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Cronaca

EASA, Aeroporto Olbia non è "a rischio": perché è chiuso?

EASA, Aeroporto Olbia non è
EASA, Aeroporto Olbia non è
Angela Galiberti

Pubblicato il 21 May 2020 alle 20:09

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Olbia, 21 maggio 2020 - C'è un particolare che continua a stonare sulla Fase 2 sarda verso la quale, moltissimi operatori turistici nutrono/nutrivano molte speranze soprattutto sotto il profilo della comunicazione e dell'immagine per prossima stagione estiva (ormai chiaramente spostata oltre giugno): la chiusura dell'Aeroporto Costa Smeralda all'aviazione civile commerciale.

In Regione sanno ciò che fanno sicuramente, e non vogliamo certamente insegnare il mestiere a nessuno, ma ciò che ci preme sottolineare in questo caso è l'effetto di questa chiusura in termini di comunicazione. Effetti che, forse, potrebbero non essere così positivi. Perché? Semplice: l'Aeroporto Costa Smeralda è noto in tutto il mondo e la decisione della sua "chiusura" è stata legata ai numeri del Covid-19 di Sassari come se tutto il Nord Sardegna fosse una pseudo "zona rossa". Il tutto abbinato a un "protocollo sanitario" da firmare con Ats, quando tutti gli aeroporti italiani aperti in questo momento di operatività ridotta rispettano le prescrizioni nazionali in vigore (igienizzazione, mascherina, distanze sociali, misurazioni della temperatura), come quello di Cagliarli-Elmas (che non ha mai chiuso) e come quello di Malpensa.

Dunque, una motivazione di questo tipo (Rt della Provincia di Sassari alto, protocollo sanitario) potrebbe far pensare che l'Aeroporto di Olbia (così come quello di Alghero) sia situato in una zona ad alto rischio. E il dubbio viene: Olbia è davvero più a rischio di Cagliari?

A questa domanda risponde la lista europea degli aeroporti a rischio. La dicitura corretta è "Lista degli aeroporti situati in area ad alto rischio trasmissione Covid-19" ed è compilata e aggiornata costantemente dall'EASA: l'Agenzia Europea per la Sicurezza dell'Aviazione. La stessa agenzia che ha da poco emanato le linee guida europee per il trasporto aereo.

Il 19 maggio scorso, l'Easa ha aggiornato la sua lista di aeroporti. Se tutto lo Stato nel suo complesso è considerato a rischio, l'Easa indica che tutti gli scali di quello Stato rientrano nella definizione "high risk". Se invece si tratta di "porzioni" di Stato, Easa elenca le Regioni ad alto rischio.

Cosa indica l'Easa per l'Italia? L'Agenzia europea indica quattro regioni: Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto. No, la Sardegna non c'è e chiaramente non c'è nemmeno la Provincia di Sassari semplicemente perché non rientrano nei parametri per essere considerate "ad alto rischio".

Dunque: siamo tutti concordi nel ritenere il controllo degli ingressi fondamentale per mantenere il più basso possibile il rischio contagi e capiamo la prudenza della Regione, ma se l'EASA non ritiene nessuno dei tre aeroporti sardi a rischio perché ne rimane aperto solo uno?

Qualcuno potrebbe giustamente obiettare che il grosso dei contagi è nel Nord Sardegna, ed è vero: ma se l'EASA e il Ministero non ci considerano "high risk", perché dobbiamo darci la zappa sui piedi da soli?

Riaprire il Costa Smeralda sarebbe stato principalmente un segnale: un segnale per il turismo, un segnale per le popolazioni del territorio fiaccate dalla crisi economica, un segnale per le compagnie aeree, un segnale per la continuità territoriale, un segnale per quelle poche decine di persone che sono costrette a spostarsi per lavoro e salute che non solo devono giustificare i loro movimenti, ma devono anche subire i disagi della chiusura dei due aeroporti del Nord dell'isola.

Qualcuno, ancora, obietterà che tanto tra 10 giorni si riapre tutto: vero anche questo, ma in comunicazione - se ci si vuole distinguere in un mondo veloce e globalizzato - bisogna giocare d'anticipo, dettare le tempistiche e dettare l'agenda in modo da lanciare segnali coerenti e non contraddittori.

Vedere l'Aeroporto olbiese aperto per il Ministero e chiuso per la Regione è certamente un segnale contraddittorio, anche se le intenzioni sono le migliori del mondo.