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La nave di Pittulongu che mai navigò

La nave di Pittulongu che mai navigò
La nave di Pittulongu che mai navigò
Marco Agostino Amucano

Pubblicato il 15 September 2018 alle 23:46

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Olbia, 15 settembre 2018- Ottengo dal noto grafico Bruno Cleriti questa bellissima foto a colori dei primissimi anni Sessanta. Ritrae la sorella Marina Cleriti e la madre, Antonietta Masia, originaria di Villanova Monteleone, che posano in una giornata che si direbbe di ottobre, a giudicare dalla luce, dalla natura, dall’abbigliamento. Lo sfondo, volutamente cercato dal fotografo, il padre dello stesso Cleriti, è la nave che sorgeva a Pittulongu, precisamente nella spiaggia che dopo non molti anni prenderà il nome dal bar che verrà costruito proprio a fianco di quella, e a tutt'oggi esistente: Lo Squalo.

Costruita dal noto imprenditore olbiese Ario Sanna negli ultimi anni Cinquanta, la nave in cemento armato galleggiava sulla sabbia dell’ampio litorale, sospesa tra lo stagno ed il mare cristallino. La prua avrebbe dovuto accogliere al suo interno i tavoli, e la poppa le cucine ed i vani di servizio di un originalissimo quanto esclusivo ristorante sul mare. L’idea naufragò presto e miseramente per varie cause, ma il ristorante che mai fu tale continuò a galleggiare come una nave fantasma. Rimase per molti anni lì, incompiuta, come un enorme guscio vuoto. Anzi, in verità, la poppa ed i suoi vani vennero riadattati in due appartamentini sul mare da affittare nei mesi della bella stagione.

[caption id="attachment_108358" align="aligncenter" width="1024"] Foto aerea degli Anni Settanta, dove bene si vede la posizione della nave di cemento de Lo Squalo (foto concessaci da Fabrizio Dessena)[/caption]

Tra la fine degli anni Sessanta ed i primi anni Settanta chi scrive venne un giorno portato là dai cugini Antonio e Paolo Satta, quelli che stavano all’altra spiaggia vicina del “Pellicano”, e fu la prima volta che entrai nella grigia stiva che mi lasciò per sempre il ricordo della sfrontata arditezza di quella costruzione. Sempre in quegli anni c’erano già le cabine per i bagnanti, ed un lido attrezzato, che ancora non compare nello scatto di Cleriti, dove tutto è ancora selvaggio ed incontaminato. Per arrivare fin là da Olbia c’era una strada sterrata e polverosa, che avrebbe dovuto aspettare ancora alcuni anni per essere asfaltata. Poche ancora la case presso il mare, ed il bar “Lo Squalo” dei Dessena era meta dei giovanissimi che entravano ed uscivano con la scusa di un ghiacciolo, perché la verità era che si andava ad ammirare una bellissima ragazza mora che serviva dietro il bancone, di cui non dirò il nome. Sempre dal Pellicano si andava accanto alla nave a suonare la chitarra, a pescare con la canna e a chiacchierare le ore sotto le stelle nelle notti estive. Era l'unica spiaggia di Pittulongu illuminata dai lampioni: intorno regnava il buio da penetrare con le torce elettriche.

[caption id="attachment_108380" align="aligncenter" width="927"] Da sinistra Lina Abeltino, Lucio Nali e Nina Meloni posano davanti alla nave di cemento. Foto del 1974 gentilmente concessaci da Antonello Abeltino[/caption]

La nave venne demolita dalle ruspe nel 1987. Qualcuno di quei giovani miei coetanei o quasi la ricordano in ogni particolare. Qualcun altro dice che non doveva essere demolita, ché era ormai una specie di monumento storico, che si poteva studiare un’idea per tenerla, per trasformarla, perché ormai era un simbolo ecc. Io dico solo che una cosa del genere non l’ho mai vista altrove, e non credo che la rivedrò. Godiamocela ancora in foto, noi dalla mezza età in su, e le nuovissime generazioni pensino all’idea di un ristorante sul mare audacemente concepito come nessuno oggi nemmeno immaginerebbe. Poi un’altra volta parleremo, o parleranno, di leggi di tutela e di rispetto dei litorali.

Ringrazio Bruno Cleriti, Antonello Abeltino e Fabrizio Dessenaper le foto;Antonio Satta, Giorgio Gaia ed Andrea Brandano, mozzi estivi della nave dei sogni dell'adolòescenza, per i ricordi e le informazioni ancora così nitide che mi hanno elargito dopo così tanti anni.

©Marco Agostino Amucano