Wednesday, 03 September 2025
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Pubblicato il 03 September 2025 alle 15:26
Golfo Aranci. Una storia di solidarietà e amore per la natura si è consumata stamattina nelle acque del porto commerciale di Golfo Aranci, dove la collaborazione tra cittadini e volontari ha permesso di salvare un giovane gabbiano in grave difficoltà.
Tutto ha avuto inizio quando Giuseppe Langella, vicesindaco di Golfo Aranci, ha notato un giovane gabbiano in apparente difficoltà nelle acque del molo nord del porto commerciale. Inizialmente si pensava a un'ala rotta, ma la realtà si è rivelata ben più complessa e preoccupante.
Il volatile, successivamente battezzato "Jonathan" dai suoi soccorritori, era rimasto intrappolato da un minnow, un'esca artificiale utilizzata nella pesca sportiva che imita l'aspetto e il movimento di un piccolo pesce. L'esca si era agganciata sia all'ala sinistra che a una zampa dell'animale, impedendogli completamente i movimenti e condannandolo a una morte quasi certa tra le onde. La situazione era resa ancora più critica dal fatto che il mare continuava ad allontanare il gabbiano dalla banchina, rendendo impossibile un intervento da terra.
È stato a quel punto che è scattata la macchina dei soccorsi, coordinata da una volontaria esperta in salvataggi di animali e grande conoscitrice della fauna selvatica, Patrizia Sale, punto di riferimento per numerosi interventi simili nel territorio.
Un altro cittadino, Matteo della Gatta, non ha esitato a mettere a disposizione il proprio gommone per raggiungere l'animale in difficoltà. A bordo, insieme alla volontaria coordinatrice, anche Stefano Izzo, mentre ad attendere a terra c'era Angelo Gusai. "Il recupero è stato semplice malgrado il vento", racconta la soccorritrice. Una volta riportato a terra, è iniziata la delicata operazione di liberazione del volatile dall'esca che lo teneva prigioniero.
Con l'aiuto di una piccola tenaglia e tanta delicatezza, il team di soccorritori è riuscito a liberare completamente Jonathan dall'esca che lo tormentava. L'ala ferita è stata immediatamente disinfettata con spray antibiotico, e nonostante la stanchezza dovuta all'esperienza traumatica, l'animale ha mostrato segni di ripresa, riuscendo anche a mangiare e bere. "Jonathan" continua a muovere l'ala mentre si fa il bagno nella piscina, non gli sembrerà vero di essersi finalmente liberato", racconta commossa la volontaria che ha coordinato l'operazione.
Se tutto procederà senza complicazioni, Jonathan sarà liberato domani, restituito al suo ambiente naturale. Ma questa storia, seppur a lieto fine, porta con sé un messaggio importante e preoccupante. "Questo è l'esempio di quanto ci sia ancora tanto menefreghismo", commenta con amarezza la soccorritrice, "di quanto siano poco rispettose certe persone che vanno a pescare incuranti che ami, lenze e cime possono arrecare danni a gabbiani, tartarughe, delfini e tante altre specie animali".
L'impatto dell'attività di pesca sportiva sulla fauna marina quando non viene praticata con le dovute precauzioni non è infatti da sottovalutare: esche artificiali abbandonate, lenze spezzate e ami persi rappresentano trappole mortali per molte specie animali. La storia di Jonathan, però, dimostra anche come la collaborazione tra cittadini consapevoli e volontari esperti possa fare la differenza, trasformando quella che poteva essere l'ennesima tragedia ambientale in una storia di speranza e riscatto.
Un ringraziamento speciale va a tutti coloro che hanno contribuito al salvataggio: dal vicesindaco Giuseppe Langella che ha dato l'allarme, a Matteo della Gatta, Stefano Izzo e Angelo Gusai, impiegati nel mondo della nautica, fino alla volontaria Patrizia Sale, che ha coordinato l'intera operazione e che continua, nonostante tutto, a credere nell'importanza di proteggere e rispettare la vita animale.
Le foto scattate durante l'operazione di salvataggio documentano perfettamente la gravità della situazione: nelle immagini si può vedere il giovane gabbiano visibilmente provato dall'esperienza traumatica e, soprattutto, il pericoloso minnow con i suoi tripli ami che lo tenevano prigioniero. Queste immagini rappresentano una testimonianza concreta di quanto gli attrezzi da pesca abbandonati o persi possano trasformarsi in trappole mortali per la fauna marina.
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