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Cronaca

Olbia, "Se il sud muore" conquista la platea del Costa Smeralda

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Pubblicato il 04 February 2014 alle 11:23

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Olbia, 04 Febbraio 2014 - Gian Antonio Stella, giornalista del Corriere della Sera, non ha dubbi: se si cambiassero in modo profondo alcune cose, l'Italia potrebbe risorgere. Ma questa "resurrezione" non può avvenire senza il Sud, senza una nuova classe dirigente, senza rivoltare come un calzino l'apparato statale e la sua mentalità. Ieri sera - grazie a Marco Navone e all'Associazione Argonauti, Gian Antonio Stella ha presentato ad Olbia il suo ultimo libro, "Se Muore il Sud" - scritto a quattro mani col suo collega Sergio Rizzo. "Se muore il Sud" è il ritratto impietoso di un paese alla deriva, che invece di andare avanti perpetua senza soluzione di continuità gli stessi identici errori. "Il Meridione non era l'eldorado prima dell'Unità d'Italia - ha detto Stella - ma è vero che dopo l'Unità d'Italia è calata la sua già poca industrializzazione. Sfatiamo però un altro mito: durante il Fascismo, il Sud è stato lasciato indietro ed è in quegli anni che si è costruito il gap che viviamo oggi". A suffragare queste parole ci sono i numeri: durante il fascismo, il Sud cresceva dell'0,5%, mentre il Nord balzava in avanti con un + 2%. La superiorità del Nord, dal punto di vista economico, è stata costruita proprio durante l'era mussoliniana e negli anni successivi è stata consolidata con politiche assolutamente inefficaci e clientelari. Gian Antonio Stella, ieri sera, ha smontato un sacco di "miti moderni": il Meridione succhia soldi, il Nord che foraggia il Sud senza avere dei vantaggi, la Lega nord e la favoletta della Padania, il Sole delle Alpi, la Mafia al Nord. Sono stati però due gli argomenti che hanno toccato di più gli olbiesi presenti in sala: il turismo e gli investimenti sulla banda larga. "Facciamo un confronto con la Corsica - ha detto Stella - nel 2000, il pil della Sardegna era l'86% della media EU, mentre per la Corsica era il 78%. In 10 anni, la Sardegna è passata al 78% e la Corsica è salita al 90%". In pratica, mentre la Corsica sfruttava al meglio le sue potenzialità, la Sardegna rimaneva al palo e si impoveriva. Secondo Stella, l'Italia non può prescindere dal turismo. "L'anno scorso nel mondo sono andati in vacanza 1,1 miliardi di persone. - ha sottolineato il giornalista del Corriere della Sera - In Spagna il 10% del Pil è dato dal Turismo, in Italia, solo il 3,3%. E il turismo è l'unico settore che non è in crisi a livello mondiale. La Spagna sta uscendo dalla crisi, noi no". Insomma, abbiamo decine di siti Unesco, una storia meravigliosa, paesaggi incantevoli, borghi medievali affascinanti, una ricca enogastronomia, ma non riusciamo a sfruttare al massimo le nostre potenzialità. "Nel turismo, considerando l'indotto, sono occupate più di 2,2 milioni di persone. I metalmeccanici, sempre considerando l'indotto, sono 1,7 milioni. - ha tuonato Gian Antonio Stella - Dei primi non parla nessuno, dei secondi invece se ne parla in continuazione!". Sulla Sardegna, poi, Stella ha lanciato pesanti accuse contro la distruzione delle coste. "Qual è la ricetta? - ha detto Stella, mostrando mostri di cemento armato recentissimi costruiti sulle coste sarde - più cemento?". Stella non lo ha detto apertamente, ma l'accusa è chiara: non è consumando le coste che il turismo sardo decollerà, non è vendendo case in riva al mare a 120'000 euro che l'isola uscirà dalla crisi. Il turismo è un settore complesso: non basta avere due alberghi per rendere felice un vacanziere. Ci vogliono i servizi, le emozioni, un po' di furbizia nel marketing, ma bisogna anche smettere di pensare al turista come un pollo da spennare. Sulla banda larga, Stella ha accusato direttamente Berlusconi. "Per velocità, l'Italia è peggio della Namibia ed è l'ultima delle nazioni occidentali. - ha detto Stella - Silvio Berlusconi ha tenuto indietro il Paese per le sue televisioni! A Milano ci sono alberghi che fanno pagare il supplemento per la wifi! Ma dove vuole andare un paese così?". Già, dove vuole andare? Sicuramente verso il baratro. Con una burocrazia intoccabile e costosa dove un dirigente pubblico può costare quanto o di più di Barak Obama, con investimenti europei persi nei rivoli delle "Trattorie da Ciccio", con miliardi spesi corsi di formazione per specialisti in abbronzatura e ricostruzione unghie, c'è poco da stare allegri: l'Italia va verso il baratro perchè non vuole cambiare sè stessa e abbattere le rendite di posizione.