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Cronaca

Olbia, violenza sulle donne: 2000 donne hanno chiesto aiuto in 8 anni

Olbia, violenza sulle donne: 2000 donne hanno chiesto aiuto in 8 anni
Olbia, violenza sulle donne: 2000 donne hanno chiesto aiuto in 8 anni
Angela Galiberti

Pubblicato il 25 November 2016 alle 19:32

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Olbia, 25 Novembre 2016 - La sede di Prospettiva Donna non è mai vuota. Ci sono le operatrici, pronte a rispondere alle richiese di aiuto. Ci sono le psicologhe, pronte a intervenire. Ci sono Patrizia Desole e Piera Bisson: sempre in prima linea. Prospettiva donna non è più una piccola associazione locale: nonostante le difficoltà economiche, è diventata una splendida realtà regionale e dal 2015 gestisce anche il centro antiviolenza (e la casa protetta) di Oristano.

Quella che Patrizia Desole e le sue collaboratrici affrontano ogni giorno è una sorta di via crucis. Dal 2008 a oggi, Prospettiva donna ha accolto 2000 donne: la maggior parte galluresi e olbiesi, ma ci sono anche tante straniere e donne provenienti dal resto della Sardegna. "Nel 2015 abbiamo avuto circa 240 richieste di aiuto - spiega Patrizia Desole, riferendosi al centro antiviolenza di Olbia -. Nel 2016 il dato è costante". Il centro antiviolenza olbiese, statisticamente parlando, gestisce quasi una richiesta di aiuto al giorno: un'enormità.

Le donne che arrivano a Prospettiva donna non hanno un identikit ben preciso: ogni caso è diverso come è diversa la storia personale, in comune c'è solo la violenza abbinata alla voglia di rinascita; molte di loro hanno avuto un padre violento, ma questo non vale per tutte. L'approccio di Prospettiva donna è quello di un'associazione fatta da donne che parlano alle donne. Un approccio sistemico, fatto di presenze costanti e telefoni sempre accesi. "A Oristano abbiamo avuto un incremento delle richieste perché il centro è stato valorizzato - continua la presidente Desole -. Abbiamo fatto un lavoro molto importante e la città ha sposato il nostro approccio metodologico. La gestione delle problematiche legate alla violenza di genere non può essere né burocratizzato, né medicalizzato".

Le quasi 300 donne che ogni anno chiedono aiuto a Prospettiva Donna vengono seguite dall'associazione sia dal punto di vista legale che psicologico. Alcune, quelle più in pericolo, entrano nella Casa protetta dove iniziano un vero e proprio percorso di liberazione. "Nella casa abbiamo accolto quest'anno 32 donne e 19 bambini - continua la presidente -. Il fenomeno è molto complesso. Parliamo di traumi complicati: il percorso di rinascita dura anni. Possiamo dire che le donne sono libere dalla violenza quando hanno riacquistato indipendenza, sicurezza ed escono dalla casa protetta".

Fin qui il lavoro della casa protetta è encomiabile: accoglie, ristora, cura le ferite e dona libertà. I problemi sorgono quando si esce dalla casa: spesso i maltrattanti non si rassegnano e inizia lo stalking, tant'è che molte donne sono costrette a cambiare residenza. "Per questo non è facile denunciare - sottolinea Patrizia Desole -. La violenza di genere si combatte con la prevenzione, con la formazione, ma anche con la giusta pena e la certezza della pena. La lentezza della macchina giudiziaria è un grande deterrente alle denunce delle donne. Durante il processo, sempre lungo, la vittima rivive continuamente il trauma".

Il ruolo dei centri antiviolenza è fondamentale, soprattutto per avere supporto sociale. "I centri sono anche luoghi politici e di rivoluzione sociale - spiega la Desole -. Mettiamo in discussione l'ordine precostituito e promuoviamo la libertà dagli stereotipi. Per questo diciamo che le donne compiono un percorso di libertà". Luoghi politici, dunque, dove si compie una rivoluzione silenziosa e concreta contro gli stereotipi, il maschilismo e la famiglia patriarcale: quest'ultima vera pesante zavorra per tutte le civiltà del globo, perché è da quella struttura piramidale di potere maschile (a discapito del femminile) che discende tutto il resto, femminicidio compreso. Forse è per questo che, mentre le donne stanno pian pianino erodendo margini di libertà vera, gli uomini sono un po' fermi al palo. "Gli uomini sono deresponsabilizzati rispetto a queste tematiche - sottolinea la Desole -. Serve una riflessione profonda".

E una profonda autocritica, aggiungiamo noi: troppo spesso la violenza di genere viene banalizzata o, peggio, indicata come non esistente proprio da coloro che dal mantenimento dello status quo (cultura patriarcale) ottengono i maggiori vantaggi, dimenticando così che siamo tutti vittime degli stereotipi e siamo tutti imbrigliati in un sistema limitante. A questi uomini così diffidenti, che non sono certamente dei maltrattanti, bisogna tendere le mani affinché invece di muri, si costruiscano ponti.