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Olbia, la sfida del referendum sulla cittadinanza raccontata dagli immigrati

Domenica 8 e lunedì 9 giugno si vota anche per ridurre da 10 a 5 anni il requisito di residenza per richiedere la cittadinanza italiana

Olbia, la sfida del referendum sulla cittadinanza raccontata dagli immigrati
Olbia, la sfida del referendum sulla cittadinanza raccontata dagli immigrati
Andrea Baragone

Pubblicato il 30 May 2025 alle 12:15

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Olbia. Mancano pochi giorni al referendum dell’8 e 9 giugno e, tra i cinque quesiti in programma, quello sulla cittadinanza sta mobilitando in modo particolare le comunità straniere residenti in Gallura. Il quesito propone di abrogare la norma che prevede dieci anni di residenza legale per richiedere la cittadinanza italiana, riducendo il periodo a cinque anni. Un cambiamento che, secondo molte associazioni, avrebbe un impatto profondo su migliaia di persone.

Aly Cisse, del Laboratorio Interculturale per l’Integrazione (Labint), è diretto: “Su questo penso che praticamente tutti gli immigrati siano favorevoli, perché purtroppo le leggi qua in Italia sono un po' discriminatorie. Non è normale che un ragazzo nato e cresciuto qui, debba aspettare 18 anni, sentirsi ancora straniero. Anche una semplice gita scolastica all’estero può diventare un ostacolo per chi non ha il passaporto italiano. Noi diciamo sì”.

Dalla comunità ucraina, la testimonianza di Liidia Stadnychuk dell’associazione OCI – Organizzazione Cittadini Immigrati – sottolinea soprattutto gli ostacoli burocratici: “Io ho aspettato sette anni per la cittadinanza. Molti uomini, qui da oltre 20 anni, non potranno mai ottenerla perché in Ucraina sono considerati disertori. Non possono più richiedere nemmeno il certificato penale. Con il referendum si potrebbe agevolare chi vive qui da anni e ha costruito una vita, ma non ha più un Paese dove tornare”.

Secondo Stadnychuk, la Prefettura di Sassari ha fatto passi avanti, introducendo l’esonero dai certificati ucraini, ma resta il nodo dei tempi e delle incertezze: “A Olbia, per giurare servono altri sette mesi. E nel frattempo niente mutui, niente diritti reali. Le banche non accettano la ricevuta come documento valido”.
Ma aggiunge: "per fortuna che ad Olbia c’è InfoCittà: sono preparatissimi, soprattutto con i casi complicati come quelli degli ucraini. Senza di loro, tanti non saprebbero nemmeno da dove iniziare".

Anche Achraf Mohammed Harris, presidente dell’associazione marocchina “Marrakesch”, conferma l’interesse: “È una cosa buona. Io sono qui anche per aiutare chi ha i requisiti ma la realtà è che i cittadini vengono da noi perché da soli non ce la fanno”.

Oltre ai rappresentanti delle associazioni, ci sono le voci più silenziose, ma non meno importanti, dei cittadini. Fatoumata, 42 anni, lavora come operatrice sanitaria a Olbia: “Io sono qui da 15 anni, ho cresciuto i miei figli qui, pago le tasse e rispetto le leggi. Ma non ho diritto di voto, non posso decidere nulla del Paese in cui vivo. È frustrante”.

Secondo i dati raccolti dalle associazioni locali, solo a Olbia potrebbero essere migliaia i cittadini extracomunitari a beneficiare della modifica. Non solo in termini burocratici, ma anche economici, lavorativi e simbolici. Il diritto alla cittadinanza diventa così uno dei temi chiave del referendum di giugno.

Il voto, però, rischia di non raggiungere il quorum se la partecipazione non sarà sufficiente. I promotori denunciano una scarsa informazione istituzionale e una strategia di boicottaggio da parte di alcuni partiti di governo, che puntano all’astensione.