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Le due sorelle, mogli del Re di Tavolara

Le due sorelle, mogli del Re di Tavolara
Le due sorelle, mogli del Re di Tavolara
Patrizia Anziani

Pubblicato il 26 February 2017 alle 13:32

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Olbia, 26 febbraio 2017-Il brano, trascrittofedelmente ed estratto dalla cronaca di un viaggio in Sardegna dal titolo “Tipi e paesaggi sardi”,apparvesulperiodicoNuova Antologianel 1901, firmato ad opera di una trentenne scrittrice nuorese, Grazia Deledda, premio Nobel per laletteratura nel 1926. Trasferitasi da tempo a Roma, l'autrice -amica del maestro terranovese Francesco DeRosa-,al suo ritorno nell'isola descrive l'approdoal"...golfo solitario che pare il principio d’una terra ignota..."e narra di un bigamo e "selvatico re di Tavolara".

"È ancora notte. Sul marecolor lilla il Candia fila dritto, rapido e bianco, come un enorme cignopalpitante. Dal cielo chiaro la luna versa una favolosa colonna di diamanti sulmare così tranquillo che pare una infinita pianura coperta di erbe d’un lillametallico, ondeggianti alla brezza. Nella chiara vaporosità della luna laCorsica appare come una nuvola lontana. In questo sogno infinito di pace e dimistero la notte svanisce, e fra i primi splendori dell’alba appariscono lecoste della Sardegna.

Sulle roccie(sic) di capo Figari, nere sul cielo d’argento,grava una nuvola che sembra un’aquila immensa dalle ali chiuse.

L’isola diTavolara sorge, come un piccolo monte selvaggio emergente dalle ondetranquille; e poiché è la prima volta che io approdo felicemente alla Sardegna,in questo golfo solitario che pare il principio d’una terra ignota, ed ho perla prima volta la visione netta delle cose, guardo quasi commossa l’isola diTavolara che mi ricorda, oltre un mio antico delitto poetico, la storiella delsuo re e le famose capre dai denti d’oro.

Pareinfatti che le capre selvatiche pascolanti pei dirupi di Tavolara abbiano identi dorati da un’erba speciale che cresce nell’isoletta. La storiella poi, omeglio la storia del selvatico re di Tavolara, è conosciuta generalmente ancheall’ estero, sebbene travisata come tutte le cose sarde o magari italiane.

Miricordo infatti che pochi anni orsono, i giornali francesi e tedeschiriprodussero la notizia d’una dinastia di Tavolara, ancora vivente e regnante,e ad un ufficio postale sardo giunse dall’ estero, non ricordo precisamente dadove, una lettera indirizzata ad un principe di questa strana famiglia reale.
Nei primi anni del secolo scorso un pastore sardo, della vicina isoladella Maddalena, avendo sposato contemporaneamente due sorelle, ed essendoperciò ricercato dalla giustizia per motivo di bigamia, si rifugiò con unadelle mogli nell’ isola di Tavolara, lasciando l’altra sposa nell’ isolotto di S.Maria.
Questo bel tipo si chiamava GiuseppeBartoleoni: egli visitava a turno le due spose, e si considerava padrone delledue isole.

Fu per ischerno chiamato Re di Tavolara, e Carlo Alberto,durante il suo ultimo viaggio nell’isola, essendo il Bartoleoni statoutilissimo al duca di Genova nella caccia alle capre selvatiche, compiacevasidi dargli scherzosamente il titolo di Re.

Ora l’isoletta è frequentata dacacciatori per la difficile caccia alle capre selvatiche dalle grandi corna edai denti dorati, ed appartiene in gran parte ai ricchi signori Tamponi di
Terranova. I principi e le principesse di Tavolaraposseggono ancora un tratto dell’isola, spesso si recano alla Maddalena, loroculla primitiva, e non riesce difficile vederli viaggiare in terza classe sulpiroscafo di servizio.

Ma ecco che il Candia approda:contemporaneamente si avanza lungo la riva solitaria un piccolo treno nero. Daltreno scendono soltanto due carabinieri, come dal piroscafo sbarcano soltantotre passeggeri di seconda classe e tre di prima, uno dei quali è l’on.Cao-Pinna, operoso e colto deputato sardo, che appunto pochi giorni prima diquesto viaggio, ha parlato alla Camera deplorando il lento e torturanteservizio delle ferrovie sarde.

La prima impressione che si prova mettendo piedenell’ isola, è una specie di stupore per il silenzio profondo che regna intorno.
Il golfo degli Aranci, dove chi s’illude di trovare aranci prende un famosogranchio(ed il nome del golfo pareprovenga appunto dal grancio, granchio), è d’una desolazione solenne, e nel silenzio, nelle grandi roccie che vigilano il mare solitario, nellafragranza selvaggia che passa l’aria, si sente già la triste poesiadell’isola, e direi quasi il destino di questa terra così diversa dalla madrepatria.

Quarantacinque minuti di fermata nella piccola e deserta stazione: poiil lento viaggio nel treno deserto. Le rive del mare sono coperte di macchie,attraversate qua e là da piccoli sentieri che scendono fino a sparire nelleonde.

Il mare è d’una chiarezza metallica: le piccole onde giocano, direbbeMaxim Gorky, graziose e feline come gattini azzurrognoli.Lasciatosi dietro il mare, il treno s’avanzanell’ interno della Gallura, fra paesaggi d’una dolcezza solenne, verdi dimacchie ed incolti: solo qua e là si stendono campi di grano mietuto; i covoniallineati sembrano grandi spazzole dimenticate. La catena del Limbara sorgegrigiastra sul cielo azzurro, quel cielo delle isole che, secondo un autorefrancese, è più chiaro ed azzurro del cielo del continente: gli stazzi dellaGallura appaiono tra il verde delle macchie, nella solitudine del paesaggio.

Guardando queste abitazioni campestriricordiamo il mirabile quadretto d’Annunziano che commosse tanti poeticisardi:

Ecco, una madre dell’anticaIcnusa, dei pastori nell’ isola diserta, che stampa sul Tirreno dalla Nurra alCampidano sua durabile orma , ecco, la madre che filò la nera e bianca lana,ecco, la madre a sera vien su la soglia con la nuora pregna, quando le greggitornan di pastura; sta su la soglia con la nuora e conta le prime stellenell’ aria serena, nell’ aria dolce ove il colmigno fuma: e sta con nel suo cuorla sua preghiere, e guarda sopra i gioghi di Gallura la falce della luna chetramonta."

Riferimenti:http://www.treccani.it/enciclopedia/grazia-deledda/