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Sardegna, come il Covid ha cambiato l'economia: ecco i dati ufficiali

Malgrado la crisi, Sardegna al settimo posto nella classifica nazionale per crescita

Sardegna, come il Covid ha cambiato l'economia: ecco i dati ufficiali
Sardegna, come il Covid ha cambiato l'economia: ecco i dati ufficiali
Camilla Pisani

Pubblicato il 06 March 2021 alle 06:00

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Olbia. L’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia di Covid-19 ha generato, e continua a generare, una crisi economica che coinvolge tutti i settori: il recente report redatto dalla Camera di Commercio di Sassari analizza a fondo gli effetti che questo periodo ha prodotto sul tessuto produttivo e sociale del nord Sardegna. A fine settembre 2020 in Italia sono presenti 6.082.297 imprese attive, poco più di 13 mila unità in più dall’inizio dell’anno. Alla crescita della base imprenditoriale contribuiscono in maniera consistente le regioni meridionali. La Sardegna si posiziona al settimo posto nella classifica regionale per crescita, con un tasso esattamente doppio rispetto a quello registrato a livello nazionale. Poco meno di 170mila imprese registrate negli elenchi delle 4 Camere di Commercio sarde, circa il 3% dell’intero sistema imprenditoriale nazionale e, con la somma delle 35 mila «unità locali», l’asticella supera abbondantemente le 200 mila fissando la quota a 204.834 attività. In Sardegna, a fine settembre 2020, circa l’85% delle imprese risulta operativo e in piena attività, in linea con la media nazionale fissata a 84,7%. Nei primi 9 mesi dell’anno il tasso di crescita registrato a livello regionale è del +0,42%, perfettamente il doppio della «media Italia» pari al 0,21%. Il territorio del Nord Sardegna, composto da 90 comuni di competenza della Camera di Commercio di Sassari ospita, a fine settembre 2020 il 32% delle imprese regionali. Nei primi 9 mesi dell’anno il territorio della Provincia di Sassari (che al suo interno contiene la Gallura) ha fatto registrare un tasso di crescita quasi doppio rispetto a quello medio regionale. La sorprendente accelerazione del Nord Sardegna è confermata dal contributo del territorio alla nascita di nuove imprese, pari al 34%, e da quello per la formazione del saldo positivo regionale tra iscrizioni e cessazioni. Nei primi 9 mesi dell’anno in Sardegna si è registrato un saldo di 712 imprese, 452 di queste sono localizzate nel territorio settentrionale dell’Isola. Ma quali sono i settori che hanno resistito meglio? Nel nord Sardegna, come nell’Isola nel suo insieme, il III° trimestre 2020 registra una crescita generalizzata dei macrosettori economici. In 3 mesi il settore dei servizi espande la sua base imprenditoriale di 84 unità. Gli aumenti più decisi del comparto sono stati rilevati nei servizi di cura e manutenzione di edifici e del paesaggio (+20 imprese attive, incremento del +2,2%), nelle attività immobiliari (+12 attività, +1,1%) e nelle società di noleggio e leasing  operativo (+12, +2,7%). Dall’altro lato, nonostante la perdita sia contenuta, diminuiscono le imprese nei servizi sociali non residenziali e nelle attività ricreative, d’intrattenimento e sportive (-6 unità in 3 mesi). Anche nei primi 9 mesi del 2020, Il settore dei servizi registra la maggior espansione del numero delle imprese attive, sia nei valori assoluti (+235 unità) che in termini percentuali (+2,8%). Crescono le stesse attività citate nell’analisi trimestrale: cura e manutenzione di edifici e del paesaggio (+52 imprese attive, incremento del +6,1%), attività immobiliari (+41 attività, +3,7%) e noleggio e leasing operativo (+23, +5,3%). Nel commercio diminuiscono gli esercizi non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari (-19 imprese, delle quali 14 «minimercati», con un calo del 2,9%), quelli della vendita di giornali (-16 attività, pari a -5,9%), di articoli per la casa (-14 unità, -4,7%) e del commercio ambulante (-12 esercizi, un calo del 1,4%). Per inquadrare le conseguenze della chiusura forzata delle attività produttive, il lockdown, sul tessuto economico locale risulta indispensabile l’analisi mensile della nati-mortalità delle imprese. Fin dai primi 2 mesi, il 2020 si è presentato meno vivace dell’anno precedente per i suoi flussi di imprese. Nel primo bimestre l’iscrizione di 621 attività, 52 in meno rispetto al periodo gennaio-febbraio 2019, e la cessazione di 785 imprese (-142) ha generato un saldo negativo di 164 unità produttive. Gli effetti della chiusura delle attività, a eccezione dei servizi essenziali, disposte dal DPCM firmato l’11 marzo, sono evidenti alla luce delle analisi del numero delle iscrizioni nei registri camerali. Nel Nord Sardegna, infatti, da marzo a maggio, si registrano 568 nuove attività, il 45% in meno rispetto allo stesso arco temporale dell’anno precedente. Nonostante il periodo difficile, quando chiudere sembra la scelta più ovvia, sorprende il calo delle cessazioni. Nel trimestre in oggetto si cancellano 322 imprese, a fronte delle 536 della stessa frazione di anno del 2019. Nei mesi estivi, dal luglio a settembre, si assiste a un periodo caratterizzato da una forte crescita delle iscrizioni (+14,4% rispetto al 2019) e una diminuzione delle cessazioni (-13,0%). Il valore delle esportazioni nell’anno del COVID è uno degli indicatori che meglio sintetizza la contrazione economica registrata negli ultimi mesi. Nonostante la frenata abbia caratterizzato tutti i mercati delle regioni italiane, la Sardegna è stata una delle più penalizzate. Anche l’Istituto Nazionale di Statistica nel suo ultimo bollettino dichiara: “Nei primi sei mesi dell’anno, la flessione tendenziale dell’export interessa quasi tutte le regioni italiane ed è più ampia per Basilicata (-36,8%), Sardegna (-35,3%) e Valle d’Aosta (-31,0%)”. Rispetto ai primi 6 mesi del 2019 mancano all’appello 936 milioni di euro ascrivibili quasi totalmente al settore più rappresentativo delle vendite all’estero sarde: i prodotti ottenuti dalla raffinazione del petrolio, che precipitano di oltre 40 punti percentuali perdendo 950 milioni di euro. Importanti flessioni sono state registrate anche dalle categorie “navi e imbarcazioni” (-25 milioni di euro, in termini percentuali -93,7%), “prodotti chimici di base” (-20,5 milioni di euro, -17,3%) e dai “metalli di base preziosi e non metalliferi” (-20 milioni, un calo del 99%). Fondamentale, nello svolgimento di quest’analisi economica, osservare quello che è successo nei porti e negli aeroporti sardi. L’effetto naturale delle limitazioni degli spostamenti interregionali e internazionali è più che evidente nell’analisi dei flussi, in entrata e in uscita, dei passeggeri in transito nei porti e negli aeroporti sardi. I dati rilasciati dalla Regione Sardegna e da Assaeroporti, aggiornati fino al mese di settembre 2020, mostrano una flessione complessiva di 6,7 milioni di viaggiatori, con un calo pari al 55% rispetto ai primi 9 mesi del 2019. Hanno sofferto maggiormente gli scali aerei, oltre 4,6 milioni di persone in meno, un crollo del 62%, rispetto ai 2,1 milioni di viaggiatori che sono mancati nei porti sardi nel periodo analizzato (-44%). Per quanto riguarda i dati relativi all’occupazione, la provincia di Sassari e Gallura si conferma il territorio con il maggior bacino di assunzioni nel periodo gennaio-settembre 2020, ma anche quello con la maggior perdita della loro numerosità. Subiscono maggiormente la crisi le aree a maggior vocazione turistica, mentre resistono meglio i territori con un’economia legata all’agricoltura, uno dei settori meno colpiti dal calo delle assunzioni. Nel dettaglio comunale del nord Sardegna è evidente una polarizzazione del numero delle assunzioni nelle località costiere, principalmente del nord-est dell’isola. Tra i primi 15 comuni della provincia di Sassari per numerosità delle assunzioni, ben 9 sono amministrazioni del territorio gallurese.