courtesy of Jean Córdova

Dopo l’indagine sullo spazio esistenziale dove si aggira l’essere nella sua affannosa ricerca, la serie “In forme" 2018 presenta alcune opere con cromatismi che evocano plasticità, in altre sembra si attribuisca alle pennellate una certa tensione dinamica o si cerca di definire lo spazio con piccole campiture di colore tipo taches (macchie).

Nell'opera presentata sopra vi è un percorso che si snoda all’interno di un campo cromatico giallo che trasuda energia. Un volgersi verso, un tendere a, sembra che si focalizzino passaggi che implicano stadi necessari per raggiungere l"in forma". Ovvero, nella vita di ogni individuo assume valore fondante l'esperienza che da forma e definisce l'essere.

Serie Labirinti: Labririnto + Case + Acqua, 2009 Foto G.Pedroni Courtesy Jean Córdova

In Jean Córdova, o almeno in queste opere analizzate, attualmente visibili in mostra, appare inscindibile il binomio arte e filosofia. Infatti è possibile delineare una propensione ad una certa indagine metafisica ed esistenziale dove “l’uomo è natura che prende coscienza” – per utilizzare le parole di un grande libero pensatore Élisée Reclus, – s’interrela con ciò che lo circonda e vive in simbiosi con quell’anelito-inquietudine che lo conduce a cercare in eterno.

Sono presenti dei passaggi che inducono ad una consapevolezza maggiore del desein(esserci) di Martin Heidegger: l’uomo è da considerarsi non solo nel suo essere ma con una finalità quella del cercare (esperienza), che implica dei percorsi e definisce l’esser/ci.

Si può ritrovare inoltre quella soggettività che tradotta come energia e movimento da Jackson Pollock, ha reso visibili ricordi, pensieri, sfumature dell’animo. Il piacere estetico potrebbe esser il “riflesso filosofico della verità” come avrebbe detto lo storico dell’arte Michel Seuphor mentre la natura della forma è l'incarnazione della sua stessa vita.

Un artista che scruta con accuratezza il suo presente contemporaneo, da cui enfatizza quel passato che struttura l’istantevissuto e nella sua ricerca di resa d’assoluto o di tensione universale del suo rappresentare, permette di smarrirci tra meraviglia e stupore: quale la risacca dell’onda nel suo rimaner sospesa.

Quell’istante trascurabile, che noi a stento riusciamo a vedere assume un’importanza straordinaria. È la tregua che ritempra l’animo in ascolto al respiro della vita. Il luogoche permette di ritrovare unicità, essenzialità, verità. Sì, perché negli spazi creati da frammenti, negli istanti sospesi, lì palpita la vita nella sua potenzialità. Un decostruire per ridefinirsi e aprire la mente verso nuovi flussi di pensiero.

“Ogni persona che vive nel ventesimo secolo dovrebbe sapere che la perfezione fisica è che la conoscenza quantitativa o scientifica è semplicemente (in)formazione o un assoluto di perpetua incompletezza, e che l'estetica è quasi completa o perfetta come possiamo, essendo l'unica forma qualitativa di conoscenza che possediamo”. (Michel Seuphor - Abstract Painting Lauren Edition)

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