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Sardegna deposito nazionale scorie nucleari? Ecco la proposta

Sarebbero 14 le aree idonee nell'Isola

Sardegna deposito nazionale scorie nucleari? Ecco la proposta
Sardegna deposito nazionale scorie nucleari? Ecco la proposta
Camilla Pisani

Pubblicato il 23 January 2021 alle 06:00

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Olbia. Il dibattito intorno al deposito dei rifiuti radioattivi è in atto da anni: la Sardegna, in particolare, è recentemente stata oggetto della “disputa”, per via del rapporto CNAPI, che individua le aree potenzialmente idonee allo stoccaggio dei materiali nucleari. In Italia i rifiuti radioattivi finora prodotti sono custoditi in depositi temporanei che ne consentono la gestione in sicurezza e l’isolamento dall’ambiente. Tali rifiuti provengono dal pregresso esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle attività nel campo sanitario, industriale e della ricerca.  Il Deposito Nazionale, recita il sito dedicato,  “permetterà lo smaltimento dei rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese con un significativo incremento della sicurezza e ottimizzazione della gestione, risolvendo un problema che altrimenti ricadrebbe sulle generazioni future. Con la sua realizzazione sarà possibile demolire i depositi temporanei in cui sono attualmente stoccati i rifiuti, chiudendo così il ciclo nucleare italiano con la restituzione dei siti privi di vincoli radiologici alle comunità locali per altri usi”. Si tratterà di un’infrastruttura ambientale di superficie che permetterà di sistemare definitivamente in sicurezza i rifiuti radioattivi, oggi stoccati all’interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese, prodotti dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca.  Il Deposito Nazionale sarà costituito dalle strutture per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi a media e alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico idoneo alla loro sistemazione definitiva.  Insieme al Deposito Nazionale verrà realizzato il Parco Tecnologico, centro di ricerca applicata e di formazione nel campo del decommissioning nucleare, della gestione dei rifiuti radioattivi e della radioprotezione, oltre che della salvaguardia ambientale.  Il Deposito Nazionale “sarà integrato con il territorio, anche dal punto di vista paesaggistico. Infatti, una volta completato il riempimento, sarà ricoperto da una collina artificiale, realizzata con materiali impermeabili, che costituirà un’ulteriore protezione, prevenendo anche eventuali infiltrazioni d’acqua. Tale copertura armonizzerà anche visivamente il Deposito con l’ambiente circostante, mediante un manto erboso”. riporta il sito ufficiale. Il Deposito Nazionale sarà costituito da una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie per il contenimento della radioattività, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo gli standard IAEA (International Atomic Energy Agency) e dell’ente di controllo ISIN. Le barriere ingegneristiche di protezione saranno realizzate con specifici conglomerati cementizi armati, garantiti per confinare la radioattività dei rifiuti per il tempo necessario al suo decadimento a livelli paragonabili agli intervalli di variazione della radioattività ambientale.  Nel dettaglio, all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con i rifiuti radioattivi già condizionati, detti manufatti. Nelle celle verranno sistemati definitivamente circa 78.000 metri cubi di rifiuti a molto bassa e bassa attività. Una volta completato il riempimento, le celle saranno ricoperte da una collina artificiale di materiali inerti e impermeabili, che rappresenterà un’ulteriore protezione e permetterà un’armonizzazione dell’infrastruttura con l’ambiente circostante.  In un’apposita area del deposito, sarà realizzato un complesso di edifici idoneo allo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività, che resteranno temporaneamente al Deposito, per poi essere sistemati definitivamente in un deposito geologico.  Le barriere ingegneristiche del Deposito Nazionale e le caratteristiche del sito dove sarà realizzato dovrebbero così l’isolamento dei rifiuti radioattivi dall’ambiente per oltre trecento anni, fino al loro decadimento a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell’uomo e l’ambiente. Di questi rifiuti, circa 50.000 metri cubi derivano dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, circa 28.000 metri cubi dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell’industria.  Sul totale di circa 78.000 metri cubi, 33.000 metri cubi di rifiuti sono già stati prodotti, mentre i restanti 45.000 metri cubi verranno prodotti in futuro.  Inoltre, nel Deposito Nazionale sarà compreso anche il Complesso Stoccaggio Alta attività (CSA), per lo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività. Il Deposito Nazionale ospiterà esclusivamente i rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese, sulla base del principio, affermato dalle norme vigenti, che ogni Paese ha la responsabilità di gestire i propri rifiuti radioattivi. La proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) costituisce il primo passo di un percorso condiviso e partecipato che porterà a individuare il sito unico a livello nazionale, dove realizzare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico.  Elaborata da Sogin, la proposta di CNAPI è stata validata da ISIN (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione) e successivamente dai Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente. La sua pubblicazione, insieme a quella del Progetto preliminare del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, apre la fase di consultazione pubblica, della durata di sessanta giorni. Tale consultazione sarebbe finalizzata a coinvolgere i soggetti portatori di interessi qualificati nel processo di localizzazione del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico. Si tratta della prima consultazione pubblica che si svolge nel nostro Paese su un’infrastruttura di rilevanza nazionale che consentirebbe di mettere definitivamente in sicurezza i rifiuti radioattivi italiani. Durante questo periodo di 60 giorni, i soggetti interessati e maggiorenni, potranno inviare a Sogin osservazioni e proposte tecniche, in forma scritta e non anonima, sui documenti oggetto della consultazione pubblica.  Entro 120 giorni dall’avvio della consultazione pubblica, Sogin promuove il Seminario Nazionale al quale sono invitati a partecipare i portatori di interesse qualificati per approfondire tutti gli aspetti tecnici relativi al Deposito Nazionale e Parco Tecnologico e la rispondenza delle aree individuate ai requisiti della Guida Tecnica. Saranno inoltre approfonditi gli aspetti connessi alla sicurezza dei lavoratori, della popolazione e dell’ambiente e i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione dell’opera.  Complessivamente, nella proposta di CNAPI sono state oggi individuate 67 aree potenzialmente idonee di cui solo una verrà scelta, al termine del processo di localizzazione, come sito, unico nazionale, idoneo per ospitare il Deposito.   Di queste aree, ben 14 si trovano in Sardegna, in 22 Comuni: nello specifico Siapiccia, Albagiara, Assolo, Mogorella, Usellus e Villa Sant’Antonio nell’Oristanese. Poi ecco il Sud Sardegna con Nuragus, Nurri, Genuri, Tuili, Turri, Gergei, Mandas, Siurgus Donigala, Segariu, Guasila e Ortacesus. Ancora: Setzu, Pauli Arbarei, Ussaramanna, Las Plassas e Villamar nel Medio Campidano. I rifiuti ospitati nel futuro deposito, sarebbero a bassa e media radioattività provenienti dal mondo civile (ex centrali nucleari italiane), in larga parte da quello medico e ospedaliero. Moltissime le polemiche sollevate all’indomani della proposta CNAPI: tra queste, rilevante la nota diffusa da ISDE (associazione Medici per l’Ambiente), che individua tre fondamentali controindicazioni alla scelta delle aree sarde come depositi nucleari: “La prima è che in nessun Paese al mondo esistono o sono in fase di realizzazione depositi definitivi di materiale radioattivo ubicati in isole. Il trasporto in un’isola richiede, rispetto a quello in un sito della penisola, un trasporto aggiuntivo in nave con necessità di scarico e di carico nel porto di partenza e in quello di arrivo di manufatti di svariate tonnellate con aumento del rischio di incidenti durante tali fasi. Il trasporto in nave aumenta il rischio di incidenti o di atti terroristici che potrebbero portare alla disseminazione di materiale radioattivo, non sempre facilmente recuperabile, lungo le coste o in ambiente marino con possibile nocumento per l’uomo e gli ecosistemi. La seconda considerazione nasce dal fatto che i rifiuti debbano essere smaltiti da parte di chi li produce. Orbene la Sardegna non ha, di fatto, produzione di materiale radioattivo e il suo consumo, veda per esempio la medicina nucleare, è minimale nel panorama nazionale. La terza considerazione ci ricorda che il materiale radioattivo non è scevro di rischi potenziali per la salute umana e per l’ambiente anche in uno scenario di perfetta programmazione, realizzazione e gestione del trasporto e del sito di deposito. Seri dubbi a tal riguardo pone la passata e attuale esperienza della gestione nazionale dei rifiuti radioattivi quale quella del sito di Saluggia. Sarebbe l’ennesimo fattore negativo a carico dell’ambiente e della salute dei Sardi che già ospitano la maggior superficie, fra le regioni italiane, di siti inquinati di interesse nazionale (SIN) e la maggior superficie di aree militarizzate quale quella di Quirra, ad esempio. Per queste ragioni l’Associazione Medici per l’Ambiente della Sardegna ritiene inaccettabile l’ipotesi che la Sardegna, area potenzialmente idonea ad accogliere le scorie, sia sottoposta all’ennesimo sacrificio, laddove esistono per il deposito nazionale delle ubicazioni decisamente più idonee come la stessa carta CNAPI riporta”. Una considerazione decisamente tranchant, che rispecchia largamente l’opinione comune della popolazione sarda, che tra raccolta firme e varie manifestazioni, sembra essere fermamente contraria -a torto o a ragione- a far diventare l’Isola il deposito nazionale delle scorie radioattive.