Friday, 26 April 2024

Informazione dal 1999

Cronaca

Disabilità. Tagli alla 162: intervista a Veronica Asara

Disabilità. Tagli alla 162: intervista a Veronica Asara
Disabilità. Tagli alla 162: intervista a Veronica Asara
Angela Galiberti

Pubblicato il 15 July 2015 alle 17:54

condividi articolo:

Olbia, 15 Luglio 2015 - Mentre il Pd regionale regola i conti a Sanluri in una sorte di "conclave", i cittadini sardi pensano a cose più importanti. A cose, per la precisione, che toccano nel concreto la vita delle persone disabili. La Giunta Pigliaru si appresta, infatti, a fare un taglio ai piani personalizzati della legge 162: fiore all'occhiello della sanità sarda per quanto riguarda l'assistenza alle persone diversamente abili. Con un'apparente piccola sforbiciatina, i disabili gravi sardi perderanno piccole conquiste e con esse il diritto a scegliere terapie e cure senza finire in ospedali o centri ad hoc. Ne abbiamo parlato con Veronica Asara, presidente dell'associazione olbiese SensibilMente Onlus e membro attivo del Comitato Famiglie 162.

Partiamo da una definizione: cosa significa disabilità grave dal punto di vista legislativo? Cosa sta cambiando? La disabilità grave è stabilita dalla legge 104, legge quadro sulla disabilità. Quest'ultima prevede la situazione di "soggetto in condizione di handicap" (art. 3 comma 1) oppure "soggetto in condizione di handicap grave" (art. 3 comma 3). Solo chi ha riconosciuto sul verbale Inps/Asl della 104 l'articolo 3 comma 3, può ritenersi disabile grave. L'assegnazione del comma 3 non è automatica sulla base della patologia certificata, ma dipende dalla situazione oggettiva del soggetto che si rileva in sede di visita della commissione Inps/Asl e dalle certificazioni portate all'attenzione della commissione stessa. La gravità si assegna in tutte quelle condizioni che giustificano una non - autosufficienza. Ciò che sta cambiando negli ultimi tempi è, ahi noi, a discapito proprio delle forme lievi di autismo. Le nuove tendenze Inps sembrano andare a tutelare in maniera più attenta che in passato (e aggiungo giustamente ) le forme più gravi di autismo togliendo, ad esempio, la rivedibilità periodica e fissando un'unica visita di revisione al 18 esimo anno di età. Questo per coloro che hanno deficit cognitivi importanti. Invece per chi ha forme di autismo più lievi e senza ritardo cognitivo, la direzione è esattamente opposta. Il risultato delle nuove indicazioni sarà quello di non assegnare più il comma 3 a coloro che hanno ritardo mentale lieve o assente. Questo è un gravissimo errore perché si rischia di non dare sufficienti supporti a coloro che soffrono delle forme più lievi, che hanno quindi reali possibilità di recupero e che in questo modo si vanificano, sottovalutando così gli esiti di un autismo (seppur lieve) non trattato in tenera età. Si parla tanto di integrazione delle persone diversamente abili, poi arrivano puntuali i tagli sulla disabilità grave. Più volte ha detto che la Sardegna è una grande eccellenza in Italia. Perché? La Sardegna è un'eccellenza perché ormai da quasi un ventennio, grazie alle lotte dei familiari disabili gravi, si applica la legge 162 del 1998 con gestione indiretta. Significa che ad oggi, circa 38mila disabili gravi sardi accedono a finanziamenti personalizzati che, a loro volta, consentono l'utilizzo di servizi sulla base delle esigenze specifiche del disabile. Si tratta di servizi socio - assistenziali e non socio-sanitari ai quali dovrebbe sopperire invece il servizio sanitario pubblico. Per fare un esempio concreto, un bambino autistico può usufruire con il finanziamento 162 del servizio educativo ma non di logopedia e psicomotricità che sono interventi sanitari. La gestione indiretta consente alle famiglie o al disabile stesso, di utilizzate i denari del suo piano come ritiene opportuno senza sottostare alle indicazioni del comune o delle cooperative. Significa che un genitore può scegliere l'operatore per il proprio figlio senza che gli sia assegnato "d'ufficio". È un elemento fondamentale che demanda la scelta a coloro (la famiglia) che direttamente conoscono le problematiche da affrontare per raggiungere determinati obiettivi. Nel resto d'Italia la 162 è applicata (neanche dappertutto ) con gestione diretta per cui le famiglie non possono scegliere, il servizio è stabilito a priori dal comune di residenza e se quel servizio piace alle famiglie va bene, altrimenti nessun servizio. Si capisce quanto avanti sia il modello Sardegna in questo senso, dove la centralità nella gestione dei soldi è della famiglia o del disabile. Sistema che, tra l'altro, non permette il radicarsi di forme di malaffare legate alla gestione della disabilità (mi riferisco a mafia capitale dove le Coop gestivano in modo mafioso i miliardi destinati, ad esempio, alle gestione degli immigrati ). Per tutti questi motivi il modello Sardegna è un'eccellenza di cui andare fieri e a cui guardano con interesse sia le altre regioni e i tanti comitati di famiglie che si vanno formando, sia molti stato esteri. Lei segue questa vicenda da tempo. Che idea si è fatta sui reali motivi che portano la politica a sforbiciare sempre nello stesso punto? C'è un piano occulto per "ospedalizzare" o è semplice ignoranza abbinata a miopia politica? Faccio una premessa: la 162 in Sardegna prevede la completa domiciliazione dei servizi,vale a dire che migliaia di disabili gravi possono, allo stato attuale, seguire programmi adeguati senza che sia necessario il ricovero in centri residenziali o semi - residenziali. Questo ha un doppio valore: umano perché il disabile può stare a casa con la famiglia e vivere nella società, economico perché la domiciliazione ha costi molto inferiori rispetto all'istituzionalizzazione. I piani personalizzati 162, vista la necessità di rendicontare la spesa affrontata, hanno permesso un'emersione importante degli operatori dal lavoro nero, altro punto che rende virtuoso questo sistema. La volontà di attaccare questo sistema è per noi incomprensibile visto che non riusciamo a scorgere reali e sostanziali punti negativi, se non nelle regole di applicazione del sistema che comunque è sottoposto a modifiche già dal gennaio scorso con apposita commissione. Non vogliamo credere che la politica sia così miope da non vedere che il futuro della disabilità non è rinchiuso tra le quattro mura di un istituto ma è nel mondo come qualunque altra diversità di cui la società si arricchisce. I tagli per ragioni di economia non possono essere applicati ai principi di integrazione e inclusione sociale se non vogliamo correre il rischio concreto che in tanti rimangano indietro in modo irrecuperabile. Un post di Fish Sardegna afferma che potrebbe esistere una monetarizzazione da parte delle famiglie e sottolinea che dare totale discrezione sulle cure da seguire non sarebbe propriamente corretto. Il post della Fish Sardegna ci ha indignato. È gravemente offensivo ritenere che le famiglie utilizzino le indennità e i sostegni per la disabilità di un congiunto per scopi impropri. Ancora di più se questa "presunzione di verita" la si applica alla 162 che richiede una rendicontazione completa dei costi sostenuti. È ancora più offensivo e avvilente che queste considerazioni arrivino da una divisione regionale della Fish, punto di riferimento per tutte le associazioni nazionali che si occupano di disabilità. Ci aspettiamo che la Fish nazionale si dissoci da queste affermazioni. Qualche mese fa, insieme ad altre due associazioni del Nord Sardegna che si occupano di autismo, Anpa Sardegna onlus e Io Rinasco onlus, ci siamo schierati contro alcune affermazioni fatte da "Casa autismo", confederazione di associazioni sarde che si occupano di autismo, che in qualche modo si avvicinavano alla visione di Fish Sardegna, in cui si considerava errato il richiamo alla dociliazione dei servizi, in particolare in autismo laddove è necessario un ambiente strutturato come essenzialmente è quello del centro riabilitativo. Abbiamo fatto presente che i veri approcci efficaci in autismo, così come indicato dalle linee guida di Iss e Sinpia, devono essere intensivi e attuati in ambiente ecologico, cioè laddove il bambino vive, a casa, a scuola e in ambienti dove sono presenti i pari. Detto questo posso continuare dicendo che c'è da fare molto sui territori per migliorare i servizi, per la formazione degli operatori, per la gestione migliore dei piani tramite l'informazione alle famiglie. Tutto questo senza mai prescindere, e sottolineo mai, dalla domiciliazione dei servizi con gestione indiretta. Tutto è perfettibile partendo da capi saldi non discutibili. Come assiociazione, vi battete moltissimo per il riconoscimento dei diritti dei disabili: istruzione, lavoro, affettività, strumenti idonei per superare le difficoltà fisiche e/o cognitive. Quanta resistenza trovate nelle istituzioni che dovrebbero aiutarvi? C'è voglia di cambiamento o ancora persiste una certa "ghettizzazione"? C'è ad oggi ancora una vecchia visione della disabilità, secondo noi, ormai esausta. È una visione che vede il disabile solo in determinati ambienti, circondato solo da altri disabili e da personale professionale e volontari. Sono servizi che hanno dato sollievo alle famiglie, ma che non hanno fatto altro che far uscire il disabile dalle mura di casa sua per andare a chiudersi dentro altre mura con altri disabili. È una visione che ha fatto il suo tempo ma che stenta ad essere superata. Nella convenzione dell'Onu sui diritti delle persone con disabilità, si legge chiara la volontà di far superare la mera questione sanitaria per traghettarla ad una dimensione sociale. Questo è il futuro, la disabilità è una delle tante diversità umane e come tale appartiene alla società e nella società deve stare. Questo implica una presa in carico collettiva del disabile come soggetto svantaggiato che non si intravede ancora nelle menti di chi è alle istituzioni, di chi può decidere ma anche del cittadino comune. Tutto il nostro sforzo oggi è orientato alla creazione di una società accogliente e consapevole nei riguardi della disabilità. Ci vorrà tempo ma questo è quello che sarà. Se la Regione non dovesse dare ascolto alle vostre richieste, cosa avete in mente di fare? Siamo certi che ci sarà un'inversione di rotta per queste ultime decisioni della Giunta regionale, speriamo di non dover arrivare alla manifestazione di popolo. Siamo già passati per uno sciopero della fame, per i presidi con i malati gravissimi di sla e siamo pronti ad attuare ogni forma lecita di protesta insieme al Comitato delle famiglie per l'attuazione della 162. Siamo fiduciosi che non sarà necessario.